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La testimonianza di Francesco a “nonna Europa”: inclusione per rifugiati e migranti

Temi e significati del 46° viaggio apostolico di Francesco in Belgio e Lussemburgo, sedi delle istituzioni finanziarie e amministrative dell'Ue

Messaggio all’Europa. Oggi il Papa, dopo l’incontro con i professori  all’Università Cattolica di Lovanio, incontrerà anche un gruppo di giovani rifugiati. Secondo gli ultimi dati del Global Trends Unhcr, i rifugiati accolti nei paesi dell’Ue (più Norvegia e Svizzera) sono 2 milioni e 441.545. Ovvero ogni 100mila residenti europei ci sono 463 migranti ai quali è riconosciuta una forma di protezione internazionale. E’ un viaggio-monito a “nonna Europa” (non c’è futuro senza inclusione) quello che Francesco sta compiendo ad appena due settimane dalla missione in Asia e Oceania, la più lunga di sempre. Un viaggio, ricco di gesti e di incontri dal sapore ecumenico e di auspicio di pace. A Giacarta, in Indonesia, Jorge Mario Bergoglio ha incontrato il mondo islamico, lanciando un forte appello a costruire più “tunnel dell’amicizia.” In Papua Nuova Guinea e Timor Est, come ricordato dal programma di Rai 3 “Sulla Via di Damasco”, hanno risuonato concetti come “riconciliazione“, “farsi piccoli davanti a Dio”, “lotta per lo sviluppo”. Una missione pastorale per il dialogo e la pace, conclusa a  Singapore, l’isola-stato dei modernissimi grattacieli, dove il Pontefice ha sottolineato l’importanza dell’amore come fondamento di ogni progresso. In Belgio e Lussemburgo, invece, risuona l’esortazione del Papa durante l’ultima settimana sociale di Trieste, a pensarsi di più come “popolo” per una democrazia dal cuore risanato.

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archivio Image / Cronaca

Viaggio in Europa

Alla vigilia della missione in Lussemburgo e Belgio, il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, ha illustrato i dettagli del viaggio: “Il tema della pace è centrale in un momento in cui il continente rischia di essere nuovamente trascinato in un conflitto“. Dai confini del mondo, al cuore dell’Europa, commenta Salvatore Cernuzio (Vatican News). Lussemburgo e Belgio. Due Paesi, crocevia della storia del Vecchio Continente e centri delle istituzioni europee. Francesco li visita su invito dei Gran Duchi e dei Reali, andando a portare una parola sui temi della pace, delle migrazioni, dell’emergenza climatica, del futuro dei giovani. “Senza dimenticare questioni di attualità ecclesiale. Quali il ruolo del cristianesimo in società in balia di secolarizzazione e indifferenza. E il contributo dell’educazione cristiana. Infatti il 600° anniversario dell’Università Cattolica di Lovanio, fondata nel 1425 è uno dei motivi del viaggio)”, osserva Cernuzio. “Con il 46° viaggio internazionale di Francesco, diventano 67 i Paesi visitati dall’inizio del pontificato – spiega la vaticanista dell’Ansa,  Il Papa nel cuore dell’Europa, anche se in primo piano non sono le istituzioni europee, già visitate nel novembre del 2014 con il suo viaggio a Strasburgo.

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Bandiere Ue. Foto di Pexels da Pixabay

Temi e tappe

L’attenzione è per i due piccoli ma allo stesso tempo fondamentali Paesi del continente europeo, il Lussemburgo e il Belgio. Dove i temi di fondo sono la pace, il clima, le migrazioni. La sfida del Papa è anche parlare dell’annuncio cristiano e del ruolo della Chiesa in due Paesi dove il peso della religione è molto calato rispetto al passato”. Un momento centrale della tappa in Belgio sono le due visite appunto all’Università Cattolica di Lovanio in occasione dei 600 anni dalla fondazione. Dal 1968 sono due le sedi: la Katholieke Universiteit Leuven, di lingua olandese (situata a Lovanio) e l’Université catholique de Louvain, di lingua francese (situata a Louvain-la-Neuve). Lovanio è considerata nel mondo cattolico la fucina delle menti più progressiste. Ha studiato in quelle aule il gesuita Georges Henri Joseph Édouard Lemaître, autore della teoria del Big Bang. Ma viene da questa realtà accademica anche Gustavo Gutierrez, peruviano, oggi 96enne, considerato il padre della teologia della liberazione. L’Università inoltre negli ultimi anni si è attirata le critiche dei cattolici più conservatori per le sue posizioni sul fine vita e sull’aborto. Al viaggio non è presente il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, a New York per rappresentare la Santa Sede alla 79ª Assemblea Generale dell’Onu. Sono nel seguito i cardinali Robert Francis Prevost, prefetto del Dicastero per i Vescovi e Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi. In vista della beatificazione di una mistica carmelitana domenica durante la messa allo stadio di Bruxelles

