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Parità di genere nel lavoro, giudice de Gioia: “Obiettivo non raggiunto”

La testimonianza del giudice Valerio de Gioia, Consigliere presso la prima sezione della Corte di Appello di Roma e consulente giuridico della commissione di inchiesta sul femminicidio

In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne (il prossimo 25 novembre), Interris.it ha raccolto la preziosa testimonianza del giudice Valerio de Gioia, magistrato di grande esperienza e profondamente impegnato nella tutela delle vittime di violenza, Consigliere presso la prima sezione della Corte di Appello di Roma e consulente giuridico della commissione di inchiesta sul femminicidio. Il giudice de Gioia ha avuto un ruolo significativo nell’applicazione e nell’approfondimento del Codice Rosso, il pacchetto normativo introdotto per rafforzare le misure a tutela delle donne e per garantire una risposta tempestiva ed efficace alle situazioni di violenza di genere. La sua esperienza e il suo impegno rendono la sua voce particolarmente autorevole su un tema tanto delicato quanto urgente.

Parità di genere nel lavoro

L’intervento del giudice Valerio de Gioia si inserisce in una più ampia discussione sulla parità di genere nel lavoro, affrontata nell’ambito degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030. Il focus è stato posto sul gender mainstreaming (integrazione della parità di genere) e sui percorsi di parità, temi centrali nel dibattito organizzato presso l’Università E-Campus di Roma. Questo contesto ha offerto un’occasione preziosa per riflettere sulle sfide ancora aperte nel raggiungimento di una reale uguaglianza di genere, sia in ambito pubblico che privato.

Questa parità di genere è un obiettivo che ancora non è stato raggiunto” – ha spiegato il giudice de Gioia – “e quando si analizzano le dinamiche di violenza e discriminazione, emergono dati significativi. Un aspetto che mi ha colpito è che, in magistratura, ogni anno su 300 vincitori di concorso, 200 sono donne. Perché non vediamo una proporzione simile in altri ambiti del settore privato? Perché le posizioni di maggior prestigio e responsabilità non sono ricoperte da un numero proporzionalmente equivalente di donne?

Ancora oggi esiste una sorta di resistenza: la donna, dal punto di vista lavorativo, non è considerata affidabile quanto un uomo. Non offre, secondo certi pregiudizi, le stesse ‘garanzie’. Probabilmente pesa il fatto che si mette in conto la gravidanza e le esigenze familiari che ricadono principalmente su di lei. Questo forse porta le aziende private a fare valutazioni che condizionano e penalizzano le donne.

Perché invece in magistratura abbiamo 200 donne rispetto a 100 uomini ogni anno? Perché il concorso in magistratura prevede prove scritte anonime. La valutazione della qualità del candidato non è influenzata dal genere, ma si basa esclusivamente sulla bontà degli elaborati. Questo dimostra chiaramente che la discriminazione di genere è ancora una dinamica presente in molti contesti”.

Le molestie sessuali

“Ultimamente, abbiamo approfondito un altro tema centrale in ambito lavorativo: quello delle molestie sessuali. Secondo l’articolo 26 del Codice della pari opportunità, le molestie sessuali rientrano tra le condotte discriminatorie, ma non esiste ancora una fattispecie di reato specifica che le sanzioni. Questo vuoto normativo è stato colmato dalla giurisprudenza, che le ha ricondotte ad altre fattispecie di reato già esistenti. Tuttavia, questa soluzione presenta molte criticità.

Ad esempio, solo una donna su dieci denuncia le molestie subite. Questo dato è fortemente influenzato da problemi a livello processuale, sia in sede civile che penale. Le donne che denunciano spesso temono ritorsioni da parte delle aziende o, peggio, di non essere credute. Inoltre, è importante considerare la complessità del consenso o della reazione nel contesto di molestie o violenze sessuali sul lavoro. Spesso si sente dire che una donna, durante un comportamento molesto, non ha reagito o non ha detto chiaramente ‘no’. Ma a livello psicologico, una donna che subisce un atto sessuale può restare paralizzata e incapace di esprimere una volontà rispetto a quanto sta vivendo.

Questo è il quadro attuale, per il quale sono necessari interventi di riforma che chiariscano meglio la fattispecie delle molestie sessuali, soprattutto in ambito lavorativo”.

Gli obiettivi dell’agenda Onu

L’Obiettivo 5 dell’Agenda ONU 2030 mira a raggiungere l’uguaglianza di genere e a potenziare il ruolo delle donne e delle ragazze in tutto il mondo. Questo obiettivo include l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione, violenza e pratiche dannose, come matrimoni precoci e mutilazioni genitali. Promuove inoltre la parità di accesso a istruzione, opportunità economiche e leadership, garantendo diritti uguali in ambito lavorativo, familiare e sociale, con un approccio trasversale di gender mainstreaming per integrare la parità in tutte le politiche e azioni.

Il Codice delle pari opportunità tra uomini e donne, articolo 26,1, recita: sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

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