Non c’è pace globale senza dialogo. Sos guerre “calde” e “fredde” (secondo l’espressione di Xi) tra conflitti geopolitici e commerciali. “Il mercato cinese non è facile ma non va abbandonato. Nonostante le riserve che abbiamo sull’accordo della Via della Seta che ha prodotto per la nostra industria meno vantaggi rispetto a Francia e Germania che non ne sono parte“, ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri. Antonio Tajani è intervenuto all’assemblea di Federmanager a Roma. La Cina ha prestato attraverso le sue istituzioni finanziarie 1.340 miliardi di dollari ai Paesi in via di sviluppo. Nel periodo 2000-2021. E in gran parte nell’ambito della Belt and Road Inititative. La Nuova Via della Seta lanciata dal presidente Xi Jinping nel 2013. Sono le ultime stime diffuse dai ricercatori di AidData. Istituto di ricerca sulla finanza allo sviluppo della “William and Mary University“, in Virginia. La Repubblica popolare è il più grande prestatore bilaterale al mondo. E ha progressivamente modificato la sua postura. Passando dalle infrastrutture ai prestiti di salvataggio. Le risorse erogate, riferisce l’Ansa, hanno toccato il picco di quasi 136 miliardi nel 2016. La Cina si è impegnata comunque a concedere quasi 80 miliardi in sovvenzioni e finanziamenti nel 2021. Ossia nell’ultimo anno esaminato in base ai dati sviluppati su una mole di quasi 21.000 progetti in 165 Paesi a basso e medio reddito che ne fanno il data base più completo del suo genere.
Tensione con Tokyo
Intanto, però, anche sui temi ecologici il dialogo tra potenze asiatiche si complica. Un danno per “la salute dell’umanità”. Il presidente cinese Xi Jinping attacca a muso duro il rilascio nell’oceano deciso ad agosto da Tokyo delle acque reflue della centrale nucleare disastrata di Fukushima. Una questione affrontata nel bilaterale a San Francisco con il premier giapponese Fumio Kishida. “Lo sversamento di acqua contaminata riguarda la salute di tutta l’umanità”, ha detto Xi, nel resoconto della portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning. Esortando a considerare le “legittime preoccupazioni in patria e all’estero”. Il primo a faccia a faccia sino-nippico tra leader in oltre un anno non è stato tra i più semplici. A margine del vertice della Cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec). Perché Kishida, da parte sua, ha contestato il divieto di Pechino all’import dei prodotti ittici nipponici. “Ho chiesto con forza una risposta pacata. Basata su prove scientifiche. E l’immediata rimozione delle restrizioni sui prodotti alimentari del Giappone“, ha aggiunto a fine incontro il premier. A dispetto della tensione, le due parti “hanno concordato sul tema di cercare soluzioni. Attraverso il dialogo e le discussioni basate su un atteggiamento costruttivo”, ha aggiunto Kishida.
Dialogo necessario
La Cina ha vietato tutte le importazioni di prodotti ittici del Sol Leavante dopo che in estate il Giappone ha iniziato a rilasciare nel Pacifico le acque trattate di Fukushima. Con Pechino che ha accusato Tokyo di trattare il mare come fosse una “fogna“. Successivamente, anche la Russia ha sposato il bando totale delle importazioni. Ma il Giappone ha ribadito che le operazioni sono sicure, in forza anche del parere dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) dell’Onu. Nella corposa agenda del bilaterale, durato più di un’ora, Kishida ha detto di aver espresso a Xi le sue “serie preoccupazioni per la crescente attività militare della Cina vicino al Giappone, inclusa la sua collaborazione con la Russia“. Caldo, poi, il dossier Taiwan: “Ho sottolineato nuovamente l’estrema importanza della pace e della stabilità dello Stretto di Taiwan per la comunità internazionale, compreso il Giappone“, ha notato il premier sulle manovre più aggressive di Pechino intorno all’isola, considerata parte “inalienabile” della Repubblica popolare, destinata alla riunificazione anche con la forza, se necessario.
Rimozione
Mentre, sul mar Cinese orientale, “ho espresso le nostre serie preoccupazioni e ho sollecitato l’immediata rimozione delle boe cinesi installate nella zona economica esclusiva del Giappone“. Secondo i media statali cinesi, Xi ha ricordato e raccomandato che i due Paesi devono “seguire la tendenza dei tempi, concentrarsi sugli interessi comuni e gestire adeguatamente le loro differenze“. Impegnandosi a costruire una relazione sino-nipponica “che soddisfi i requisiti della nuova era“. E, soprattutto, ha sollecitato l’abbandono delle politiche di contenimento della Cina promosse dagli Usa. A partire dalla stretta sui microchip. Cioè le politiche “che interrompono la catena dei rifornimenti“. Con ripercussioni globali. Pechino ha conquistato rapidamente quote di mercato in tutto il mondo con le sue risorse. Attirando al contempo critiche da parte dell’Occidente, in particolare per la cosiddetta “trappola del debito”. Alcuni Paesi beneficiari, tra cui Sri Lanka e Zambia, non sono stati più in grado di restituire i finanziamenti ricevuti, finendo in bancarotta. Nel 2013, quando Xi lanciò la Bri, alle grandi banche cinesi di indirizzo politico faceva capo oltre la metà dei prestiti. La quota ha iniziato a diminuire dal 2015, fino al 22% del 2021.