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Credit: SAVERIO DE GIGLIO

Accoglienza

Nei 53 Paesi della Regione europea Oms ci sono circa 90,7 milioni di migranti internazionali, che rappresentano circa il 10% della popolazione (920 milioni). In occasione del Forum Globale sui Rifugiati che si è svolto a Ginevra, l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, evidenzia i dati del Rapporto sugli indicatori del Patto Globale sui Rifugiati che mostrano i progressi sostenuti su quattro obiettivi chiave. E cioè alleggerire la pressione sui Paesi ospitanti. Migliorare l’autosufficienza dei rifugiati. Ampliare l’accesso alle soluzioni dei Paesi terzi. E sostenere le condizioni nei Paesi d’origine. Il documento valuta i progressi compiuti negli ultimi anni. E offre indicazioni per colmare le lacune in materia di istruzione, occupazione e inclusione. Sono 110 milioni le persone costrette alla fuga a livello mondiale, 1,6 milioni in più rispetto alla fine del 2022.  La condivisione delle responsabilità rimane altamente iniqua. Il 55% dei rifugiati è ospitato in soli 10 Paesi. E cioè Iran (3,4 milioni), Turchia (3,4 milioni). Germania (2,5 milioni), Colombia (2,5 milioni), Pakistan (2,1 milioni). Uganda (1,5 milioni). Federazione Russa (1.2 milioni), Polonia (989.900), Perù (987.200), Bangladesh (961.800). La maggior parte (il  69%) delle persone in fuga da conflitti e persecuzioni rimane nei pressi del proprio Paese d’origine. I numeri confermano che, sia in base a misure economiche che in rapporto alla popolazione, sono sempre i paesi a medio e basso reddito ad ospitare la maggior parte delle persone in fuga (75%). I 46 paesi meno sviluppati rappresentano meno dell’1,3% del prodotto interno lordo globale. Eppure ospitano più del 20% di tutti i rifugiati.

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Foto di Anne Nygård su Unsplash

Sos protezione

I bisogni delle persone costrette alla fuga continuano a superare le soluzioni, anche per quanto riguarda i ritorni volontari e i finanziamenti disponibili. Dal 2016 al 2022 per ogni rifugiato che ha trovato una soluzione duratura alla propria situazione – ad esempio attraverso il reinsediamento, il ritorno volontario nel paese d’origine o l’integrazione nel paese dove ha trovato protezione – altre cinque persone in media sono state costrette a fuggire. “Oggi i bisogni dei rifugiati nel mondo superano ampiamente le risorse finanziarie a disposizione. Le conseguenze di questo gap sono gravi e riguardano non solo le persone in fuga ma anche le comunità e i paesi che li ospitano”, spiega Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. E aggiunge: “Questa carenza di fondi ci costringe a fare scelte impossibili sulle diverse crisi da affrontare. Oggi molte più persone sono costrette alla fuga a causa di conflitti e di violenze in Sudan, Sahel, Sud America e Asia. E sono spinte ad intraprendere viaggi pericolosi in cerca di salvezza attraverso il Mediterraneo. Dove in un anno si è raggiunto un nuovo record di sbarchi. O la regione di Darien a Panama, dove nel 2023, 250 mila tra uomini, donne e bambini hanno attraversato la giungla. Nel Golfo del Bengala, nel 2022, abbiamo registrato un incremento del 260% di Rohingya che rischiano la vita in fuga in mare per fuggire dal  Myanmar e Bangladesh principalmente. E il nuovo conflitto in Sudan ha generato poco meno di 2 milioni di rifugiati”. In questa emergenza globale Francesco sollecita anche nel suo viaggio nel cuore dell’Europa l’impegno a continuare a lavorare insieme. Per migliorare la vita di milioni di persone in fuga da guerre e violenze nel mondo.

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