La “manipolazione relazionale” è la seduzione psicologica, abile e sottile, che alcuni esercitano sulle loro vittime per poterle soggiogare. Sfruttando l’elemento affettivo ed emozionale, la loro circonvenzione avviene soprattutto attraverso la parola, con minor ricorso alla forza e alla violenza fisica. La violenza esercitata, infatti, è psicologica: si presentano come persone positive e affabili, poi, conquistata la fiducia del prossimo, lo rendono dipendente. Gli effetti, sul fisico e sulla psiche della vittima, sono devastanti; possono condurre a disturbi alimentari, stress, depressione, autolesionismo e istinto suicidario.
Il manipolatore relazionale, quindi, è quell’individuo, uomo o donna che, attraverso un comportamento ingannevole, in crescendo, dalla seduzione affabile al dominio anaffettivo, tende a schiavizzare l’altro. La fattispecie più comune si riscontra nel rapporto di coppia ma la dipendenza che il “controllore” genera, insieme alla paura, al senso di colpa e all’isolamento che produce, si ricollegano a tutte le forme di relazione sociale (anche tra genitori e figli). Egli, nell’ambiente lavorativo sprigiona altra forza devastante ed emargina i colleghi, riducendo l’autostima, gli obiettivi e le potenzialità professionali. Fenomeni come il bossing e il mobbing si fondano anche su questi raggiri psicologici.
Il narcisista manipolatore è colui che tiene in scacco l’altro. Da parassita, dissangua, estenuando la vittima; si avvinghia ai “talloni d’Achille”, fisici e psicologici, del prossimo e ne succhia la linfa vitale; disorienta con atteggiamenti contraddittori e incomprensibili di avvicinamento e distacco, alternando anche una dialettica di esaltazione e di adulazione, salvo poi denigrare e screditare.
Le strategie che usa sono molteplici, spesso combinate, e anche i danni arrecati sono di vario tipo. Il manipolatore lava cervelli, dirotta personalità e caratteri, stati d’umore e aspetti comportamentali. Narcisisti, psicopatici e manipolatori sono intrisi di egoismo e prosciugano le vittime che incrociano, sino a levarle soldi, fiducia, voglia di vivere, autostima, capacità critica, responsabilità e aspettative. L’assunto principale del loro comportarsi, nasce dalla certezza di essere esente da peccato e che questo sia presente, invece, nella persona che frequentano, a cui addossare responsabilità e sensi di colpa.
Altra tipologia classica del narcisista, che dimostra, nella varietà dei comportamenti, una sostanziale somiglianza con gli altri come lui, è anche il cosiddetto “trattamento del silenzio”, passivo e attivo, che lascia nell’incertezza assoluta.
Nella follia comportamentale e cognitiva, chi plagia tende a imporre i comandi più insensati, riguardanti l’abbigliamento da indossare, la possibilità di uscire; concerne anche le (poche) persone da frequentare poiché l’obiettivo è di segregare, di chiudere e di realizzare una condizione di non esistenza, di non vita. Il web amplifica la diffusione di tale pratica, sia nei confronti degli adulti sia dei giovani.
La vittima, indifesa, presa in un momento di fragilità, conserva sempre la speranza che l’atteggiamento “tossico” possa finire ma, spesso, è un’illusione che condanna maggiormente alla fine. I “campanelli d’allarme” sono quelli spesso sottovalutati. Si tratta di una forma di aggressività che, quando non arriva alle forme fisiche, si sviluppa sinuosa nella mente della vittima e ne pretende la soppressione mentale e psicologica, nutrendosi dell’aver condotto, in condizione da vegetale, il prossimo.
Cercando nella Rete, è possibile trovare numerose storie (soprattutto femminili) di persone profondamente lacerate da colui/colei che giudicavano come il grande amore. La delusione si aggiunge alle ferite, fisiche e psichiche, subite. Nel rapporto così avvelenato, una parte giudica l’altra come una sanguisuga e responsabile del male arrecato. Occorre sempre valutare se la “campana” sia attendibile e ascoltare anche la versione dell’altra parte, per sottoporre il caso a specialisti del settore e capire ove e come risolvere.
