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Ai confini della Terra: il Papa sulle orme dei missionari

Asia e Oceania. tra comunità cristiane relativamente giovani ma che hanno già molto da insegnare a quelle più antiche

Dieci giorni di viaggio, mai così tanti e mai così lontano. Papa Francesco è pronto a spingersi ai confini sud-orientali del mondo, toccando quei lidi che, già nel 2020, aveva preventivato di raggiungere. Un viaggio che fu costretto a rimandare, a causa di una pandemia che, in quel momento, aveva reso il mondo estremamente simile nella sua varietà, azzerando di fatto le distanze per accomunare ognuno di noi nel timore comune di un virus invisibile ma letale. Quattro anni dopo, il Santo Padre torna a coltivare il sogno della missione in prima persona, del viaggio come strumento di conoscenza, valutazione, condivisione e apprendimento. Il più lungo spostamento in termini chilometrici e, probabilmente, anche sul piano spirituale. Perché il Santo Padre raggiunge comunità cristiane più giovani, forse, ma con caratteristiche che le rendono già fonte di ispirazione per le più antiche.

Le ragioni del viaggio

Il Papa, spiega a Interris.it l’Agenzia Fides, viaggia sostanzialmente per “confermare nella fede le comunità cattoliche che vivono in quei luoghi che desidera raggiungere. I motivi sono vari: l’Asia e l’Oceania dovevano essere visitate nel 2020. Con lo stop del Covid, si è deciso di rinviare al primo momento utile. Bisogna comunque ricordare che, prima di muoversi, il Papa deve ricevere un invito ufficiale dalla carica politica e da quella religiosa”. Circostanza che, verificatasi, ha consentito a Papa Francesco di percorrere le orme dei suoi predecessori, Paolo VI e Giovanni Paolo II, che prima di lui raggiunsero questi lidi: “Ognuna di queste aree del pianeta fa parte delle periferie geografiche ed esistenziali alle quali il Papa tiene molto. Come detto dal cardinal Tagle, quelle comunità possono insegnarci come vivere. In Europa si riscontra un calo di vocazione e di battesimi, le persone, anche quelle battezzate, non vanno più a messa. Quindi, in un certo senso, la comunità cattolica europea si può definire piccola”. Quello che serve alla Chiesa, in sostanza, “è tornare alla prima comunità cristiana, quella degli apostoli, che riuscì però a evangelizzare il mondo. Loro sono pochi ma riescono a vivere in serenità con le altre confessioni”.

Tolleranza e fratellanza

Il pellegrinaggio del Papa inizierà con l’Indonesia, il più popoloso a maggioranza musulmana: “È interessante notare come l’Islam sia arrivato in Indonesia, ossia tramite i mercanti. E, di conseguenza, non è stato imposto con la forza, come accaduto in altri posti. Questo ha fatto sì che ci fosse, fin da subito, uno scambio reciproco, una condivisione tra culture diverse, proprio sulla base della natura commerciale dei viaggi. La religione è stata quindi un punto di incontro”. Ma non solo: “Un’altra particolarità di questo viaggio: il Papa toccherà prima l’Indonesia, poi Timor Est – unico di quelli in itinerario a maggioranza cattolica -, stato relativamente giovane, che è stato in conflitto con la vicina Indonesia. A dimostrare che, nonostante i conflitti, si possa riuscire a vivere in pace”. Del resto, ricorda Fides, “durante la strada per l’indipendenza la Chiesa ha aiutato molto la causa. Loro stessi dicono che, grazie alla fede, sono rimasti uniti”.

Confronto e condivisione

Sedici discorsi in tutto i discorsi previsti. “Più qualcosa che, sicuramente si aggiungerà quando andrà nel tunnel della fratellanza, che collega la cattedrale alla moschea di Giacarta”. Un luogo che testimonia l’importanza che, in questi Paesi, si attribuisce alla tolleranza reciproca. “In una dinamica di confronto, e anche di conflitto come spesso succede oggi, si cercherà di ribadire quale deve essere il ruolo della Chiesa. In un mondo in cui si vive una ‘terza guerra mondiale a pezzi’, si riesce a vivere in pace mantenendo un equilibrio, nonostante vi sia chi tenti di sobillare quell’equilibrio. È tutta una questione di volontà, non di ‘dimensioni’ territoriali né di comunità”. Tra Indonesia e Singapore, infatti, emergerà proprio “il tema della fratellanza. Nella moschea di Giacarta, il Papa firmerà un nuovo documento, richiamo a quello firmato ad Abu Dhabi ma, stavolta, improntato sulla tolleranza. Lo stato indonesiano da infatti pari dignità a tutte le religioni, che devono convivere insieme. E questo lo fa capire già la disposizione dei principali luoghi religiosi, posti uno di fronte all’altro, e collegati, per l’appunto, da questo ‘Tunnel della fratellanza’, che probabilmente il Papa non attraverserà, in quanto non ancora pronto. E anche l’università cattolica di Giacarta, sorge su un terreno donato dal primo presidente indonesiano, musulmano. Persino la moschea è stata progettata da un cattolico”.

Il Papa, in viaggio per la dignità umana

Temi salienti per il futuro e per la vita della Chiesa. Ma, nondimeno, un quadro di tolleranza e scambio reciproco da mostrare a una civiltà occidentale che, nonostante la professione di una fede radicata nella storia, fatica a rendere vive le proprie radici: “In Papua Nuova Guinea emergerà il tema dei martiri e, soprattutto, dei cambiamenti climatici. A Singapore, non plus ultra dello sviluppo tecnologico, sarà toccato il tema delle nuove tecnologie. Sulle differenze economiche, saranno illuminanti due discorsi, uno in Indonesia e l’altro proprio a Singapore. Ma, in qualche modo, questa tematica emergerà durante tutto il viaggio, perché il Papa verrà accolto e accompagnato da rifugiati e persone in difficoltà, fisica ed economica. Soprattutto durante gli incontri che farà con i giovani. Questo porterà attenzione sul tema della dignità umana”. Quello che, di fatto, ci accomuna tutti. Cristiani e non.

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