Il conforto nella paura della guerra fredda arrivò all’umanità il 22 ottobre di 43 anni fa. “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla Sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati. I sistemi economici. Come quelli politici. I vasti campi di cultura. Di civiltà. Di sviluppo”. Era l’inizio del pontificato. E più che leggerlo, il suo discorso, Giovanni Paolo II sembrava gridarlo. Lo aveva scritto tutto di suo pugno. In polacco, naturalmente. Ma doveva poi pronunciarlo in italiano. E temeva di sbagliare parole. Soprattutto accenti. Perciò aveva fatto le “prove”. Leggendolo al suo aiutante di camera. Molto rigoroso e molto pignolo nel correggerlo.
Speranza contro paura
Oggi ricorre la memoria liturgica del Papa polacco canonizzato da Francesco. Rispetto a 43 anni fa il mondo è radicalmente cambiato. Un po’ tutti i commentatori, quel 22 ottobre 1978, giudicarono il discorso d’avvio del pontificato troppo politico. E troppo pericoloso. Temendo che avrebbe potuto mettere in crisi i delicati equilibri geopolitici tra Est e Ovest. Invece le parole del suo discorso papa Wojtyla le portava dentro di sé da molto tempo. “Credo che la nostra liberazione debba essere la porta di Cristo”, aveva scritto all’amico regista Kotlarczyk, il 2 novembre del 1939. Mentre infuriava l’invasione nazista. E, quattro decenni dopo, quelle parole rispuntavano fuori dalla memoria del Papa appena eletto. Dalla sua esperienza. Dal patrimonio di fede, di cultura e di storia della sua patria. Rispuntavano fuori per scuotere l’umanità. Per obbligarla a uscire dalla sua rassegnazione. Dalla sua passività. Dai suoi falsi miti. Per ritornare invece a essere protagonista del suo destino.
Verso il mondo intero
Fece impressione vedere, alla fine del solenne rito, quel Papa scendere giù dal sagrato. Con passo irruente, e impugnare la croce pastorale come un vessillo. Una bandiera. Vederlo andare verso la folla, come se andasse verso il mondo intero. Non per sfidarlo. Non per riaprire antichi cruenti conflitti. Ma per testimoniare l’ “incontro” tra la verità di Dio e la verità sull’uomo. Tra il mistero della Redenzione e la dignità dell’individuo. Di ogni individuo. Non un Papa-re, ma un Pastore. Fin dal momento della sua elezione al Soglio di Pietro, Giovanni Paolo II si presentò e si considerò soprattutto il vescovo di Roma. Per questo in ventisette anni di pontificato ha visitato 317 delle 333 parrocchie della città eterna. Un’attività apostolica instancabile da globetrotter. Alla quale affiancò i suoi viaggi in Italia e nel mondo. Un pellegrinaggio dettagliatissimo che volle iniziare da San Francesco Saverio nel popolare quartiere Garbatella. La chiesa che nel dopoguerra frequentava da studente di teologia. Inviato a Roma dall’arcivescovo di Cracovia, monsignor Adam Sapieha. Per completare il percorso di formazione.
Mappa romana
La mappa romana del primo pontefice non italiano da cinque secoli includeva gli incontri in Vaticano con le comunità parrocchiali. Le visite alle chiese di borgata. Le celebrazioni nelle basiliche pontificie. Come la processione del Corpus Domini da lui ripristinata a San Giovanni in Laterano. E i fuori programma di relax come la colazione o il gelato in qualche bar accanto alla parrocchia.
Missioni
“Le visite a Roma sono state una componente essenziale della sua attività pastorale. Segno chiaro dell’affetto e della premura con cui ha guidato la diocesi della quale è stato vescovo– spiega Angelo Zema, direttore di RomaSette, il giornale del Vicariato-. Un magistero itinerante che si integrò con le missioni apostoliche in giro per il mondo. E che lo portò in tutti i quartieri romani. Dal 3 dicembre 1978, data del primo incontro con una comunità alla Garbatella. Fino all’ultima visita, alla parrocchia di Sant’Enrico, il 17 febbraio 2002. Attraverso le visite si è impegnato con determinazione per dare alla Chiesa e alla città di Roma la coscienza del loro ruolo nel mondo”. Un pastore e non un sovrano, quindi. Un vescovo e non un Papa-re. Come lasciava già presagire l’esordio sul Soglio petrino. Giovanni Paolo II volle parlare subito chiaro alla folla in piazza san Pietro.
Nuova forza
“Non abbiate paura!”, il conforto di Karol Wojtyla vale anche oggi. Il 22 ottobre 1978 Giovanni Paolo II iniziava il suo ministero con l’indimenticabile esclamazione. Segno di fede e di coraggio. Il 22 ottobre di 43 anni fa. Davanti al tappeto di migliaia di volti che lo fissavano sul sagrato di piazza San Pietro. Giovanni Paolo II cominciava il pontificato esclamando: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”. Un poderoso sprone. In un tempo di muri e di sistemi contrapposti. Un’accorata esortazione ad affidarsi a una “salvatrice potestà” più grande.