Il sangue continua a macchiare le tonache in Camerun. Ieri è stato ucciso don Alexander Sob Nougi, che era parroco a Bomaka, un quartiere di Buea, e segretario per l'educazione cattolica della diocesi. Lo riferisce l'Osservatore Romano, che riporta versioni contrastanti sulla dinamica dell'uccisione: alcuni testimoni indicano che il sacerdote sarebbe stato colpito accidentalmente da una pallottola vagante dell'esercito impegnato in uno scontro con separatisti anglofoni. Altre fonti affermano invece che i soldati lo avrebbero colpito intenzionalmente. Il sacerdote è la seconda vittima delle forze militari camerunesi in una settimana. Il 14 luglio scorso infatti un pastore proveniente da Accra, nel Ghana, era stato ucciso nella città di Batibo, nel Nord-Ovest del Paese.
Le tensioni in Camerun si sono esacerbate nel marzo scorso, a causa di mai risolte problematiche derivanti dalle vecchie colonizzazioni europee. Nelle regioni a Nord-Ovest e a Sud-Ovest del Paese, popolate dal 20 per cento dei 23 milioni di camerunesi e che assicurano il 60 per cento della crescita economica, monta insofferenza verso l'amministrazione francofona, accusata di emarginare la popolazione di queste fiorenti zone. E' così che nel 2017 il presidente camerunese, Paul Biya, dopo aver bloccato per cinque mesi l'accesso ad internet in queste zone, ha ordinato una dura repressione per soffocare moti indipendentisti. Da marzo si sono intensificati gli scontri a fuoco tra esercito e gruppi anglofoni che vorrebbero separarsi dal resto del Paese. Del resto queste aree – ricche di petrolio, gas, legname e prodotti agricoli – sono troppo importanti per il Camerun, che non ha nessuna intenzione di perderle.