Seppur al di sotto delle aspettative degli organizzatori, che contavano sulla presenza di almeno 50mila manifestanti, migliaia di attivisti pro-democratici hanno sfilato per le strade del centro di Hong Kong per protestare contro il pacchetto di nuove leggi che prevede anche la riforma della legge elettorale. Le autorità hanno aumentato il cordone di sicurezza di fronte agli edifici governativi nell’area degli Admiralty e hanno sgomberato un’area dove sono stati rinvenuti oggetti definiti pericolosi dagli agenti.
Si tratta del primo di una serie di raduni che prenderanno piede nei prossimi giorni, fino a quando i deputati non voteranno per le riforme. Nella mattinata di oggi nove attivisti radicali sono stati arrestati a Hong Kong per la detenzione di materiale esplosivo. Il materiale – Tatp, perossido di acetone – è stato sequestrato in un edificio che in precedenza ospitava gli studi televisivi dell’emittente Atv e successivamente fatto brillare dagli artificieri. Secondo la polizia, scrive il South China Morning Post di Hong Kong, il materiale ritrovato avrebbe potuto essere utilizzato per provocare un’esplosione davanti al palazzo dell’Assemblea Legislativa, il mini-parlamento dell’isola. A finire in manette sono cinque uomini e quattro donne di età compresa tra i 21 e i 34 anni, fermati dopo alcuni raid in diverse aree dell’ex colonia britannica.
Questa settimana, l’Assemblea Legislativa di Hong Kong dovrà discutere la riforma della legge elettorale, fortemente contestata dai movimenti studenteschi e degli attivisti pro-democratici dell’isola. Secondo le prime proiezioni, i gruppi parlamentari democratici potrebbero avere i numeri per bloccare la proposta di riforma, mantenendo la situazione di stallo politico tra l’amministrazione, favorevole alla riforma, e i gruppi pro-democratici che vogliono una legge elettorale fondata sui principi del suffragio universale. Tra il settembre e il dicembre scorso decine di migliaia di manifestanti pro-democratici hanno sfilato per le vie centrali della città per 75 giorni, chiedendo la nomina popolare dei candidati alle prossime elezioni del 2017, invece della proposta di legge proveniente da Pechino che prevede una pre-selezione degli stessi da parte di un comitato di 1200 membri vicino al governo cinese.