L’Afghanistan, un anno dopo il ritorno al potere dei talebani, è un Paese povero, dove la popolazione, più della metà composta da minorenni, non ha pressoché accesso a cibo nutriente e in sufficienti quantità, flagellato dalla guerra, dalle mine inesplose, dalle malattie come colera e morbillo, dalla malnutrizione e dall’estrema difficoltà di far arrivare a quelle genti gli aiuto umanitari di cui hanno bisogno. Non è un paese per bambini, l’Afghanistan, perché quasi 13 milioni di loro, cioè tre bambini afghani su cinque, hanno bisogno di aiuti umanitari, e sono vittime di gravi violazioni dei loro diritti. E con il divieto per le ragazze di accedere all’istruzione secondaria, l’economia di quella che lo scorso anno era la terza emergenza umanitaria nel mondo, insieme a Yemen e Siria, rischia di perdere ulteriori due punti e mezzo percentuali di Pil.
Indicatori peggiorati
Nello stato asiatico che dall’agosto del 2021 è nuovamente sotto il regime talebano, il 97% della popolazione vive in povertà, secondo una recente analisi del fondo per l’infanzia delle Nazioni unite (Unicef), il 92% non ha accesso a quantità di cibo sufficiente e nutriente, nonostante la pressoché totalità del reddito delle famiglie sia speso per l’alimentazione. Nel giro di un anno tutti gli indicatori, che erano già di per sé drammatici, sono peggiorati, spiega a Interris.it il portavoce di Unicef Italia Andrea Iacomini. “L’Afghanistan non è ‘solamente’ un Paese povero. Già lo scorso anno, quando per qualche giorno i riflettori si sono accesi prevalentemente sulla situazione militare e politica in via di sviluppo, era la terza emergenza umanitaria a livello mondiale, e oggi tutti gli indicatori sono peggiorati. Diciotto milioni di persone dovevano ricevere aiuti umanitari, nove milioni erano senza acqua potabile, quattro milioni di bambini – la metà bambine – su 13 in età scolare non andavano a scuola, c’erano sfollati e famiglie divise, tanta malnutrizione, casi di colera e di morbillo. Oggi le persone in emergenza umanitaria sono 25 milioni, 12,9 milioni di bambini, e 15 milioni soffrono di malnutrizione. I casi di colera e morbillo sono raddoppiati, mentre ben quattro milioni di bambine non vanno a scuola”, illustra Iacomini.
Vittime delle mine e dello sfruttamento
I bambini sono purtroppo al centro di una crisi multidimensionale, come l’ha definita il rappresentante dell’Unicef in Afghanistan Mohamed Ayoya, complessa, che li vede ancora vittime degli ordigni, costretti a interrompere gli studi, indirizzati verso il lavoro minorile per poter aiutare economicamente le loro famiglie. Solo nei primi sei mesi del 2022, infatti, si sono verificati 56 attacchi contro delle scuole e 11 contro degli ospedali, mentre 141 bambini sono stati uccisi e 318 bambini sono rimasti mutilati, “vittime delle mine inesplose e della guerriglia che ancora agisce nel Paese”, precisa Iacomini. Riguardo il lavoro minorile, il 13% delle famiglie ha almeno un minore tra i 6 e i 17 anni che lavora in difficili condizioni perché, continua il portavoce di Unicef Italia, “con un tasso di povertà così alto, le famiglie sono costrette a farli lavorare, ma così loro non vanno a scuola né partecipano alla vita civile”.
Ragazze senza istruzione
L’Afghanistan, riferisce sempre il fondo Onu per l’infanzia, è l’nico al Paese al mondo dove l’istruzione femminile si ferma fuori dalla porta delle scuole secondarie, in base a una decisione governativa risalente allo scorso 23 marzo. Una scelta che grava non solo sul presente delle giovani afghane, private di un diritto umano, ma che secondo stime dell’Unicef inciderà notevolmente anche sul futuro del Paese, privandolo del 2,5% del suo prodotto interno lordo annuale. Se l’attuale gruppo di 3 milioni di ragazze fosse in grado di completare l’istruzione secondaria e di partecipare al mercato del lavoro, le ragazze e le donne contribuirebbero all’economia dell’Afghanistan per almeno 5,4 miliardi di dollari, spiega infatti Unicef. Ma la decisione del governo, afferma Iacomini, “toglie all’Afghanistan insegnanti, infermieri, medici e società civile. Le ragazze non possono infatti fare progetti per il futuro all’interno della società, non lavorano e non fanno circolare l’economia, bensì contraggono matrimoni precoci o sono vittime di sfruttamento e di abusi”.
Le cause dei matrimoni precoci
Il 28% delle ragazze afghane si sposa prima dei 18 anni, “un dato fondamentale in aumento” – illustra Iacomini – “e il 12% dei casi riguarda giovanissime tra i 12 e i 15 anni”. Le cause del fenomeno sono diverse e profonde, spiega il portavoce di Unicef Italia: “Non sono legate solo allo stigma sociale, che conosciamo come parte della storia del paese, ma anche alla crisi e alla povertà generale. Per cui le famiglie si trovano costrette a vendere le loro figlie per i matrimoni precoci”. “In precedenza c’erano movimenti di donne che denunciavano gli abusi, ma oggi ci si nasconde perché si ha timore di diventare vittime di aggressioni”, aggiunge.
Salute e malnutrizione
Un ulteriore, importante, danno alle giovani afghane è che, non andando a scuola, sono più difficilmente raggiungibili dall’Unicef, come dalle altre organizzazioni umanitarie, per ricevere consigli e indicazioni igienico-sanitarie. “In una situazione sanitaria al collasso come questa ci è più problematico raggiungerle nelle case, così non possiamo fare prevenzione né istruirle sulle buone pratiche igienico-sanitarie”, spiega il portavoce di Unicef Italia, “e dove mancano consapevolezza e prevenzione, le ragazze sono più esposte e finiscono per incidere maggiormente sul sistema sanitario”. Delicata, sempre sul fronte sanitario, la situazione complessiva dei bambini in Afghanistan, con il numero dei bambini ricoverati per malnutrizione acuta raddoppiato nel giro di un anno, dai 30mila del giugno 2021 ai 57mila dello stesso mese del 2022. Un milione di bambini, il 58% maschi e il 42% femmine, è a rischio di malnutrizione acuta grave.
La scarsità di fondi
In questo anno, Unicef non ha fatto mancare il suo apporto ai bambini e ai ragazzi afghani, ma le risorse non bastano e c’è molto ancora da fare. Circa 457 bambini hanno ricevuto cure contro la malnutrizione acuta grave, quasi due milioni e mezzo sono stati vaccinati contro il morbillo, quasi un milione di bambini e coloro che li assistono hanno ricevuto sostegno psicosociale, 5,3 milioni di bambini hanno ricevuto supporto per accedere all’istruzione e 135mila famiglie hanno ricevuto supporto economico. Iacomini però lancia un accorato appello: “Mancano i fondi per continuare a rispondere alle esigenze dei bambini e delle loro famiglie, questo anche perché, a parte quei giorni dell’agosto 2021, manca la possibilità di raccontare l’Afghanistan”. Al 31 luglio infatti, l’Unicef ha ricevuto solo il 40% dei fondi totali richiesti necessari per il 2022 per le sue attività nel Paese.