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Impagliazzo (Sant’Egidio): “Immigrazione: non un problema da subire, ma un’opportunità da cogliere”

Per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, Interris.it ha intervistato Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio

Oggi, domenica 24 settembre, la Chiesa e il mondo celebrano la 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Il titolo scelto quest’anno da Papa Francesco è “Liberi di scegliere se migrare o restare”.

I flussi migratori dei nostri giorni – esordisce Papa Francesco nel suo messaggio dedicato alla Giornata odierna – sono espressione di un fenomeno complesso e articolato, la cui comprensione esige l’analisi attenta di tutti gli aspetti che caratterizzano le diverse tappe dell’esperienza migratoria, dalla partenza all’arrivo, incluso un eventuale ritorno. Con l’intenzione di contribuire a tale sforzo di lettura della realtà, ho deciso di dedicare il Messaggio per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato alla libertà che dovrebbe sempre contraddistinguere la scelta di lasciare la propria terra”.

Sono molteplici le cause che spingono milioni di persone a lasciare le proprie terre e la propria famiglia alla ricerca di un luogo migliore. Una speranza che spesse volte finisce in fondo al mare. Ma che, grazie all’aiuto di associazioni e volontari, può avere un lieto fine.

La Comunità di Sant’Egidio: da 40anni accanto ai migranti

Ne è un’esempio la Comunità di Sant’Egidio fondata a Roma nel 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi. Questi, nel clima di rinnovamento del Concilio Vaticano II, riunì un gruppo di liceali per ascoltare e mettere in pratica il Vangelo. Nel giro di pochi anni la comunità si diffuse molte Nazioni e si concretizzò in attività a favore degli emarginati per fronteggiare molteplici situazioni di povertà e disagio: anziani soli e non autosufficienti, persone senza fissa dimora, malati terminali, nomadi, portatori di handicap, tossicodipendenti, famiglie povere, carcerati e minori in stato di bisogno. E’ a fianco dei migranti dall’inizio degli anni Ottanta.

Per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, Interris.it ha intervistato Marco Impagliazzo, professore ordinario di Storia contemporanea
all’Università di Roma Tre e attuale Presidente della Comunità di Sant’Egidio.

Marco Impagliazzo con dei rifugiati del Pakistan. Foto: Com. di Sant’Egidio

L’intervista a Marco Impagliazzo di Sant’Egidio

Qual è l’importanza di aver istituito nella Chiesa cattolica una giornata mondiale dedicata ai migranti e ai rifugiati?

“Da tanti anni la Chiesa dedica grande attenzione al tema delle migrazioni e lo dimostra il fatto che siamo alla 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Nel messaggio di quest’anno, ‘Liberi di scegliere se migrare o restare’, papa Francesco invita a osservare con realismo ma anche con umanità questo fenomeno epocale. Più di una volta Bergoglio ha definito le migrazioni ‘un segno dei tempi’. E per questo occorre un approccio coraggioso e lungimirante, non dettato da contingenze o calcoli politici, per dare una risposta a chi è costretto a lasciare il proprio paese a causa di condizioni di vita insostenibili, come guerra, miseria, calamità naturali, ma che poi rappresenta un’opportunità per la società che lo accoglie, non solamente un problema da gestire”.

Lampedusa porta d’Europa: quali sono le cause dell’attuale crisi migratoria?

“Un concentrato di fattori, a cui anche la guerra in Ucraina contribuisce pesantemente, a dimostrazione di come in un’epoca globale come la nostra la guerra provochi conseguenze tragiche anche a migliaia di chilometri di distanza e che, per il bene di tutti, è fondamentale trovare presto una via d’uscita dal conflitto. In tante società africane l’aumento dei prezzi dell’energia e dei cereali ha portato a un ulteriore impoverimento della popolazione, ingrossando le fila di chi – in assenza di canali legali – si mette nelle mani dei trafficanti. Certamente le guerre e le crisi politiche in alcuni Paesi africani, come in Sudan o nella fascia del Sahel, spingono la gente a scappare. Ma a costringere all’esodo sono anche i disastri ambientali. Colpisce che nel più grave naufragio di quest’anno, a Kalamata in Grecia, metà delle 600 vittime provenivano da un paese, il Pakistan, colpito recentemente da devastanti alluvioni”.

