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Crisi di governo? La vera debolezza è nel sistema elettorale

Sei senatori a vita, almeno altrettanti ex Cinque Stelle che vedono con terrore la fine della legislatura e poi ci sono gli scranni di Palazzo Madama occupati dagli eletti all’estero e il gruppo misto capeggiato da Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella.

Questa, più o meno, è la conta che la maggioranza di Governo sta facendo per arrivare a quota 161 senatori ed ottenere la fiducia che permetterebbe all’esecutivo Conte II di andare avanti.

Potrebbe quindi nascere un nuovo gruppo dal nome Maie/Con-Te, gli esponenti di questa compagine sono stati chiamati “costruttori europei” da Luigi Di Maio altri li hanno chiamati “responsabili” per sottolineare il delicato momento storico del Paese.

Per inquadrare la situazione va detto che siamo una repubblica parlamentare senza vincolo di mandato e tecnicamente è possibile ogni tipo di cambio di casacca (poi sul piano politico e morale ognuno fa i conti con la sua coscienza), anche più volte nella stessa legislatura.

Quello che cambia è il punto di vista: a seconda dei governi e delle epoche la caccia ai fuoriusciti che possano rattoppare una maggioranza viene chiamata “ricerca dei responsabili” o “mercato del vacche e delle poltrone”.

Quando Berlusconi reclutò Razzi e Scilipoti nel 2010 per salvare il suo governo alcune testate parlano di compravendita di parlamentari mentre altre esaltavano la leadership del cavaliere. Stessa storia nel 2014 quando Casini, Alfano e Lorenzin e un’intera pattuglia eletta con il centro-destra andarono in soccorso di Letta prima e Renzi poi, in quei frangenti ci fu chi parlò di tradimento degli elettori chi invece di “maturità politica” e passò per il bene dell’Italia.

D’altra parte, qualcuno è convinto che cambiando il linguaggio cambi la realtà. Ma quando gratti in fondo trovi la stessa instabilità che caratterizza la politica italiana dalla fine della prima repubblica nel 1992. Maggioranze divise su temi strategici per il futuro della nazione, che si presentano agli elettori senza un programma di governo. A tutto questo negli ultimi anni 10 anni si è aggiunta una ulteriore frammentazione del quadro politico che ha portato alla presidenza del Consiglio tutti personaggi che non erano stati indicati come candidati premier durante le campagne elettorali.

Da Monti a Conte l’individuazione dei presidenti del Consiglio è stata frutto di accordi di palazzo e manovre guidate dal Quirinale per aiutare i partiti a formare un governo, questo comporta inevitabilmente un mandato più debole e non legittimato da un’indicazione chiara degli elettori.

La debolezza dei governi italiani va attribuita anche al continuo cambiamento delle leggi elettorali. Il Porcellum prima e il Rosatellum poi hanno modificato in senso sempre più proporzionale il sistema elettorale, facendo sì che nessuno schieramento in campo riuscisse ad ottenere una maggioranza netta. Questo ha favorito di conseguenza la capacità di ricatto dei piccoli partiti e dei singoli parlamentari che possono decidere le sorti di un’intera legislatura.

Per tutti questi motivi la politica dovrebbe trovare il coraggio di riportare le regole del gioco su un sistema maggioritario che offra un premio di maggioranza netto all’alleanza di partiti che ottiene più voti alle urne, garantendo al contempo quote di rappresentanza parlamentare a tutti i partiti che sono portatori di diverse sensibilità politiche e sociali presenti nel paese. Una classe politica che vuole essere credibile e legittimata deve presentarsi agli elettori con un candidato premier e un programma attuabile ( non libri dei sogni) mentre la legge elettorale deve permettere l’indicazione di una maggioranza già a poche ore dalla chiusura delle urne. In un’epoca segnata dalla globalizzazione e che richiede decisioni rapide e a volte dolorose, non possiamo più permetterci i bizantinismi delle trattative che durano mesi dopo il voto e sistemi di voto che permettono a tutti di dire che hanno vinto.

Va bene discutere dell’utilizzo degli oltre 200 miliardi del recovery fund, ma una volta fissate le voci di spesa serve un governo che sia in grado di implementare rapidamente sui territori i progetti di sviluppo e riconversione dell’economia. Insomma il ballo dei passaggi da maggioranza a opposizione e viceversa potrà anche salvare il governo e la legislatura ma per uscire dalla peggiore crisi dal dopo guerra a questa parte serviranno ben altre capacità di decisione e visione, il Paese se lo merita.

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