La Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali, istituita dall’ONU nel 1989, si celebra ogni 13 ottobre con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di prevenire e mitigare gli impatti dei disastri naturali. Secondo l’ONU, tali disastri includono fenomeni naturali più o meno frequenti quali: terremoti, inondazioni, uragani, tsunami, eruzioni vulcaniche, siccità e frane, che minacciano vite umane e infrastrutture, specialmente nelle aree più vulnerabili del pianeta. L’aumento della frequenza e dell’intensità di alcune tipologie di disastri naturali è strettamente legato al cambiamento climatico: eventi come inondazioni, tempeste, siccità e incendi boschivi sono infatti amplificati dal riscaldamento globale, causato principalmente dall’attività umana. La Giornata ha dunque l’obiettivo di promuove azioni su scala globale e individuale per combattere il climate change e prevenire ulteriori danni. Per comprendere meglio le responsabilità umane e proporre soluzioni efficaci, Interris.it ha intervistato Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente.
L’intervista ad Andrea Minutolo di Legambiente
Cosa si intende per “disastri naturali”?
“Prima di parlare di disastri, è importante fare un passo indietro. Ogni territorio della Terra ha delle caratteristiche ambientali specifiche. Ad esempio, ci sono aree sismiche, aree vulcaniche, zone con un elevato rischio di dissesto idrogeologico o luoghi soggetti a fenomeni naturali come tornado e uragani. Questi fenomeni fanno parte delle caratteristiche di un territorio e non possono essere evitati o impediti. Il rischio subentra quando queste attività naturali si intersecano con le attività umane. Ad esempio, un terremoto diventa pericoloso quando coinvolge abitazioni o persone. Tuttavia, non si parla ancora di catastrofe. Un disastro infatti si verifica quando l’evento naturale colpisce un’area abitata, causando danni significativi, come la perdita di vite umane. La catastrofe è, quindi, l’intersezione tra un fenomeno naturale e la presenza dell’uomo, con i danni che ne derivano”.
Quali sono i rischi – tra quelli individuati dall’Onu – che riguardano il territorio italiano?
“L’Onu include vari rischi naturali, tra cui quello sismico, vulcanico, idrogeologico, da maremoto e quelli legati a condizioni climatiche avverse come uragani e tifoni. In Italia, i principali rischi naturali includono il rischio sismico, ben conosciuto dalla popolazione, il rischio idrogeologico, che comprende frane e alluvioni, e il rischio vulcanico. L’Italia è un territorio altamente sismico e vulcanico, con zone come l’Etna e i Campi Flegrei a rischio di eruzioni. In questo, l’opera dell’uomo non incide. Mentre sul rischio idrogeologico, l’opera dell’uomo sull’ambiente è preminente”.
Il cambiamento climatico influisce sui disastri naturali?
“Assolutamente sì. Gli studi scientifici su questo concordano. Fenomeni naturali legati all’interazione tra acqua e suolo sono stati amplificati dal cambiamento climatico. Negli ultimi decenni, abbiamo osservato un aumento nella frequenza e nella gravità di tali eventi. Ad esempio, il disastro in Emilia Romagna del maggio 2023 è stato un evento eccezionale, con una quantità d’acqua mai vista prima. Ma anche l’evento di poche settimane fa, pur con una quantità d’acqua inferiore, ha avuto effetti simili. Questo dimostra come il cambiamento climatico stia amplificando questi fenomeni”.
In che modo, concretamente?
“L’aumento delle temperature sulla superficie terrestre influisce sulla capacità di assorbimento del suolo, aggravando i problemi legati a siccità e piogge intense. Il cambiamento climatico sta portando a uno squilibrio che influisce sia su eventi estremi come alluvioni, sia su periodi di siccità prolungata, come abbiamo visto negli ultimi anni con il fiume Po e altre regioni italiane”.
Quali politiche sono necessarie per combattere il cambiamento climatico?
“Le politiche nell’immediato sono due: mitigazione e adattamento. La mitigazione riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra, con l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi. Questo richiede la riduzione dell’uso dei combustibili fossili, responsabili del cambiamento climatico. Ho detto ‘nell’immediato’ perché, anche se smettessimo subito di emettere gas serra, ci vorrebbero decenni per vedere una riduzione della pressione sull’atmosfera. Conseguentemente, la seconda politica da mettere subito in atto è l’adattamento. Ossia: rendere i territori più resilienti agli eventi naturali, cercando di minimizzare i danni. Dobbiamo adattare le nostre infrastrutture e i nostri territori per far fronte a questi fenomeni sempre più frequenti e intensi affinché si riducano al minimo vittime e danni materiali”.
Qual è il messaggio principale che Legambiente vuole trasmettere?
“Il messaggio chiave è che non possiamo più mantenere un piede in più scarpe. Dobbiamo fare delle scelte decise e abbandonare soluzioni come i combustibili fossili o il nucleare, che hanno contribuito alla situazione attuale. Questo vale sia per le politiche globali che per le scelte quotidiane dei cittadini. Dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza e imparare a convivere con questi fenomeni. Ciò richiede un cambiamento culturale, non solo tecnologico”.
Può fare un esempio concreto?
“Certo. Un esempio è la mobilità sostenibile: non si tratta solo di passare dalle auto a combustione interna a quelle elettriche, ma di cambiare il nostro modo di muoverci, incentivando il trasporto pubblico e la mobilità condivisa. Inoltre, un altro cambiamento fondamentale riguarda l’uso del suolo. È necessario fermare la cementificazione e favorire la permeabilità del terreno per ridurre i rischi idrogeologici. Fermare il consumo di suolo è una misura a costo zero che potrebbe prevenire disastri naturali amplificati dalle piogge intense”.
Qual è il messaggio principale che Legambiente vuole trasmettere in questa giornata affinché i cittadini possano partecipare attivamente?
“Dobbiamo essere consapevoli che ogni nostra scelta quotidiana ha un impatto e che possiamo fare la differenza se scegliamo azioni sostenibili”.