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E’ il tempo della responsabilità, senza deroghe e senza sconti

Lo abbiamo detto tante volte, in tanti modi, puntando sull’idea che non vogliamo contaminarci con chi riteniamo diverso. E adesso arriva un virus che ci impone di restare a casa nostra e quasi quasi ci cacciano via se cerchiamo di spostarci in un’altra terra, oltre i nostri confini. Abbiamo creato una tale intolleranza che non riusciamo più a gestire, al punto che il virus ci spiazza e ci fa impazzire, ci fa perdere il controllo, ci fa compiere scelte insensate e controproducenti per noi e per gli altri.

A proposito di casa e di esodo, mi è tornata in mente una canzone di Francesco Renga, che si chiama “Cambio direzione” ed in cui ci sono alcune parole intense: “Ognuno è il suo destino, il nostro ormai finisce qua, in valigie che verrai a prendere, che ora l’importante è andarsene. Cambiare direzione e farsi una ragione, che quello che non sei non diventerai”. Mi ha fatto pensare all’esodo “al contrario” di questi giorni, alla corsa a lasciare la “casa” per tornare a “casa”. Tanti che dal Sud hanno popolato e reso ricco il Nord dell’Italia, hanno capito che era giunto il momento di sfuggire al contagio e tornare al Sud.

Quella terra non era più sicura, anzi era diventata una frontiera di guerra e di malattia ed il pensiero che è scattato è stato quello atavico del “lasciare”, dell’andare verso un luogo ritenuto sicuro, la propria casa. Ma quello che è accaduto e sta ancora accadendo è stato il “portare la malattia per infettare chi è sano”, è diventato l’essere protagonisti di un destino universale, avendo quale unico ed inutile obiettivo il “salvare se stessi”.

Proprio mentre ne scrivo, viene estesa a tutto il territorio italiano la cosiddetta “zona rossa”, proprio perché il Centro-Sud sta per diventare la nuova frontiera del contagio. Ciò che si voleva arginare, non è arginabile. Ciò che si voleva contrastare non è più contrastabile.

Abbiamo respinto con tanta arroganza e pervicacia i migranti che arrivavano dal mare, ma non siamo stati capaci dei respingere italiani che con certezza portavano a tutti il virus. Adesso che serviva urlare “Ognuno resti a casa propria”, ci è mancata la voce, si sono aperte le porte ad un assurdo esodo.

Siamo ormai un popolo di irresponsabili ed anche nel momento della responsabilità lo abbiamo dimostrato, continuando ad affollare strade, piazze, discoteche, stadi…nonostante i richiami costanti alla cautela noi, giovani ed adulti, abbiamo continuato a sfidare la sorte, abbiamo voluto continuare con le nostre abitudini mondane ed effimere. Non ho memoria del colera o della peste, ma spesso mio nonno mi parlava dei tempi della guerra e di come si fuggisse per allontanarsi dalle bombe, in fondo una storia che si ripete anche nel mondo d’oggi per tante persone.

Adesso, dopo aver guardato da lontano la tragedia in Cina, pensando che mai sarebbe arrivata in Italia, abbiamo scoperto dell’esistenza di Codogno, di Vo’ Euganeo e di altri paesini, anche questi piccoli, circoscritti. Non sarebbe stato possibile un’estensione del contagio altrove…siamo arrivati ad oltre 9.000 contagi e quasi 500 morti.

Stiamo vivendo, in modo drammatico e paradossale, una nuova epidemia, che assume sempre più i contorni di un’emergenza pandemica, essendo sicuri che non sarebbe mai più avvenuto e dovendo invece prendere atto di quanto siamo esposti a nuovi e invasivi patogeni e come la loro diffusione sia ancora in grado di modificare radicalmente rapporti, relazioni, vita sociale e culturale, economia e diritti.

La nostra superficialità e stupidità ci porta all’evidenza che un’intera nazione e poi un continente e infine il mondo globale possa divenire un enorme, impensabile lazzaretto. Continua a non essere tempo di paura incontrollata, ma diventa ancora di più tempo di responsabilità e non ammette deroghe e non fa sconti: lo dobbiamo a noi stessi ed a tutti coloro a cui vogliamo bene.

La Cina ci sta dimostrando che un’epidemia si può superare, non dura per sempre. Ma lo sta facendo con un’azione forte e comune che tutela il singolo ed il popolo insieme. Noi invece non abbiamo la visione di popolo e di comunità ed un problema lo vediamo solo se ci riguarda direttamente: così appena il “problema” arriva, ci mancano gli strumenti per gestirlo e superarlo.

Il coronavirus passerà, non senza lasciare i suoi strascichi, insieme ad un senso di impotenza e di amarezza per aver fatto finta di non capire ed aver commesso gli errori del passato, delle pestilenze e delle guerre. Ci sarà un nuovo esodo a farci dimenticare in fretta quello che abbiamo visto e vissuto e torneremo presto alle abitudini di vivere nel mondo come in un fast food, in cui si manga ciò che si vuole e si getta via ciò che non serve. Avremo di nuovo la valigia in mano,  pronti a “cambiare direzione e farsi una ragione”.

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