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Ucraina, i pericoli della guerra che incombono sulle centrali nucleari

L'intervista di Interris.it al responsabile nazionale agricoltura di Legambiente Angelo Gentili sui rischi legati all'energia nucleare a seguito del conflitto ucraino

L’Ucraina, con il 52,34% dell’energia utilizzata proveniente dal nucleare è la terza nazione al mondo per quanto riguarda il consumo di tale tipologia di energia e possiede quindici reattori nucleari attualmente attivi. Basti pensare che, nel 1985, ossia un anno prima del disastro di Chernobyl, l’energia nucleare copriva solo il 20% del fabbisogno energetico del paese.

Il disastro di Chernobyl

Il 26 aprile 1986, il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl, a circa cento chilometri a nord della capitale ucraina Kiev, è esploso durante un test di sicurezza. Questo è stato il più grande incidente avvenuto in una centrale nucleare, classificato come catastrofico con il livello sette e massimo della scala INES dell’IAEA, insieme a quello avvenuto nella centrale di Fukushima dopo il terremoto e lo tsunami del 2011, ma dieci volte più potente. Ciò, nel corso degli anni, ha causato numerose vittime e l’insorgere di innumerevoli casi di patologie tumorali correlate, come ad esempio il carcinoma papillare della tiroide. Oltre a ciò, le radiazioni hanno provocato inoltre numerosi effetti collaterali su piante e animali, con conseguenze su tutto l’ecosistema ambientale, in particolare su flora e fauna autoctone.

Soccoritori a Chernobyl (immagine LaPresse)

Le conseguenze del conflitto

Dopo l’attacco russo all’Ucraina partito lo scorso febbraio, i pericoli di un incidente nucleare nelle zone di guerra si sono fatti sempre maggiori, tanto che, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha avviato dei colloqui con le autorità locali al fine di garantire l’assistenza tecnica necessaria per la manutenzione delle centrali nucleari locali affinché le stesse possano funzionare in modo sicuro e ridurre il rischio di incidente. Interris.it, in merito alla sicurezza delle centrali nucleari nel paese ed ai rischi correlati per la popolazione e l’ambiente, ha intervistato il dottor Angelo Gentili responsabile nazionale agricoltura di Legambiente e coordinatore del centro nazionale per l’Agroecologia di Legambiente.

L’intervista

Qual è l’attuale situazione delle centrali nucleari in Ucraina? Quali sono i pericoli che corrono la popolazione e l’ambiente?

“La situazione delle centrali nucleari in Ucraina è molto difficile perché – accanto alla drammaticità legata alla guerra in corso – la quale purtroppo sta provocando moltissime vittime sia civili che militari, c’è una situazione di grande rischio dal punto di vista del nucleare. Infatti, in Ucraina, si trova la centrale di Chernobyl che è situata a poca distanza dal confine con la Bielorussia ed il 26 aprile del 1986 ha determinato l’incidente nucleare più grave della storia. Li, nelle ultime settimane, c’è stato uno scontro, anche militare, tra le forze ucraine e quelle russe, con un rischio enorme dal punto di vista della sicurezza della centrale, la quale adesso è in mano russa ma continuano ad essere presenti tecnici ucraini, con turni molto serrati e la mancanza in maniera intermittente di energia elettrica, per cui non sempre si riesce a ripristinare i generatori di soccorso. Nonostante non ci siano reattori in funzione c’è bisogno di un controllo continuo della sicurezza e, se manca l’energia elettrica, possono avvenire degli incidenti dal punto di vista nucleare. Così come, in un conflitto come quello in corso, se un ordigno scoppia nei pressi del reattore – dove c’è già una situazione molto grave – ciò determina una situazione estremamente difficile anche dal punto di vista sanitario a cui aggiungiamo il fatto che ci sono quindici reattori nel paese, sei sono a Zaporižžja dove si trova la centrale più grande del paese e ci sono stati anche lì degli scontri. I quindici reattori rappresentano degli obiettivi sensibili e molto delicati per i quali, la minaccia di un’incidente nucleare provocato dal conflitto in corso è purtroppo molto elevata, con rischi sanitari – qualora ciò avvenisse – molto gravi, non solo per la popolazione ucraina, per il riversarsi di radionuclidi e quindi di radioattività con un fallout radioattivo, ma anche per gli stessi russi e bielorussi, nonché per l’intera Europa”.

Il reattore di Chernobyl

Quali sono le misure che devono essere attuate immediatamente per evitare danni alle persone e all’ambiente?

“È fondamentale che ci sia la messa in sicurezza immediata di tutti i reattori nucleari presenti in Ucraina, non vi siano al loro interno militari, venga assicurata la fornitura continua di energia elettrica al fine di garantire la sicurezza, ci siano turni che- da un punto di vista lavorativo – non siano serrati ma consoni per i funzionari ed i tecnici delle centrali nucleari i quali, in questo momento, spesso non vengono rispettati da questo punto di vista. Tutto ciò è fondamentale per evitare un rischio enorme di incidente nucleare”.

Qual è l’impegno di Legambiente su questo versante? Quali sono i vostri auspici per il futuro?

“Noi siamo fortemente impegnati su questo versante da molti anni. Abbiamo ospitato in Italia, nel corso degli ultimi quindici anni, 25 mila bambini che provenivano da Ucraina, Russia e Bielorussia – i cosiddetti bambini di Chernobyl – i quali vivono attualmente in zone contaminate dall’esplosione. Molti di questi bambini sono cresciuti nel corso degli anni e, a loro volta, ora sono i genitori e le madri che spesso ritroviamo in Italia perché adesso tornano come profughi e vengono accolti dalle famiglie che li avevano ospitati quando erano bambini. Legambiente, nello stesso tempo, è fortemente impegnata proprio per cercare di dare sostegno a tutta la popolazione che è vittima del disastro di Chernobyl in quanto – ancora oggi – ci sono cinque milioni di persone che vivono in zone contaminate in Ucraina, Russia e Bielorussia. Soprattutto, attraverso il progetto Rugiada, i bambini che vivono in Bielorussia – il paese che ha avuto il 70% del fallout radioattivo dopo Chernobyl – hanno un periodo di risanamento di un mese in cui mangiano cibo pulito, eliminano i radionuclidi che hanno assorbito e, nello stesso tempo, riescono a essere controllati dal punto di vista sanitario per patologie mediche e tumorali che purtroppo possono essere rese attive dalla contaminazione radioattiva. Questo è il nostro impegno in tali aree che continua, oltre a denunciare l’assurdità della scelta nucleare, a maggior ragione in un momento come questo, nel quale si interseca in una sinergia fortemente negativa con lo stato di guerra disastrosa e difficile da gestire in cui versano tali paesi in questo momento”.

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