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Come è cambiato il jihadismo e quali pericoli per le Olimpiadi

L'intervista di Interris.it al prof. Francesco Marone, ricercatore presso l'Osservatorio sulla radicalizzazione e il terrorismo internazionale dell'ISPI, su come è cambiato il jihadismo dopo la guerra in Medio Oriente e sui potenziali pericoli ai Giochi Olimpici di Parigi

“Il terrorismo jihadista non è morto. Stiamo anzi vivendo una fase di accentuata instabilità internazionale. E i jihadisti stanno cercando di sfruttare questa condizione a proprio vantaggio, anche in Medio Oriente. Le Olimpiadi di Parigi possono essere un target: i Giochi Olimpici sono infatti una manifestazione di enorme risonanza che da decenni attira l’attenzione anche dei terroristi”. E’ l’analisi estremamente lucida del prof. Francesco Marone, Associate Research Fellow presso l’Osservatorio sulla radicalizzazione e il terrorismo internazionale dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), intervistato da Interris.it sui potenziali pericoli ai Giochi Olimpici di Parigi.

La recrudescenza jihadista

I recenti attacchi terroristici avvenuti a marzo a Mosca e a Sydney (oltre a quelli che avvengono frequentemente in Africa ma non godono della stessa risonanza mediatica) hanno riacceso i riflettori dell’opinione pubblica sulla minaccia islamista. In vista, in particolare, degli imminenti Giochi Olimpici di Parigi. La Francia è infatti la Nazione europea ad aver subito il maggior numero di attacchi terroristici di matrice jihadista in Europa: ben tredici; tra cui quello per mano dell’Isis del 13 novembre 1015 al Bataclan di Parigi in cui morirono oltre 130 persone. Abbiamo fatto il punto con il prof. Marone.

L’intervista a Francesco Marone (ISPI)

Dopo gli attacchi a Mosca e a Sydney ritiene che il terrorismo jihadista stia vivendo una fase di recrudescenza?

“Per molti aspetti, il terrorismo jihadista non se ne è mai andato, pur avendo sofferto una flessione dopo il 2017. Ma è un fatto che negli ultimi mesi si siano registrati attacchi molto sanguinosi (come quello vicino a Mosca del 22 marzo o ancor prima a Kerman, Iran, il 3 gennaio) oppure attacchi in Occidente che hanno destato molta attenzione e preoccupazione. Altri attacchi, come quelli realizzati a più riprese in Africa subsahariana, non sono stati affatto meno gravi, ma hanno attirato meno interesse in Occidente”.

Come l’attuale situazione in Ucraina sta impattando sul terrorismo jihadista internazionale?

“La guerra in Ucraina non ha un impatto significativo sul jihadismo globale. Per i jihadisti entrambi i contendenti, Ucraina e Russia, sono allo stesso modo ‘infedeli’, nemici. E’ un fatto però che Putin abbia cercato, come noto, di collegare artificiosamente l’attacco perpetrato vicino a Mosca il 22 marzo al conflitto armato, alludendo a presunte (implausibili) complicità ucraine nell’azione rivendicata dal cosiddetto Stato Islamico”.

E la guerra tra Israele e Hamas?

“La guerra in corso nella Striscia di Gaza, con ripercussioni in tutto il Medio Oriente, ha invece un impatto rilevante sul jihadismo globale, per quanto principalmente indiretto. Le principali organizzazioni del jihadismo globale come il cosiddetto Stato Islamico e Al-Qaida disprezzano Hamas e gli altri gruppi armati palestinesi e non sono attive nell’area del conflitto. Ma hanno comunque cercato di cavalcare strumentalmente il tema, di grande valenza simbolica, della liberazione di Gerusalemme e della Palestina per mobilitare militanti e simpatizzanti a livello internazionale. Particolare attenzione è stata dedicata a incitare la violenza contro gli ebrei”.

Foto di Dave Kim su Unsplash

Come descrive questo momento storico in rapporto alla minaccia jihadista?

“Viviamo una fase di accentuata instabilità internazionale e anche i jihadisti stanno cercando di sfruttare questa condizione a proprio vantaggio. Si modifica la geografia delle attività del jihadismo globale, con un crescente peso dell’Africa subsahariana e in prospettiva anche dell’Asia a dispetto del tradizionale baricentro mediorientale. Cambia anche la geografia dei nemici del jihadismo, con un maggior peso, per esempio, della Russia, anche a causa della sua maggiore proiezione internazionale, specialmente in paesi a maggioranza musulmana. Inoltre, un maggior grado di rivalità e ostilità tra grandi potenze, come Russia e Stati Uniti, rischia di indebolire la cooperazione interstatale contro il nemico comune rappresentato dal terrorismo jihadista”.

Il 26 luglio inizieranno le Olimpiadi di Parigi, in Francia, Nazione ferita negli anni da diversi attentati terroristici di matrice jihadista. Lei crede che le Olimpiadi possano essere un target?

“Le Olimpiadi di Parigi saranno un evento potenzialmente a rischio. I Giochi Olimpici sono una manifestazione di enorme risonanza che da decenni attira l’attenzione anche dei terroristi; basti pensare al famigerato massacro degli atleti israeliani (e di un poliziotto tedesco) a Monaco di Baviera nel 1972. Oltretutto, la Francia è il paese più interessato dalla mobilitazione e dalla violenza jihadista in Europa e in tutto l’Occidente, come indicano i dati sul numero degli attacchi terroristici e delle vittime, degli arresti effettuati, dei foreign fighters, ecc. Il rischio zero non esiste, purtroppo, ma le autorità francesi sono ben consapevoli dei pericoli e si stanno prodigando per rafforzare tutte le misure di sicurezza”.

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