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Le differenze tra l’Italia di ieri e di oggi

Rileggendo Silvio Spaventa a duecento anni dalla sua nascita, esponente di primo rilievo della Destra storica, dalla sua esperienza politica si possono trarre importanti spunti per la vita politico-istituzionale dei giorni d’oggi. Ha dimostrato e teorizzato che chi fa politica deve avere una solida formazione ed interiorizzazione di filosofia ispiratrice, chi ne è privo è destinato a naufragare insieme a tutti i suoi propositi, in mancanza di quella energia vitale che offre un orizzonte ideale che dà alle persone la capacità di superare difficoltà inevitabili nei cambiamenti necessari, spesso non compresi ed osteggiati dagli agglomerati d’interesse del momento.

Dunque la nostra memoria storica ci racconta che importanti ancoraggi di visione e principi vitali, sono prerequisiti essenziali della buona politica. Ora, se dovessimo confrontare due storie assai simili per rilevanza economica e politica come la questione ferroviaria italiana degli anni 70 dell’800 con quella delle attuali “Autostrade”, comprendiamo che le dinamiche sia politiche che economiche, seppur in contesti diversi, possono alimentarsi degli stessi impulsi, dalle stesse motivazioni, dalle stesse esigenze. Spaventa, ai primi passi da Ministro dei lavori pubblici della giovanissima Italia, si rese conto che quella decina di concessioni ferroviarie affidate a voraci privati erano sbagliate a causa dei costi pubblici elevatissimi senza raggiungere finalità sufficienti di mobilità per i cittadini del regno. Infatti queste imprese ottenevano grandi guadagni senza reinvestirli per la rete ferrata, e scaricavano le spese sempre più maggiorate per la manutenzione, con l’aggravante che con le montagne di denaro che il sistema garantiva loro, li destinavano alla nascita di giornali per orientare la pubblica opinione, o per finanziare uomini politici e partiti. Si arrivava al paradosso che questo grumo di potere economico, in certi casi si mostrava più forte dello Stato, inaugurando così l’inquinamento della vita democratica distorcendo l’economia. Ed allora quei galantuomini di Sella capo dell’allora governo, con il suo ministro Spaventa, iniziarono il percorso lungo di nazionalizzazione delle ferrovie che però provocò rotture nella maggioranza fino alla caduta del governo per opera di un gruppo di parlamentari legati alle aziende concessionarie. Morale: un governo composto da liberali intransigenti, preferì derogare dalla filosofia liberale nazionalizzando, pur di non soggiacere a poteri irresponsabili che minacciavano gli interessi popolari e l’autorità e la credibilità dello Stato.

Se volessimo comparare quella remota ma densa di ammonimenti per il futuro con la vicenda delle autostrade che ormai è conosciuta da tutti, ci accorgeremo che persino coloro che sono sembrati i censori  della pessima esperienza sinora avuta nella gestione della rete autostradale, poi si sono adeguati alla indifferenza di altri propendi a mantenere non sciolti i nodi molto discutibili della conduzione delle concessioni come sugli sviluppi del loro futuro, concorrendo così all’oblio colpevole dell’accaduto. Cosicché nella opinione pubblica rimane il sospetto, se non la certezza, che più di qualcosa non va nelle situazioni descritte. Ecco dunque come valutare la differenza abissale che passa tra la classe dirigente liberale italiana di 170 fa, al confronto con quella odierna. La diversità sta tutta nella mancanza del prerequisito indispensabile che deve possedere chi è chiamato ad affrontare prove grandi di coraggio e dense di difficoltà esercitando politica per il governo della comunità. Dunque una classe dirigente che ha nel cuore filosofie e culture talmente radicate in loro stessi, da costituire una bussola di direzione, capace di vincere le debolezze umane presenti in ognuno di noi anche nelle attività politiche e sociali.

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