Papa Francesco ricorda “Un buon discernimento richiede anche la conoscenza di se stessi. Conoscere se stesso. E questo non è facile. Il discernimento infatti coinvolge le nostre facoltà umane: la memoria, l’intelletto, la volontà, gli affetti. […] Conoscere se stessi non è difficile, ma è faticoso: implica un paziente lavoro di scavo interiore. Richiede la capacità di fermarsi, di ‘disattivare il pilota automatico’, per acquistare consapevolezza sul nostro modo di fare, sui sentimenti che ci abitano, sui pensieri ricorrenti che ci condizionano, e spesso a nostra insaputa. Richiede anche di distinguere tra le emozioni e le facoltà spirituali. ‘Sento’ non è lo stesso di ‘sono convinto’; ‘mi sento di’ non è lo stesso di ‘voglio’. Così si arriva a riconoscere che lo sguardo che abbiamo su noi stessi e sulla realtà è talvolta un po’ distorto. […] Per questo, cari fratelli e sorelle, è importante conoscersi, conoscere le password del nostro cuore, ciò a cui siamo più sensibili, per proteggerci da chi si presenta con parole suadenti per manipolarci, ma anche per riconoscere ciò che è davvero importante per noi, distinguendolo dalle mode del momento o da slogan appariscenti e superficiali”.
Enrica Perucchietti, filosofa, giornalista, scrittrice, e Gianluca Marletta, insegnante di religione, sono gli autori del volume dal titolo “La fabbrica della manipolazione” (sottotitolo “Come difendersi dal condizionamento mentale”), edito da “Arianna editrice” nel marzo scorso. Si tratta di un volume in cui i due autori pongono in rilievo l’atteggiamento, persuasivo e condizionante, della società contemporanea in cui la democrazia perde il suo vero significato; in tale contesto, la propaganda mediatica e quella dei social contribuiscono, sempre più, a creare individui in fotocopia, senza capacità critica, senza morale e spirito.
Il 18 maggio scorso, il sito nonsprecare.it “consigli per vivere meglio – tutto per uno sviluppo sostenibile”, al link https://www.nonsprecare.it/cause-narcisismo-patologico-sindrome-selfie-instagram, riporta alcuni dati “Il 6 per cento della popolazione italiana soffre di un disturbo narcisistico, e il 75 per cento di queste persone sono maschi. Siamo circondati dai narcisisti. Abilissimi manipolatori, che esprimono una vera e propria cultura dell’io, dilagante in un’epoca nella quale tutti spingono molto sull’esibizione e sull’autopromozione”.
Un aspetto inquietante: accanto a studi, lavori e appelli affinché non si finisca vittime, vi è una “corrente” decisamente contraria. Esistono, infatti, libri che, esplicitamente, sono scritti pubblicizzati e venduti come manuali di tecniche ritenute infallibili per persuadere e influenzare il comportamento del prossimo.
La costruzione della personalità si sviluppa in modo non sempre equilibrato, alternando momenti di equilibrio e altri di disagio, tra sopravvalutazioni e sottovalutazioni. La crescita morale si dimostra nel sapersi misurare con i conflitti, con i rischi, nel saper attutire le frustrazioni e imparando da queste, nel saper instaurare un dialogo proficuo con il prossimo. È nei momenti di maggior fragilità, fisiologici all’essere umano, che si è più a rischio per episodi di discriminazione e di sopraffazione, dove il manipolatore trova un terreno fertile.
L’autostima, il comportamento, l’autocontrollo, l’empatia si fondano su sani rapporti di interazione con il prossimo, in una costruzione reciproca. Diversa è la fattispecie in cui l’atteggiamento prevaricatore distrugge e polverizza gradualmente la personalità altrui. Talvolta, l’azione denigratoria e frastornante è davvero tale che la vittima è addirittura in confusione al punto di ritenersi essa stessa come presunta manipolatrice. Alcune persone sono giunte a un punto davvero basso della consapevolezza e della dignità che tendono, addirittura, a giustificare il loro aggressore, accettando di essere punite. A volte, il manipolatore è egli stesso una persona debole e insicura, che pone in atto un atteggiamento contraddittorio per difesa e non comprende, del tutto, il malessere che sta arrecando al prossimo e, in fondo, anche a se stesso. Trascina, nel buio, l’alter e l’ego.
Senza tracimare nell’egocentrismo, è opportuna una sana consapevolezza di sé e delle proprie capacità. Gli inviti dei “motivatori” spingono a evidenziare come la persona più importante della propria vita sia essa stessa ma, un’iperbole di questo porsi al centro di tutto, può costituire, paradossalmente, la premessa per sconfinare, da una posizione di costruzione, a una di costrizione. Il provetto manipolatore, infatti, nasce da un’ipervalutazione di se stesso e si pone al centro di tutto. Amare se stessi non deve sconfinare nell’idolatrare se stessi. Né esaltarsi né autopunirsi per tutto.
L’altruismo è l’antidoto al condizionamento e al narcisismo: infonde sicurezza e solidarietà. L’isolamento è il fine ultimo di ogni manipolatore: l’obiettivo è la disgregazione dei rapporti e il nutrirsi delle energie altrui; l’inclusione, bene che non conosce, è agli antipodi dell’egoismo. Isolare e dividere nel mondo contemporaneo, questa è la ricetta diabolica che distrugge, alfine, tutti: carnefici e vittime.