Il Giovedì Santo è uno dei momenti cardine della fede cristiana: Gesù, nell’Eucaristia, ha lasciato il più grande segno della sua presenza. Quando dice ai discepoli: “…fatelo in mia memoria…” non dice solo di celebrare un rito, come tradizionalmente gli ebrei facevano in ogni cena pasquale. Quel pane “spezzato” è la Sua presenza ma è anche il preciso invito di “spezzare” la loro vita, amandosi gli uni gli altri, mettendosi a servizio gli uni degli altri (da cui il gesto simbolico della lavanda dei piedi), riconoscendolo nei piccoli e nei poveri, negli scartati e negli esclusi, come l’evangelista Matteo racconterà nel capitolo 25 del suo Vangelo.
Nel Vangelo c’è un chiaro riferimento ai poveri: loro possono accogliere il messaggio della salvezza (Lc.4) perché solo chi è povero può fare spazio a Dio nella propria esistenza. Attraverso le beatitudini proclamate da Luca (“beati i poveri”) e da Matteo (“beati i poveri in spirito”) riusciamo a comprendere che cosa significa, realmente, la povertà secondo il Vangelo: non solo povertà materiale, ma consapevolezza di una mancanza sostanziale che solo Dio può colmare.
Il Giovedì Santo è anche il giorno in cui si celebra la Messa Crismale, durante la quale ogni Vescovo consacra gli olii santi per gli usi della propria Diocesi: il crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi. A questa celebrazione, che evidenzia l’unità della Chiesa locale raccolta intorno al proprio Vescovo, sono invitati tutti i sacerdoti della diocesi i quali, dopo l’omelia, rinnovano le promesse fatte nel giorno dell’ordinazione sacerdotale. Quest’anno, in base ai provvedimenti governativi, la CEI e di conseguenza noi vescovi della Toscana, non faremo questa celebrazione, che viene rimandata a data da destinarsi.
Ci troviamo in un momento particolarmente difficile e il non poter partecipare alle celebrazioni eucaristiche è sicuramente una sofferenza. C’è chi questo dolore lo sta vivendo in maniera particolarmente intensa. E’ una grande privazione, ma necessaria a far sì che non si allarghi il numero dei contagiati e per ogni credente questo è il primo impegno: evitare che il contagio si diffonda.
Facciamo in modo che questa situazione, per cui abbiamo dovuto rinunciare a qualcosa di fondamentale per la nostra vita spirituale, diventi un’occasione per comprendere fino in fondo e dare valore a ciò che in questo periodo abbiamo perso e per riflettere su tutte le volte in cui abbiamo partecipato a una celebrazione domenicale in maniera distratta e superficiale; facciamo sì che questa mancanza ci faccia crescere nella fede.