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Angelus, il Papa: “Bonifichiamo i cuori per far germogliare la Parola di Dio in noi”

“Troviamo il coraggio di fare una bella bonifica del terreno” del cuore, “portando al Signore” i vizi e la pigrizia di cui esso è disseminato. “Così facendo, Gesù, buon seminatore”, purificherà i nostri cuori da ciò che soffoca la sua Parola, facendola germogliare su un terreno fertile. Così Papa Francesco, rivolgendosi ai pellegrini giunti in piazza San Pietro, commenta il brano del Vangelo proposto dalla liturgia odierna, sottolineando: “Gesù è uno che non si impone, ma si propone; non ci attira conquistandoci, ma donandosi”.

La parabola del seminatore

Il Pontefice commenta il brano del Vangelo di Matteo, la celebre “parabola del seminatore” (cfr Mt 13,1-23), che è Gesù. “Con questa immagine – fa notare il Papa -, Egli si presenta come uno che non si impone, ma si propone; non ci attira conquistandoci, ma donandosi”. Con generosità e pazienza sparge la sua Parola, “che non è una gabbia o una trappola”, bensì “un seme che può portare frutto se noi lo accogliamo”. La parabola, dunque, riguarda soprattutto noi, parla “del terreno più che del seminatore”. Secondo Bergoglio, Gesù effettua una specie di “radiografia spirituale” del nostro cuore, “che è il terreno sul quale cade il seme della Parola”. Come un terreno, il “nostro cuore può essere buono ma può essere anche duro, impermeabile”. E se nel primo caso la Parola di Dio germoglia in noi, nel secondo casa “essa ci rimbalza addosso, proprio come su una strada”.

I sassi della pigrizia

Secondo il racconto biblico, tra il terreno buono e la strada ci sono però “due terreni intermedi che, in diverse misure”, possiamo trovare anche in noi stessi. “Il primo è quello sassoso”. Se lo immaginiamo eccoci apparire un terreno “dove non c’è molta terra”, dove il “il seme germoglia, ma non riesce a mettere radici profonde”. Questo è il terreno di un cuore superficiale, “che accoglie il Signore, vuole pregare, amare e testimoniare, ma non persevera”, si stanca e non “decolla” mai. “È un cuore senza spessore – aggiunge Bergoglio -, dove i sassi della pigrizia prevalgono sulla terra buona, dove l’amore è incostante e passeggero”. Quindi ammonisce: “Chi accoglie il Signore solo quando gli va, non porta frutto”.

Le spine dei vizi

L’ultimo terreno è quello spinoso, “pieno di rovi che soffocano le piante buone”. Queste spine rappresentano “la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza”, come afferma Gesù stesso nel Vangelo. “I rovi sono i vizi che fanno a pugni con Dio, che ne soffocano la presenza”. Tra di essi troviamo, innanzitutto, “gli idoli della ricchezza mondana, il vivere avidamente, per sé stessi, per l’avere e per il potere”. Nel coltivare questi rovi si soffoca la “la crescita di Dio in noi”. “Ciascuno può riconoscere i suoi piccoli o grandi rovi – prosegue il Papa -, i vizi che abitano il suo cuore, quegli arbusti più o meno radicati che non piacciono a Dio e impediscono di avere il cuore pulito”. E avverte: “Occorre strapparli via, altrimenti la Parola non porta frutto”.

Bonifichiamo i cuori

L’invito che ci fa oggi Cristo è quello di guardarci dentro, a ringraziarlo “per il nostro terreno buono e a lavorare sui terreni” che ancora non lo sono. “Chiediamoci se il nostro cuore è aperto ad accogliere con fede il seme della Parola di Dio”, conclude il Santo Padre, “se in noi i sassi della pigrizia sono ancora numerosi e grandi”. “Individuiamo e chiamiamo per nome i rovi dei vizi” e “troviamo il coraggio di fare una bella bonifica del terreno, portando al Signore”, tramite la preghiera e il sacramento della confessione, i nostri sassi e i nostri rovi”. In questa maniera, Gesù purificherà il nostro cuore togliendo “i sassi e le spine che soffocano la sua Parola”.

La preghiera per il Venezuela

Nel salutare i fedeli di Roma e i pellegrini di varie parti del mondo che affollano e colorano una piazza San Pietro infuocata dal sole di luglio, il pensiero di Papa Francesco va alla comunità cattolica venezuelana in Italia, presente in piazza, alla quale assicura la rinnovata preghiera “per il vostro amato Paese”. Quindi, il suo tradizionale saluto: “A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.

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