Una donna giovanissima che guarda e abbraccia con tenerezza il suo ventre, gonfio per la gravidanza. Sulle spalle un lungo mantello, tutto drappeggiato, quale riparo per la vita che sta per nascere. Sul seno, l'immagine stilizzata di una colomba. E' la Virgen del Niño por Nacer, ovvero la Vergine del Nascituro, una statua di bronzo alta quasi due metri. Si trova nella Cattedrale di Villarrica, in Cile, Paese che Papa Francesco sta visitando in questi giorni per “confermare nella fede” i popoli del Sud America. Al termine della Messa celebrata dal Pontefice a Temuco, la scultura è stata mostrata al Santo Padre che con gioia l'ha benedetta. L'opera, interamente realizzata in bronzo, porta con se un duplice messaggio: una professione di fede nel mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio nel grembo della Vergine Maria, e, allo stesso tempo, un inno alla vita contro la discussa legge sull'aborto approvata l'estate scorsa in Cile.
La nascita dell'opera
Autrice della statua è Elena Pilar Palomino Borbón, un'artista spagnola di Cadice. “L'idea è nata in Terra Santa, nel corso di in pellegrinaggio”, racconta la scultrice ad Aci Prensa. Nel 2015, mentre si trova a visitare i luoghi in cui visse Gesù, Elena incontra un gruppo di cristiani cileni. Li accompagna padre Pablo Fernández-Martos, un prete spagnolo che vive a Villarrica. Racconta alla ragazza la sua idea: realizzare un'immagine della Madonna, ma incinta così da ricordare al Cile, che sta passando “un momento difficile a causa del del dibattito sull'aborto”, la sacralità della vita. Elena rimane colpita dalle parole del sacerdote, che tornato in Cile mette a conoscenza il vescovo della diocesi di Villarrica, mons. Francisco Javier Stegmeier, dell'incontro avvenuto con l'artista. Ed è proprio il presule a commissionare alla scultrice la statua della Vergine del Nascituro, offrendole anche il finanziamento.
Una preghiera incessante
Il 19 febbraio, Elena inizia a lavorare alla scultura. Il processo di creazione si divide in tre fasi: stabilire le dimensioni e la struttura, modellare la figura con argilla e, infine, fonderla nel bronzo. Per lei questa statua rappresenta non solo un lavoro, ma una sfida con se stessa, un nuovo “approccio a Dio dalla parte più profonda del mio cuore. L'intero processo di costruzione della statua viene vissuto dall'artista come “un'incessante preghiera elevata al Signore e alla Madonna, una preghiera che tutt'oggi nutre la mia anima in un modo inspiegabile e prezioso”. Nell'ottobre del 2015, la statua arriva in Cile accolta dal vescovo e dai fedeli. Viene portata processionalmente in tutti i luoghi della diocesi prima di essere definitivamente collocata nella Cattedrale di Villarrica.
La Vergine del Nascituro
La scultura si compone di due parti: la figura del Vergine incinta e una grande mano, posta alle spalle della Madonna, che mostra un feto. Tanti i simboli presenti: “Lo Spirito Santo, posto sul seno della Madonna, vicino al suo cuore rappresenta Dio che si fa uomo nel ventre di Maria. La figura di Dio Padre è rappresentata dal mantello posto sulle spalle della Vergine e dall'enorme mano con al centro il feto. Con questa immagine voglio dare una voce a tutte quelle vite umane create da Dio che non hanno mai visto la luce“. L'augurio di Elena è che le persone, guardando quest'immagine, possano rendere il Cile “un Paese che rinunci a questa corrente del male (l'aborto, ndr.): sarebbe da esempio per molte altre nazioni, come la mia Spagna, dove la legge permette di uccidere i nostri figli ancor prima della nascita“.
Ad oggi, la Virgen del Niño por Nacer è un canto alla maternità: sono tante le donne che hanno sofferto la perdita di un bambino che entrano nella Cattedrale di Villarrica per pregare davanti a questa statua. A raccogliersi in preghiera sono anche ragazze incinte, future mamme che pregano il Verbo fatto carne affinché i loro figli possano vivere in un mondo felice.
La depenalizzazione dell’aborto
La parziale depenalizzazione dell’aborto in Cile viene approvata sia dalla Camera bassa che dalla Camera alta il 2 agosto del 2017. Il Cile, Stato con il tasso si mortalità materno più basso in America Latina, era uno dei sei Paesi al mondo – insieme al El Salvador, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Malta e il Vaticano – che proibiva in qualsiasi caso l’aborto, “diritto” negato alle donne durante la dittatura del generale Augusto Pinochet. La legge che lo scorso anno è entrata in vigore è comunque molto restrittiva e depenalizza l’interruzione volontaria di gravidanza solo in parte. Finora le donne cilene che abortivano potevano essere punite con il carcere fino a cinque anni. Ora potranno decidere di interrompere la gravidanza in caso di rischio per la loro vita, di difetti congeniti del feto che portano alla morte e in caso di stupro. Secondo alcuni sondaggi effettuati dalla società di consulenza Cadem, il 71 per cento degli intervistati dichiara di essere favorevole all’aborto qualora si verifichi almeno una di queste tre condizioni. E’ stato il governo di Michelle Bachelet, nel 2015, a presentare la proposta di legge. Il progetto è stato approvato dal Congresso Nazionale il 3 agosto 2017 e, successivamente, dalla Corte Costituzionale il 21 agosto dello stesso anno. La legge è stata promulgata il 14 settembre 2017.
La storia dell’aborto in Cile
Nel 1875, il codice penale cileno dichiarò come reato tutti i tipi di aborto, indipendentemente dalla loro ragione. Tuttavia nel 1931, ben 18 anni prima che alle donne fosse riconosciuto il diritto a votare, durante il governo di Carlos Ibanez del Campo, fu legalizzato l’aborto terapeutico. Nel 1989, la dittatura di Pinochet, in uno dei suoi ultimi atti, aveva dichiarato illegale l’interruzione di gravidanza in tutte le circostanze.
Le interruzioni di gravidanza clandestine
Dopo la modifica al Codice della Salute voluto da Pinochet, gli aborti illegali sono aumentati esponenzialmente. Secondo alcune stime, in Cile vengono eseguiti 120 mila aborti clandestini l’anno. La maggior parte delle gravidanze viene interrotta somministrando alla donna il misoprostolo, farmaco che viene acquistato sul mercato nero. Chi invece poteva permettersi di viaggiare si recava nella vicina Argentina o in altri Paesi.