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PAKISTAN, I CRISTIANI PERSEGUITATI INVITANO AL PERDONO

Dopo i recenti attacchi di Lahore, che hanno causato 17 morti (tra cui alcuni musulmani) e oltre 70 feriti, un gruppo di persone ha preso dall’auto della polizia un sospettato e lo ha linciato, per poi bruciarlo vivo. La leadership cristiana ha condannato questo gesto da subito. “Siamo molto dispiaciuti per il linciaggio, un atto che ha complicato la questione. Vi assicuriamo che collaboreremo con le indagini per trovare i responsabili e ci schieriamo con le famiglie che soffrono” sottolinea p. Nisar Javed, sacerdote della diocesi di Lahore, colpita il 15 marzo scorso dagli attentati suicidi contro due chiese del quartiere a maggioranza cristiana Youhanabad.”Chiediamo a tutti i cristiani che in questi giorni stanno manifestando in Pakistan di protestare in modo pacifico, e di mostrare pazienza, coraggio e perdono” ha sottolineato il sacerdote di fronte ai giornalisti.

“Non abbiamo bisogno e non vogliamo una guerra civile. Noi cristiani siamo uomini di pace”. Lo ha ribadito l’arcivescovo di Lahore, Sebastian Shaw, all’omelia per i funerali delle vittime cristiane dell’attentato. “Non lasciamo che il dolore annebbi il nostro sguardo: che sia sempre lo sguardo di Cristo e del suo Vangelo”, ha aggiunto. “Quale futuro vogliamo costruire per il Pakistan? Un futuro di armonia e riconciliazione”. Alla cerimonia hanno partecipato centinaia di persone, fra cui leader politici e ufficiali della polizia. Decine di agenti sono stati dispiegati nella zona per evitare nuove proteste e attacchi.

Intanto, questa mattina il chief minister del Punjab ha incontrato alcuni leader religiosi cattolici e protestanti, dichiarando: “Tutta la nazione è addolorata per la tragedia di Youhababad. Chiedo al Paese di essere paziente nella guerra contro il terrorismo”. Nell’esprimere le sue condoglianze, il politico ha anche criticato la reazione violenta della comunità cristiana. La polizia ha reso noto che la circolazione è paralizzata in molte aree, mentre gruppi di dimostranti hanno gravemente danneggiato tre stazioni del Metro-Bus (una a Youhanabad e due in altre aree di Lahore), distruggendo anche un autobus.

Anche alcuni leader islamici hanno condannato gli attentati ed oggi lo Sri Lanka ha manifestato il proprio cordoglio alla minoranza religiosa pakistana. “Come Paese che ha vissuto la piaga del terrorismo per quasi 30 anni, condividiamo il dolore e la sofferenza del popolo del Pakistan” ha dichiarato il ministro degli Esteri. La comunità cristiana srilankese “offre le sue preghiere per una rapida ripresa dei feriti e per il dolore delle famiglie dei caduti” ha aggiunto.

Un tribunale di Islamabad intanto ha negato la libertà su cauzione a oltre 25 cristiani, arrestati il 15 marzo a Iqbal per aver danneggiato veicoli e proprietà pubbliche durante una protesta di risposta all’attacco. Secondo la polizia, per frenare la “furia” dei manifestanti è stato necessario usare lacrimogeni e cannoni ad acqua. Tuttavia Vinod Sunil, uno degli arrestati, racconta una versione diversa: “Non abbiamo danneggiato nulla, stavamo protestando in modo pacifico. Abbiamo bloccato l’autostrada, la polizia è venuta e ci ha arrestato”. A difendere i manifestanti è la Masihi Foundation, organizzazione umanitaria pakistana impegnata nel sostegno, nella difesa e nello sviluppo delle fasce più deboli della società, in particolare le minoranze. Sajjad Khan, il legale dell’organizzazione, racconta: “Abbiamo presentato la richiesta di libertà su cauzione due giorni fa. Questi giovani hanno bloccato l’autostrada solo per due ore. Stavano protestando in modo pacifico e non hanno danneggiato nulla. Tutti hanno il diritto di esprimere il loro dolore: arrestarli per aver manifestato in modo pacifico è un abuso di potere da parte delle forze dell’ordine”.

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