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Caffo: “Le nuove sfide di Telefono Azzurro a tutela dei bambini”

Telefono Azzurro è una onlus nata nel 1987 con lo scopo di difendere i diritti dell’infanzia. L’associazione è stata fondata a Bologna dal Prof. Ernesto Caffo, psichiatra infantile e docente di neuropsichiatria infantile all’Università di Modena e Reggio Emilia.

Da 33 anni al fianco dei bambini

In 33 anni di attività, Telefono Azzurro ha rafforzato la sua presenza in tutti i principali network internazionali che si occupano di tutela dell’infanzia e promozione dei diritti dei bambini e adolescenti. Sia presso le Istituzioni italiane ed internazionali – è stata riconosciuta con una Convenzione dall’ONU nel 1989 – sia in maniera diretta sul territorio, portando i propri progetti nelle scuole e nelle carceri, per diffondere ad ogni livello la cultura della prevenzione da abusi e maltrattamenti e del rispetto dell’infanzia e dell’adolescenza in tutto il mondo.

I dati Onu

Le Nazioni Unite (Onu) dedicano ogni anno la giornata dell’11 ottobre alle bambine con una Giornata Internazionale (#daygirl). “Il miglioramento delle loro condizioni di vita – scrive Onu – coinvolge le famiglie, le comunità e la società intera”.

Secondo i dati ONU, infatti, nel mondo vi sono 1,1 miliardi di bambine. L’obiettivo di sviluppo sostenibile numero 5 “Raggiungere la parità di genere attraverso l’emancipazione delle donne e delle ragazze” riguarda anche loro, considerati gli svantaggi e le discriminazioni a cui sono sottoposte in tutto il mondo ogni giorno. Tale questione merita dunque un’attenzione specifica e politiche o programmi mirati, allo scopo di raggiungere un’adeguata consapevolezza delle sfide affrontate dalle più piccole.

Cittadinanza Digitale

Lo scorso 7 ottobre, a pochi giorni dalla Giornata Onu dedicata alle Bambine si è tenuto l’evento di lancio di “Cittadinanza Digitale: più consapevoli, più sicuri, più liberi”, un progetto formativo rivolto a grandi e piccoli, realizzato da Telefono Azzurro con il supporto di Google.org. Sono intervenute all’evento la Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e la Ministra per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano.

In merito all’importante progetto, la giornalista Milena Castigli ha intervistato il fondatore di Telefono Azzurro, il professor Ernesto Caffo.

L’intervista

Professor Caffo, vuole commentare l’iniziativa “Cittadinanza attiva”?
“Si tratta di un progetto che parte dal mettere il bambino al centro del mondo digitale della comunicazione. Un mondo, internet, social etc. con grandi opportunità ma anche molti rischi. L’innovazione ha sempre questa doppia faccia: da un lato l’opportunità, dall’altro il pericolo. Per tali motivi, i bambini vanno accompagnati nell’acquisizione della ‘cittadinanza digitale’ grazie all’aiuto degli adulti: genitori, insegnanti, educatori”.

Anche gli adulti vanno formati?
“Sì. Spesso i ragazzi usano piattaforme o applicazioni così moderne che neppure i loro genitori le conoscono. Sono  dunque da soli nella rete. Per tali motivi anche gli adulti vanno formati, per accompagnare e comprendere il mondo dei figli”.

Su quali tematiche formate gli adulti?
“Le tematiche cruciali nelle quali formiamo genitori insegnanti ed educatori sono varie. La prima riguarda l’uso improprio della rete: fenomeni quali il bullismo e violenza sui minori. Si parla anche di privacy e di corretto uso delle immagini in internet. Il terzo tema è quello del gioco e dell’utilizzo del denaro in rete. Infine, un altro tema sono gli aspetti positivi della rete per lo studio e l’apprendimento”.

Professor Caffo, Lei fondò Telefono Azzurro nel 1987. Perché scelse di “mettersi dalla parte dei bambini”?
“Io sono uno psichiatra infantile. Da quando mi sono laureato in medicina, mi sono sempre occupato in particolare di violenze sui bambini. Venendo in contatto con tanti casi e storie, ho capito quali potevano essere le mosse da mettere in atto per prevenire questi abusi e per dare un aiuto concreto. Telefono Azzurro è stato lo strumento principale per poter ascoltare, intervenire, aiutare le vittime e anche denunciare i casi di violenza, di abuso, povertà, ricatto, prevaricazione etc. che ci venivano segnalati”.

In 33 anni la società italiana è profondamente cambiata. Quali erano alla fine degli anni ’80 le principali problematiche che più pesavano sull’infanzia?
“La missione di Telefono Azzurro è da sempre dare voce ai bambini, di mettersi in ascolto dei loro problemi. Oggi come 30 anni fa, quando firmammo la Carta di Treviso,un protocollo firmato il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro con l’intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia. Questo importante documento è stato creato per educare gli adulti a pensare ai bambini come ‘soggetto’ e non come ‘oggetto’. Un paradigma culturale molto presente nella società di quegli anni. Oggi le problematiche sono anche altre”.

