La Chiesa ci ricorda che “gesti e movimenti dei fedeli durante la celebrazione della Santa Messa appartengono a quegli aspetti materiali del culto divino che non si possono trascurare“. Per chi crede, inginocchiarsi davanti al Tabernacolo è un segno di adorazione nei confronti del Signore. Non è un atteggiamento di pura formalità, ma una forma di rispetto e il riconoscimento che tutto ciò che abbiamo lo dobbiamo a Lui. L'atto della genuflessione è un'espressione diretta della cultura cristiana, come testimoniato dalla frequente menzione della parola “proskynein” (inginocchiarsi) nell'Antico e nel Nuovo Testamento. E' San Paolo stesso a suggerirci quest'atteggiamento riverente davanti a Dio nella Lettera ai Filippesi: “Nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra”.
La lezione di San Tommaso D'Aquino
San Tommaso D'Aquino, per sottolineare la necessità di gesti esteriori in grado di rafforzare il sensus fidei dei fedeli, scrisse: “Ora, l'anima umana per unirsi a Dio ha bisogno di essere guidata dalle cose sensibili: poiché come dice l'Apostolo, 'le perfezioni divine invisibili, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili'. Perciò nel culto divino è necessario servirzi di cose materiali come di segni, mediante i quali l'anima umana venga eccitata alle azioni spirituali che la uniscono a Dio. La religione, quindi, abbraccia atti interni, che sono principali ed essenziali per la religione; e atti esterni, che sono secondari e ordinati a quelli interni”.
Quando ci si inginocchia a Messa
Il cristiano crede nella presenza reale del corpo e sangue di Gesù nel Santissimo Sacramento. Per questo, dinnanzi al Tabernacolo dove è conservato – generalmente collocato sopra l'altare maggiore o comunque in posizione centrale del presbiterio – è chiamato ad inginocchiarsi. La dimensione ecclesiale della liturgia rende necessaria una partecipazione comunitaria alla Messa che prevede anche una gestualità comune. Durante la Messa ci sono dei momenti che richiedono di esprimere anche fisicamente l'adorazione verso Dio e l'unione con Lui. Durante la recita del “Credo” nel giorno di Natale e nella solennità dell'Annunciazione ci si genuflette nel momento in cui si fa memoria dell'Incarnazione e si dice: “E per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. Poi, come viene indicato nell'Ordinamento Generale del Messale Romano, i fedeli si inginocchiano alla consacrazione; precisamente – ricorda la Cei – “dall'inizio dell’epiclesi preconsacratoria (gesto dell’imposizione delle mani) fino all’elevazione del calice inclusa”. Nel documento apposito prodotto dall'Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, si fa accenno anche al fatto che il gesto – “dove si conserva quest’uso” – è richiesto “dal Sanctus fino alla fine della Preghiera Eucaristica, o anche ricevendo la sacra Comunione“. Proprio per una maggiore consapevolezza della sacralità del momento in cui si riceve l'Eucarestia, la pratica più consigliata è quella di comunicarsi in ginocchio.
La riflessione del Cardinale Ratzinger
Sull'esigenza di riscoprire l'importanza di inginocchiarsi durante la Messa ha scritto parole significative l'allora Cardinale Joseph Ratzinger nel suo “Introduzione allo spirito della liturgia”: “Chi impara a credere, impara anche ad inginocchiarsi, ed una fede e una liturgia che non conoscesse più l’inginocchiarsi sarebbe malata in un punto centrale. Dove questo gesto è andato perduto, dobbiamo impararlo di nuovo, per rimanere con la nostra preghiera nella comunione degli Apostoli e dei martiri, nella comunione di tutto il cosmo, nell’unità con Gesù Cristo stesso”.