Migranti e integrazione: come passare dall'”io” al “noi”?

“Nella festosa udienza ai rifugiati giunti con i corridoi umanitari dello scorso 18 marzo, Papa Francesco ha affermato: ‘Integrare è parte della salvezza’. È verissimo: quanti di quei rifugiati, che sono stati accolti e adesso sono integrati, contribuiscono al bene della società che li ha accolti, delle famiglie, i cui membri più fragili accudiscono con amore. Penso a Anna, una giovane mamma originaria di Aleppo, cristiana, che dopo essere stata travolta dalla guerra in Siria, è arrivata a Roma con i corridoi umanitari e adesso lavora come badante presso un’anziana italiana. In Italia risiedono già da molti anni più di 5 milioni di migranti regolari che vivono con noi, lavorano, costruiscono il loro futuro in Italia: è necessario prenderne coscienza e uscire dalla logica ‘noi’ – ‘loro’. Si tratta di vivere veramente insieme”.

Cosa attua la Comunità di Sant’Egidio per i rifugiati?

“Sant’Egidio è a fianco dei migranti dall’inizio degli anni Ottanta. Accogliamo chi è giunto da poco in Italia o negli altri paesi europei dove è presente la Comunità, ma soprattutto lavoriamo per l’integrazione: le scuole di lingua e cultura italiana, presenti in numerose città, a partire da Roma, rappresentano per molti immigrati la porta per conoscere e capire tanti aspetti della nostra società. In queste scuole, totalmente gratuite grazie all’impegno di molti volontari, migliaia di persone sono state aiutate a inserirsi nel mondo del lavoro e più in generale nel tessuto sociale in cui vivono. Alcune tra loro fanno oggi i mediatori culturali, altre si impegnano come volontari per aiutare i nuovi arrivati. C’è poi il grande lavoro dei corridoi umanitari: 6400 persone accolte dal 2016, grazie a tante famiglie italiane che continuano a offrire le loro case. Accoglienza e integrazione sono le chiavi per affrontare con intelligenza questo fenomeno epocale”.

Mediterraneo mare di speranza e di morte. Secondo l’Oim, dal 2014 a oggi sono morti o sono andati dispersi oltre 26.000 migranti. Cosa chiede la Comunità all’Europa dinanzi alle morti in mare dovuti ai cosiddetti “viaggi della speranza”?

“L’Italia è il paese che salva più vite e con più arrivi nell’area mediterranea. Deve essere sostenuta di più economicamente dall’Europa, per salvare e non solo per controllare, come ci si sta limitando a fare ormai da tempo. Infine occorre spezzare il meccanismo dei pericolosi viaggi nel Mediterraneo e puntare su un’immigrazione regolare e gestita che può essere un’opportunità. Tutto questo va fatto presto, perché non si può gestire il fenomeno dell’immigrazione al rallentatore e con troppa burocrazia. Per paura di reazioni spesso si preferisce l’immobilismo e le morti in mare aumentano”.

Corridoi umanitari dal Pakistan. Foto: Com. di Sant’Egidio

Quale conclusione possibile?

“L’immigrazione va sottratta alla strumentalizzazione politica e affrontata non come un problema da subire, ma un’opportunità da cogliere. È urgente farlo non solo a beneficio dei cittadini stranieri che scelgono il nostro Paese come luogo di residenza e lavoro, ma anche delle famiglie e delle imprese italiane. Penso in particolare ai 20mila minori non accompagnati attualmente ospiti nei centri di accoglienza. Sono una risorsa e un valore aggiunto in un paese che sta diventando sempre più anziano e che soffre di una grave crisi demografica. Andrebbero considerati come nostri figli. Non si può accettare che molti tra loro passino la giornata senza far niente: servono scuola e avviamento al lavoro”.

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