Si fanno chiamare “pancine” per il loro morboso legame al periodo della gravidanza. Una vera e propria ossessione che porta alcune donne a non calarsi completamente nel loro nuovo ruolo di mamme ma a restare ancorate a quei nove mesi in cui tutto sembrava girare attorno a loro. Ora, se questa sensazione di malessere restasse confinata nella sfera intima non ci sarebbe nemmeno da parlarne. Il problema sorge quando la nostalgia si trasforma in mania, portando le neo madri a travalicare i confini del buon senso, mettendo in essere pratiche discutibili, spesso rischiose, in una sorta di adorazione vagamente neopagana della propria maternità.
Il cordone non si taglia
L’ultimo caso salito agli onori della cronaca è avvenuto in un ospedale di Udine, dove i medici si sono visti costretti a contattare la Procura di fronte al rifiuto di una partoriente di recidere il cordone ombelicale che la teneva legata al proprio bambino. La sua convinzione era che dovesse staccarsi da solo, come sostenuto dal “metodo” “Lotus Birth“, creato negli anni 70 dall’infermiera americana Clair Lotus Day. La quale sosteneva che il distacco “innaturale” del cordone e la separazione anzitempo dalla placenta indebolisse “l’aurea” delle persone. Anche perché, diceva, il decadimento naturale di entrambi consentirebbe al neonato di ottenere tutti gli elementi nutrienti e l’energia in essi contenuta. Una teoria che, però, non è stata mai confermata dalla medicina ufficiale. Anzi la Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (Rcog) ha dichiarato: “Se lasciato per un periodo di tempo dopo la nascita, vi è un rischio di infezione nella placenta che può di conseguenza diffondersi al bambino. La placenta è particolarmente a rischio di infezione quando contiene del sangue. Nella fase di post-parto, essa non ha circolazione ed è essenzialmente tessuto morto“.
Ricette alla placenta
E siamo solo all’inizio del viaggio nel bizzarro mondo delle “pancine”. Un’altra moda che sta prendendo piede tra le mamme nostalgiche, spinta soprattutto da forum e gruppi social a tema, è quella di mangiare la propria placenta (bleah!). Chi crede nelle proprietà benefiche di quest’organo chiede all’ostetrica di conservarlo dopo il parto in modo da poterlo cucinare. Le ricette sono varie: si va dalle insalate ai frullati, passando per i carpacci e le “pillole” realizzate cuocendo la placenta con limone e zenzero e facendola essiccare. La leggenda vuole che mangiare quest’organo migliori la produzione di latte, aumenti i livelli di ferro e riduca il rischio di depressione post parto. Anche qui gli esperti sono stati, però, categorici. Non si hanno evidenze scientifiche su questi effetti, al contrario mangiare la placenta può provocare infezioni (se non è stata conservata bene) o intossicazioni, visto che essa serve, fra le altre cose, a proteggere il feto dalle sostanze nocive provenienti dall’esterno. E a quante sostengono che anticamente anche l’uomo, come molti animali, divorava la propria placenta, hanno risposto gli antropologi: non ci sono prove di questa pratica.
Gioielli al latte
Dalla cucina alla bigiotteria il passo è breve. Non mancano, infatti, mamme nostalgiche che dopo lo svezzamento utilizzano il latte residuo per produrre gioielli. C’è chi fa da sola e chi, invece, si rivolge ad aziende nate sul web. Come la britannica Mum’s Own Milk che realizza ciondoli contenenti latte solidificato, capelli del neonato e persino pezzetti di cordone ombelicale. Il tutto a una cifra che può andare dai 15 ai 200 euro al pezzo.
… e tanto altro
Quelli appena descritti sono solo alcuni dei vezzi e delle manie delle “pancine”. Per trovarne altri basta navigare sui social, come ha fatto il blogger Vincenzo Maisto (in arte “Signor distruggere”), il quale ha scovato: ciabatte fatte con assorbenti femminili, mamme che vorrebbero allattare (e in molti casi lo fanno) oltre il tempo naturale, foto bimbi ritratti mentre sono attaccati al seno, test di gravidanza fatti in casa e persino immagini di torte a forma di vagina o di pancia di donna incinta. Una carrellata in cui il cattivo gusto regna sovrano, che finisce per svilire la parentesi più intensa della vita di una donna.