Dopo dieci mesi dal giorno della tragedia, la Marina militare ha recuperato nel Canale di Sicilia, le salme di sei migranti che il cinque agosto dello scorso anno soo morti in seguito al naufragio del barcone su cui viaggiavano. Nell’immediatezza, i militari italiani erano riusciti a salvare 373 naufraghi e avevano recuperato 26 salme, sbarcate successivamente a Palermo.
I superstiti avevano raccontato la tragedia, dichiarando che molti dei loro compagni di viaggio erano morti in quanto rimasti intrappolati nei livelli inferiori del barcone. Molti di loro non sono riusciti a salvarsi perché gli scafisti avevano chiuso le porte con dei lucchetti, rendendo impossibile scappare.
Inoltre, proprio grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, la Squadra Mobile di Palermo aveva fatto scattare le manette ai polsi di coloro che erano stati indicati come gli scafisti di quel barcone. I cinque, per i quali i magistrati hanno già chiesto il rinvio a giudizio, sono stati accusati di omicidio volontario.
Nel corso delle indagini, coordinate dal Procuratore Francesco Lo Voi, dal Procuratore Aggiunto Maurizio Scalia e dai sostituti Renza Cescon, Calogero Ferrara, Alessia Sinatra e Claudio Camilleri, la Procura ha delegato alla Marina Militare l’accertamento della localizzazione dell’imbarcazione.
Il barcone è stato individuato e le riprese subacquee hanno documentato la presenza dei resti di 10 cadaveri, sei dei quali sono stati recuperati con i mezzi del gruppo operativo subacquei del Comsubin (Comando Subacqueo Incursori della Marina). Non tutti i corpi sono stati riportati in superficie per le pessime condizioni dello scafo, ormai collassato, che non ha permesso ai palombari di operare in condizioni di sicurezza.