Riserve
La Banca centrale cinese (Pboc) e l’Amministrazione statale dei cambi (Safe), che gestisce le riserve di valuta estera del Dragone, hanno rappresentato oltre la metà dei prestiti nel 2021, quasi tutti di salvataggio. “Pechino si trova a ricoprire un ruolo sconosciuto e scomodo. Quello di più grande esattore ufficiale del mondo”, si legge nel rapporto. Gran parte dei prestiti di salvataggio sono denominati in renminbi. Il loro sorpasso su quelli in dollari è avvenuto nel 2020. Anche questo vale per spingere sull’internazionalizzazione dello yuan. Joe Biden e Xi Jinping sono emersi dal loro primo incontro faccia a faccia in un anno promettendo di stabilizzare i rapporti difficili tra Washington e Pechino. I due leader hanno presentato, su tutti, nuovi accordi per combattere il traffico illegale di fentanyl e per ristabilire le comunicazioni militari tra le due superpotenze. Ma rimangono profonde differenze sulla competizione economica e sulle minacce alla sicurezza globale. L’aspetto più rassicurante dell’incontro per il presidente Usa è stato che se uno dei due leader dovesse avere una preoccupazione, “dovremmo prendere il telefono, chiamarci a vicenda e rispondere alla chiamata. Questo è un progresso importante”, ha detto nella conferenza stampa dopo il faccia a faccia col leader cinese.
Dialogo globale
Un altro segnale positivo. Xi ha annunciato che la Cina invierà nuovi panda negli Stati Uniti, appena una settimana dopo che i tre esemplari che si trovavano al National Zoo di Washington erano stati restituiti alla Cina, con grande sgomento degli americani. Ne sono rimasti solo quattro negli Stati Uniti, allo zoo di Atlanta, e il loro contratto di prestito scade l’anno prossimo. I due leader hanno trascorso quattro ore insieme in una bucolica tenuta nel nord della California – tra riunioni, un pranzo di lavoro e una passeggiata in giardino – con l’intento di mostrare al mondo che, sebbene siano concorrenti economici globali, non sono bloccati in uno scontro in cui il vincitore prende tutta la posta. “Il pianeta Terra è abbastanza grande perché i due Paesi possano avere successo”, ha detto Xi a Biden. Il presidente Usa ha replicato a Xi: “Penso che sia fondamentale che lei ed io ci comprendiamo chiaramente, da leader a leader, senza malintesi o comunicazioni errate. Dobbiamo garantire che la concorrenza non si trasformi in conflitto“. L’incontro, a margine della conferenza annuale sulla cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec), ha implicazioni di vasta portata per un mondo alle prese con correnti economiche trasversali, conflitti in Medio Oriente ed Europa, tensioni a Taiwan e altro ancora.
Accordo
Sull’accordo per la lotta al narco-traffico, Biden ha riferito che gran parte delle sostanze chimiche utilizzate per produrre il fentanyl sintetico provengono dalla Cina. E finiscono in mano ai cartelli della droga messicani che trafficano il potente narcotico negli Stati Uniti, dove ogni anno sono registrate decine di migliaia di morti per overdose. Sul fronte militare, i vertici dei rispettivi apparati riprenderanno le comunicazioni dirette, ha riferito Biden. Una decisione fondamentale, dopo l’aumento degli incidenti tra navi e aerei da guerra delle due nazioni. “Conosco l’uomo, conosco il suo modus operandi”, ha detto Biden di Xi. “Abbiamo dei disaccordi ma è stato sincero.” E tuttavia, al termine della conferenza stampa, Biden è incappato in una delle sue gaffe, affermando che “in un certo senso” Xi è un dittatore. Appellativo già usato in passato, che aveva suscitato l’ira di Pechino. Stavolta la reazione è stata meno marcata, ma altrettanto stizzita. I due leader hanno avuto un “significativo” scambio su Taiwan, con Biden che ha rimproverato la Cina per il suo massiccio rafforzamento militare intorno all’isola. E Xi che ha assicurato di non avere in mente piani di invasione, secondo quanto riferito da un lato funzionario dell’Amministrazione Usa, dopo i colloqui. Biden, ha detto il funzionario, ha dichiarato che gli Stati Uniti intendono continuare ad aiutare Taiwan a difendersi e a mantenere la deterrenza contro un potenziale attacco cinese, e ha anche invitato la Cina a evitare di intromettersi nelle elezioni dell’isola del prossimo anno. Il funzionario ha descritto la parte dei colloqui relativa a Taiwan come “lucida” e “non accesa”.
Influenza e dialogo
Biden ha anche invitato Xi a usare la sua influenza sull’Iran per chiarire che Teheran e i suoi alleati nella regione non dovrebbero intraprendere passi che porterebbero a un’espansione della guerra tra Israele e Hamas. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha assicurato agli Stati Uniti che i cinesi hanno già espresso all’Iran le proprie preoccupazioni in merito. E tuttavia, non è possibile accertare quanto seriamente gli iraniani stiano prendendo le preoccupazioni sollevate da Pechino. Secondo una dichiarazione rilasciata dalla China Central Television, l’emittente statale, Xi si è concentrato principalmente sulle sanzioni e restrizioni di Taiwan e degli Stati Uniti contro i prodotti e le imprese cinesi. Xi ha esortato gli Stati Uniti a sostenere l’unificazione pacifica della Cina con l’isola autogovernata. Definendo Taiwan “la questione più importante e delicata” nelle relazioni bilaterali. Ha anche sollevato le preoccupazioni di Pechino sui controlli Usa sulle esportazioni e gli investimenti e sulle sanzioni imposte da Washington, che avrebbero “gravemente danneggiato gli interessi legittimi della Cina“. “Ci auguriamo che gli Stati Uniti possano trattare seriamente le preoccupazioni della Cina e intraprendere azioni per rimuovere le sanzioni unilaterali e fornire un ambiente equo, giusto e non discriminatorio per le imprese cinesi”, ha affermato il leader cinese.