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Una storia di speranza e di riscatto dalla schiavitù

Il cardinale Czerny ha concluso la visita in Sud Sudan celebrando la messa nella memoria di santa Giuseppina Bakhita nella X Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone

Quella di santa Giuseppina Bakhita è «una storia di speranza: dalla prigionia e schiavitù, alla scoperta di Dio in un convento di suore». Lo ha detto il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui), celebrando in Sud Sudan, nella X Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, la messa nella memoria liturgica della santa, nativa del Sudan.

Santa Giuseppina Bakhita, storia di speranza

Quella di santa Giuseppina Bakhita è «una storia di speranza: dalla prigionia e schiavitù, alla scoperta di Dio in un convento di suore». Al punto che «quando finalmente fu liberata, scelse un’esistenza di totale impegno» verso il Signore entrando nella vita religiosa. Lo ha sottolineato il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui), celebrando in Sud Sudan, Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, la messa nella memoria liturgica della santa, considerata la patrona delle vittime del traffico di persone.

La vita della santa

Nella chiesa di Malakal intitolata alla stessa Bakhita, il porporato gesuita ha ricordato come ella avesse «sofferto molto: da bambina fu rapita e costretta a percorrere centinaia di chilometri per essere venduta come schiava; durante il viaggio a El Obeid, fu comprata e venduta due volte; e dopo El Obeid fu rivenduta più volte, trascorrendo molti anni in una prigionia segnata da abusi e difficoltà». Nonostante ciò, in seguito, ha persino ringraziato i propri rapitori «perché senza di essi non avrebbe potuto conoscere Gesù, né la Chiesa», offrendo un forte esempio di come conservare la speranza «anche in circostanze terribili». E in proposito Czerny ha fatto riferimento alla catechesi di Papa Francesco all’udienza generale dello scorso 11 ottobre, dedicata proprio alla santa come modello di zelo apostolico.

Associando poi le vicende della santa a quelle del Sud Sudan, dove si trova nell’anniversario del pellegrinaggio ecumenico compiuto dal Pontefice, il prefetto del Dssui ha fatto riferimento alla prima Lettura (1 Re 11, 4-13) per denunciare i falsi dei e idoli che hanno devastato il Paese africano: quello dell’avidità per la ricchezza, «che ci fa privare gli altri del denaro, bene comune, per cui le risorse destinate a molte persone vengono utilizzate solo da alcuni, o anche da uno solo»; quelli «della fame di potere, controllo e dominio, non solo a livello nazionale, ma anche all’interno delle comunità locali, dei villaggi»; quelli «del tribalismo o del nazionalismo, che spingono a escludere gli altri e a considerarli meno umani o addirittura ucciderli, come alcuni di voi hanno testimoniato».

Le parole del cardinale per il Sud Sudan

Rievocando le esortazioni di Papa Francesco durante il suo viaggio del febbraio 2023 nella capitale Juba, il celebrante ha esortato i sud sudanesi «a camminare sulla via della pace. La sua presenza e le sue parole hanno acceso una fiamma, un fuoco», risvegliando «uno spirito che porta il Sud Sudan ad essere conosciuto per la pace e non per la guerra», ha commentato il prefetto del Dssui. Perciò tutti nel Paese hanno oggi l’obbligo di mantenere acceso quel fuoco, ravvivandone la fiamma nelle vite e nei cuori degli altri. «Abbiamo il dovere di seguire l’esempio» di Papa Bergoglio, ha chiosato il cardinale: «se combattiamo, facciamolo per la pace e per l’unità, come un’unica famiglia benedetta da Dio, come Fratelli tutti». Perché «l’unità è l’unica arma che possediamo per combattere tutto ciò che ci divide e ci toglie la pace».

Durante il rito, alla presenza del cardinale sud sudanese Stephen Ameyu Martin Mulla, arcivescovo di Juba, di altri vescovi e sacerdoti del Paese, Czerny ha conferito l’ordinazione a tre diaconi. Indicando loro gli impegni e le responsabilità da essi assunte, le ha condensate in una sola parola: “servizio”. La stessa che il Pontefice aveva indicato nella catechesi su santa Bakhita, la quale — spiegò Francesco — «ha potuto vivere il servizio non come una schiavitù, ma come espressione del dono libero di sé». «Vi invito a fare altrettanto — ha rilanciato il prefetto — imparando da questa grande santa che viene da questa stessa parte del mondo».

Da: L’Osservatore Romano

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