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Ottimisti si nasce o si diventa? Niente paura è possibile imparare

Ottimisti si nasce o si diventa? Non importa quale sia la propria indole naturale, è possibile diventare ottimisti anche da adulti. Ecco come

Vedi il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? La tua vita è una “vie en rose” o ti senti sempre di “umore nero”? Non importa di che “colore” sei, perché è possibile tornare ad essere ottimisti grazie a qualche semplice consiglio indipendentemente da come sei tu naturalmente.

Perché scegliere di diventare ottimisti? Perché l’ottimismo ci aiuta a stare bene con noi stessi e con gli altri. E non solo dal punto di vista psicologico o delle relazioni sociali (e già questo non sarebbe poco…) ma anche e soprattutto da quello del benessere fisico. Sì, essere ottimisti aiuta la salute. Come? Continua a leggere e lo scoprirai.

Essere ottimisti è bello e fa bene alla salute

L’ottimismo è infatti una potente medicina. Vedere il bicchiere mezzo pieno (invece che il contrario) è un efficacissimo antistress che aiuta a vivere meglio ed affrontare i momenti bui. Infatti la psicoterapia dell’ottimismo viene proposta in caso di depressione, disturbo post-traumatico da stress, malattie gravi o per superare lutti e momenti difficili che la vita inevitabilmente ci pone dinanzi.

Enrico Zanalda, presidente della Società italiana di psichiatria, sottolinea che molto si gioca nell’infanzia: “L’ottimismo si impara in famiglia nei primi anni di vita – dice il medico su Focus – se i genitori infondono sicurezza. Questo porta a una buona percezione e consapevolezza di sé e quindi a cimentarsi nelle relazioni con gli altri, soprattutto in adolescenza, con una positività che innesca reazioni favorevoli aumentando la fiducia in se stessi: l’ottimismo è insomma un circolo virtuoso”.

La bella notizia è che non bisogna nascere “imparati” o geneticamente portati alla gioia, perché si può imparare a essere ottimisti anche da grandi. La genetica – scrive Focus – influenza l’indole solo per il 25%. E anche chi ha ricevuto in dote uno sguardo cupo sul futuro potrà cambiarlo. Con un po’ di sforzo.

E’ importante insegnare ai bambini l’ottimismo, ascoltandoli e comprendendone le emozioni innanzi tutto. Ma anche enfatizzando i loro sforzi a prescindere dai risultati, focalizzandosi sugli eventi belli e non esagerando sui brutti.

“La scuola potrebbe fare tanto per promuovere le emozioni positive – dice Maria Catena Quattropani, docente di psicologia clinica e direttrice scientifica del Centro di ricerca e di intervento psicologico dell’Università di Messina – Chi non ha mai potuto contare sugli altri per imparare l’ottimismo ed è bloccato da una visione negativa del mondo, può farlo da adulto con interventi psicologici specifici”.

I percorsi psicoterapici strutturati possono essere una soluzione per i pessimisti a oltranza, ma tutti possiamo allenare il muscolo dell’ottimismo anche nella vita quotidiana.

Per esempio scegliendo di frequentare persone positive, perché i pensieri buoni sono contagiosi. Occorre poi fare uno sforzo consapevole, come spiega lo psichiatra Aparna Iyer, del Southwestern Medical Center dell’Università del Texas (Usa), che ha messo a punto una sorta di decalogo per diventare più ottimisti: “C’è sempre un altro modo di vedere gli eventi, si chiama reinquadramento positivo: se la pioggia impedisce di prendere il sole sul terrazzo, perché non usare l’occasione per leggere sul divano? All’inizio serve impegnarsi per trovare il lato positivo, poi diventa automatico”.

E’ un esercizio di ottimismo anche essere gentili con se stessi e incoraggiarsi, o seguire uno stile di vita sano, perché sentirsi bene regala uno sguardo più roseo sul mondo. Ci sono esercizi di positività perfino più semplici: spegnere i notiziari, per esempio, perché bastano cinque minuti di cattive notizie al mattino per far calare un velo nero sulla giornata.

O anche tenere un “diario della gratitudine” in cui appuntare ogni giorno qualcosa che ci ha fatto stare bene, fosse anche solo il caffè del mattino o il gesto gentile di uno sconosciuto.

Oppure fermarsi a considerare quanto siano negativi i propri pensieri per cercare di cambiarne il verso, per esempio ipotizzando come ottenere un buon risultato da una sfida. Non perdere mai l’occasione di ridere, perché la risata è un antistress immediato. Staccarsi un po’ dai social network: quando le foto di chi sembra vivere vite meravigliose accendono una competizione malsana, meglio disconnettersi.

Infine, l’ultima regola può sembrare un controsenso: è saper riconoscere ciò che è negativo quando c’è. “L’ottimista è un realista”, conclude la professoressa Quattropani. “Chi è ottimista a prescindere dagli eventi è vittima di un’illusione e rischia di farsi male: giocare d’azzardo pensando di essere nati sotto una buona stella è una sicura strada per la rovina”.

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