I militari dell’Idf, oltrepassando la “Linea Blu”, che stabilisce il confine tra Israele e Libano, con una serie di incursioni che il portavoce dell’esercito, Daniel Hagari, ha definito “mirate, localizzate e limitate”, hanno ufficialmente aperto un nuovo fronte nell’area mediorientale che, a poche ore di distanza dal primo anniversario degli attacchi di Hamas sulla popolazione civile israeliana, sta facendo aleggiare scenari ancora più nefasti di quelli a cui eravamo abituati fino a poco tempo fa. Dopo l’inizio dell’operazione di terra delle forze armate israeliane in Libano, la popolazione civile, sta pagando il prezzo più alto della guerra tanto che, ad oggi, ci sono stati più di 1700 morti e 1500 attacchi, i quali hanno costretto 100 mila persone ad abbandonare le proprie case recarsi in campi di accoglienza.
L’azione di Coopi
In questo contesto molto difficile, diverse organizzazioni umanitarie, stanno operando al fine di lenire il piu possibile le sofferenze della popolazione civile inerme. Una di queste, attiva in Libano, è Coopi la quale, è una organizzazione umanitaria italiana fondata nel 1965. In quasi 60 anni, ha realizzato più di 3.000 progetti in 74 Paesi del mondo, sostenendo 125 milioni di persone e impiegando 5400 operatori espatriati e 68mila operatori locali. Oggi, in particolare, COOPI è presente in 33 nazioni di Africa, Medioriente, America Latina e Caraibi, nonché in Italia, con 239 progetti umanitari che raggiungono più di 7 milioni di persone. L’organizzazione lavora per rompere il ciclo delle povertà e accompagnare verso la ripresa e lo sviluppo duraturo e sostenibile le popolazioni colpite da guerre, crisi socioeconomiche e disastri naturali. Interris.it, in merito all’attuale situazione umanitaria in Libano e all’azione di Coopi sul campo, ha intervistato Concetta Bianco, Program Manager di COOPI – Cooperazione Internazionale.
L’intervista
Bianco, qual è la situazione umanitaria della popolazione civile in Libano dopo l’innalzamento della tensione con Israele?
“La situazione umanitaria del Libano, in questo momento, è molto difficile. I bombardamenti sono incessanti e proseguono giorno e notte, sia nella capitale Beirut che in altre aree del Sud e dell’est del Paese. La popolazione civile, pertanto, è continuamente tormentata ed è costretta a fuggire dalle proprie case nel giro di pochissimi minuti. Non sempre però, i civili, ricevono una notifica di evacuazione e, spesso, riescono a fuggire solamente con i vestiti che hanno indosso, senza poter portare con loro altri beni di prima necessità. Allo stato attuale, il conflitto in corso ha causato oltre 1700 vittime, tra cui vi sono centinaia di donne e bambini. Inoltre, secondo i dati dell’ufficio degli affari umanitari delle Nazioni Unite, ci sono 9800 persone ferite, tra cui anche personale medico.”
Negli ultimi giorni gli sfollati stanno aumentando. Come si sta attivando il sistema di accoglienza libanese?
“I numeri degli sfollati continuano a crescere incessantemente: stiamo parlando di persone che hanno visto distruggere le loro case e, i più fortunati tra loro, riescono ad affittare abitazioni in zone più sicure, altre invece vengono accolte all’interno di scuole, rifugi ed altri centri di accoglienza temporanea che, il governo libanese, insieme alle associazioni umanitarie, sta attivando. Un numero variabile tra i 100 e i 150 mila libanesi e cittadini siriani, stanno tornando verso la Siria. In particolare, occorre ricordare che, per i rifugiati siriani, il Libano costituiva il primo paese di accoglienza e, un milione e mezzo di loro, dopo essere fuggiti dalla guerra nel loro paese, si ritrovano ad essere bombardati nuovamente. Il frangente che stiamo vivendo è veramente drammatico.”
Come si sta connotando l’azione di Coopi sul campo?
“In qualità di operatori umanitari di Coopi, stiamo operando in un centro di formazione professionale nel sud del Libano, in particolare nel governatorato di Sayda e in due scuole a pochi chilometri da Tripoli, ovvero la seconda città del paese per grandezza dopo Beirut. In questo frangente, tutti e tre i centri sono stati adibiti a rifugi e, negli ultimi giorni, abbiamo accolto circa 2000 persone, garantendo loro due pasti caldi al giorno attraverso l’utilizzo di cucine mobili comunitarie, con una proiezione temporale di tre mesi. Inoltre, ci stiamo muovendo per ampliare il nostro intervento, sia per coprire maggiori rifugi che per fornire altri tipi di beni. Ciò però non è abbastanza ed abbiamo ancora bisogno di aiuto.”
Quali sono i vostri auspici per il futuro? In che modo, chi lo desidera, può sostenere il vostro operato?
“Ci auguriamo che ci sia un immediato cessate il fuoco ed una risoluzione a livello politico e diplomatico. Auspichiamo che le Nazioni Unite possano trovare una soluzione efficace, duratura e il più rapida possibile. La nostra priorità è quella di proteggere la vita della popolazione civile e far cessare la sofferenza di donne, bambini e uomini. Ora guardiamo al presente e continuiamo ad aiutare le persone la cui vita, in pochissime ore, è stata devastata. Chiunque voglia aiutarci può farlo sostenendo le nostre attività in maniera concreta grazie ad una raccolta fondi attivata sul nostro sito web. Ciò può supportarci in maniera concreta per agire e reagire di fronte a questa grave crisi umanitaria.”