La legge sul Biotestamento sembra arrivare alla triste meta. Nell’ottavario di Pasqua sono sopravvissuti i vari “Giuda e Pilato” che all’interno del Parlamento si definiscono cattolici nei periodi pre-elettorali per poi dimenticarsi stranamente della propria appartenenza e di chi ha creduto in loro.
Nessuna battaglia a favore della vita se non le solite scialbe dichiarazioni di rito pregne di ipocrisia e del sangue di coloro che a causa di questa legge bugiarda si ritroveranno spinti nell’abisso dell’autodistruzione.
Ancora ripenso a Eluana Englaro e alla scellerata strumentalizzazione della sua vicenda. Quanti avvoltoi senza scrupoli vi si sono avventati esibendo un tifo, quasi una ressa, da stadio per la sua morte, con la finalità assai subdola di compiacere i familiari affranti per carpirne la benevolenza: in realtà hanno vergognosamente lucrato sulla prova dolorosa che le loro vite incontravano.
I media si accanivano perché lo share era trascinato dai toni alti, come quelli usati contro coloro che desideravano semplicemente ritrovarsi davanti alla clinica per pregare e dire un Rosario per quella giovane vita. Come dimenticare l’odio esibito verso la preghiera in quanto mezzo che congiunge la mano provata dell’uomo con quella misericordiosa del Padre e dunque appello rivolto a una volontà più alta nel momento della prova?
Sono passati circa dieci anni da quei momenti e ciò che sorprende è vedere oggi i cattolici quasi indifferenti, anzi molti addirittura protesi verso la cosiddetta “dolce morte“. Dolce un accidenti.
Un certo sistema sembra abbia deciso che gli italiani debbano essere smaltiti in tutti i modi e celermente. Ormai si può istigare chi è disperato, ovvero chi vive nella profonda angoscia del limite, a uccidersi con la legittima scusante dell’autodeterminazione.
In realtà, per molte persone sopportare la sofferenza è quasi impossibile, è considerato una tortura che legittima la ricerca di soluzioni facili. Per molti è la prova in sé, ovvero il dolore che caratterizza l’avventura umana, ad essere rifiutato in quanto tale, a non essere accettato come parte della vita, nonostante abbia connotato, prima dell’uomo, l’esistenza terrena di Dio.
Ma uno Stato non può mettersi mai dalla parte di chi promuove la morte. Questo è aberrante. “Le membra più deboli sono le più necessarie” perché c’è un’immensa dignità nel prendersi cura di chi soffre oltre ad essere, questa, una relazione profonda e straordinariamente generativa di amore, di compassione, di crescita, di capacità di superare egoismi, paure, limiti.
Quante persone in gravissime condizioni si sono improvvisamente riprese e spesso il termine “miracolo” non è stato usato impropriamente… Oggi una certa scienza vuole amministrare tutto, a partire da quel business che considera la persona solo come materia da cui trarre profitti.
Ci sarà qualcuno in Senato pronto ad alzare barricate per difendere suo fratello? Qualcuno che crederà di più nella sacralità dell’esistenza, nella volontà di Dio, nei miracoli, nella terapia dell’amore, no?!
Vorrei fare un plauso ad alcuni parroci del Molise per il coraggio che hanno avuto suonando le campane a morto, dando così un chiaro segno e facendo comprendere da quale parte dovrebbe stare un cristiano, pubblicando anche un necrologio degno di essere citato: “Le campane suonano a morto perché la Vita è vittima della morte, dall’aborto all’eutanasia delle D.a.t. Con queste l’Italia ha scelto di far morire, non di far vivere. Prosit”.
Queste per molti sono ingenuità superate e per altri concetti irritanti… Attenti perché qui ormai si lotta per emancipare le tenebre e anche i becchini di Stato vengono in soccorso.