Tra le tante problematiche che i bambini del nuovo millennio vivono quotidianamente, quale ritiene che sia la più grave oggi in Italia?
“In questo momento la pandemia del coronavirus è centrale nella vita di tutti. L’incertezza di questi mesi pesa su di loro come un macigno perché vedono la paura dei genitori di perdere il lavoro, forse hanno subito un lutto in famiglia…tutto questo va discusso con loro di persona. Altrimenti c’è il rischio che si informino solo attraverso la rete. Oggi c’è un uso dei social e delle chat di messaggistica continuo tra i ragazzi. Appena succede qualcosa nel mondo, loro se la comunicano, scaricando immagini da youtube o altro, girandosele in chat, spesso senza nessuna supervisione. I ragazzi sono i primi ad essere informati anche di eventi complessi o fuorvianti, fuori dalla loro comprensione. Per questo non possiamo lasciarli soli in rete”.

Ha un ricordo particolarmente felice vissuto in questi 33 anni che vorrebbe condividere con i nostri lettori?
“L’esperienza più bella è sempre quando riusciamo a dare una risposta di aiuto concreto ai bambini. Come avvenuto pochi gironi fa, con il ritrovamento di una ragazza scappata di casa grazie alla linea di ascolto e intervento 116000 che gestiamo per i bambini scomparsi. Così come tutte le volte che abbiamo salvato bambini e ragazzi che volevano suicidarsi perché con vite familiari fonte di molte sofferenze. Ogni caso è una sfida perché i ragazzi chiedono aiuto con fatica. Inoltre, a volte le realtà che li circondano – scuola, associazioni, famiglia – non sono preparate per accorgersi del problema. Ogni storia che si conclude con un risultato positivo è la più grande delle soddisfazioni”.

L’infanzia è al centro delle scelte politiche italiane?
“No. Il tema dell’infanzia non è ancora centrale nel nostro Paese. Se ne parla poco, solo in occasioni importanti come la recente giornata Onu, ma più a livello formale che con soluzioni pratiche. Si investe poco sull’infanzia, c’è da fare di più. Lo si vede anche a livello scolastico: non si può pensare ai bambini come a quelli da tenere chiusi in casa per mesi preoccupandosi solo dei tamponi o dei banchi. Il problema è dare una risposta adeguata ai loro bisogni anche in questa fase segnata dalla pandemia”.

Come avete celebrato la Giornata Onu delle Bambine?
“Il tema di genere è particolarmente sentito dalla nostra associazione. E’ anche un tema complesso: si parla sempre di genere relativamente agli adulti, ma quasi mai in riferimento ai bambini. Per questo noi abbiamo avviato diverse iniziative nelle scuole italiane affinché siano gli stessi ragazzi a ragionare sull’importanza del rispetto reciproco in generale e del rispetto delle bambine e delle ragazze in particolare. Il corpo della donna, abusato, mutilato, violato (pensiamo alle mutilazioni genitali) è un tema che cerchiamo di affrontare e di portare all’attenzione della società tutto l’anno. Investire nella scuola, nella formazione, rimane il perno della nostra attività. Per questo siamo favorevoli a una scuola sempre aperta anche in caso di pandemia. Perché la scuola è un luogo oltre che di conoscenza e confronto, anche e soprattutto di protezione dai traumi e dalle sofferenze che i bambini e i ragazzi vivono tra le mura domestiche. O dei problemi che vivono fuori casa ma dei quali non riescono a parlare coi genitori a causa della fragilità della famiglia”.

Tra le tematiche di genere, c’è quella attualissima della sessualizzazione del corpo femminile…
“Sì. C’è oggi una eccessiva sessualizzazione del corpo femminile, con delle challenge che vengono lanciate tramite social. Una erotizzazione del corpo femminile che può creare dei complessi psicologici in tutte quelle ragazze che non rispondono a certi canoni estetici quasi impossibili da raggiungere e che si sentono inadeguate. Tutto ciò porta all’eccesso della valorizzazione di un bello astratto. Come accade su Instagram e social simili, dove ognuno cerca il like sulla base del solo aspetto estetico”.

Quale soluzione?
“Bisogna rimettere al centro la valorizzazione della persona reale, profonda, non dell’immagine esteriore. I social stessi sono come una trappola perché valorizzano grazie a degli algoritmi coloro che, indipendentemente dal come, ricevono molti like. Questo crea frustrazione in chi, per motivi vari, non riesce a diventare popolare o non vuole entrare in queste dinamiche. Dobbiamo rimettere al centro i valori delle relazioni, non l’apparenza”.

Quale appello fa al Governo?
“L’appello al Governo è quello di nominare quanto prima il nuovo Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Il mandato della dottoressa Filomena Albano, con la quale abbiamo lavorato proficuamente per quasi cinque anni, si è concluso lo scorso 11 ottobre. Inoltre, ci vuole chiarezza nella gestione dei fondi europei per l’infanzia che si chiamano ‘next generation’. Vorrei vedere soldi spesi non per finanziare il passato ma per investire sul futuro affinché i giovani di oggi abbiano una prospettiva di vita adeguata. Infine, in questa fase particolarmente difficile, invitiamo il Governo a non dimenticare i più fragili, i bambini malati o con problemi che sono coloro che hanno più bisogno di sostegno”.

Quanto è importante la fede?
“La fede e la spiritualità sono elementi di forza in tutti i contesti, traumatici e non. I ragazzi devono essere di nuovo educati alla spiritualità, a quei valori di base universali, che ogni religione possiede. E’ il momento, come dice Papa Francesco, di una fraternità condivisa in cui tutte le religioni si ritrovano per mettere al centro la persona. In primis – non dimentichiamocelo mai – i bambini”.

 

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