In occasione del S. Natale, l'arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato vaticana, ha fatto un regalo ai lettori di In Terris concedendo un'intervista esclusiva al nostro giornale per la quale lo ringraziamo.
Eccellenza, Natale è festa della condivisione. E’ universalmente riconosciuto e apprezzato l’impegno del S. Padre a favore degli ultimi, degli emarginati, e lei è tra i più stretti e fidati collaboratori del Papa su questo fronte, facendosi spesso interprete dei suoi desideri. Può raccontarci la sua esperienza in tal senso?
“Direi che la mia esperienza con Papa Francesco è stata per me un'esperienza profondamente sacerdotale. Vede, il Papa integra il suo impegno in favore degli ultimi con il suo sacerdozio. La gente vede in lui un figura speciale ed è giusto che sia così; ma io che lo vedo da vicino, ho la fortuna di conoscere il sacerdote e questo, per me, è stata fonte di crescita spirituale nel mio sacerdozio”.
Spesso però il Natale è interpretato e vissuto come una festa all’insegna del consumismo sfrenato, almeno in Occidente. Si nota un’inversione di rotta nella mentalità delle persone o gli sforzi, gli esempi e gli appelli del Papa sono ancora inascoltati? E quali sono gli ulteriori passi da compiere su questa strada sia a livello ecclesiastico che civile?
“Ha fatto molto bene a dire 'in Occidente'. Il Mondo non è solo l'Occidente. Per tanti uomini e donne, il Natale sarà un giorno duro come tanti altri. Mi scuso per tirare fuori queste cifre ma esse ci devono fare riflettere e portarci a essere grati al Signore per quello che abbiamo, soprattutto in queste festività natalizie. Si definisce, grosso modo, la 'povertà estrema' quella in cui una persona non ha a sua disposizione più di 1,5 euro al giorno. Nell'Africa subsahariana quasi una persona su due è estremamente povera. Sul nostro pianeta, 500 milioni di persone (un essere umano su 12 circa) versano in queste condizioni: ossia quando si svegliano la mattina, non sanno se mangeranno quel giorno”.
In questi giorni è impossibile non volgere lo sguardo alla terra in cui Dio si è incarnato, attraversata da tensioni e violenze. Quali sono le preoccupazioni della S. Sede? E quali azioni sta mettendo in atto per Gerusalemme? Sempre pensando al Medio Oriente arrivano segnali di speranza ad esempio dalla Piana di Ninive, dove i cristiani stanno lentamente tornando. Però sono ancora tanti i profughi e anche a loro ha rivolto il suo pensiero il S. Padre nel messaggio per la Giornata mondiale della pace. Prevalgono i timori o la speranza?
“La preoccupazione per la Terra Santa e per Gerusalemme è grande, molto grande. Le posizioni della Santa Sede sulle questioni complesse come Gerusalemme sono sempre improntate al rispetto del diritto internazionale e alle soluzioni pacifiche e negoziali. Il Santo Padre segue l'evolversi della situazione con molta attenzione e i cristiani del Medio Oriente sono sempre nelle sue preghiere. Vorrei ricordare che Papa Francesco ha creato Cardinale il Nunzio Apostolico in Siria, Mons. Mario Zenari, proprio come segno della sua continua preoccupazione per i nostri fratelli e tutti gli abitanti vivono in quella martoriata regione”.
Il Papa ricorda spesso che ci sono più cristiani perseguitati oggi che nei primi secoli. Lei recentemente è stato in Malaysia a inaugurare la nunziatura in un Paese a larghissima maggioranza musulmana. Il Papa spesso è criticato per le aperture verso altre confessioni. Che ne pensa?
“Devo ammettere che non capisco queste critiche. Il Santo Padre è stato, più volte, chiarissimo: nessuna violenza può essere commessa in nome di Dio. Quando il Papa si è recato a al-Azahr in Egitto mi ricordo di aver pensato: nel 2019, si celebrano gli 800 anni della visita di Francesco d'Assisi al Sultano al-Kamil; se vogliamo essere fedeli all'esempio di San Francesco non dobbiamo mai stancarci di cercare la pace, qualsiasi siano i costi o i rischi. Questo è proprio quello che sta facendo il Papa: perché è un uomo di pace”.
E sempre a proposito di critiche, non mancano neppure quelle verso le riforme che il S. Padre vuole portare avanti. Nel 2014 fece molto rumore il discorso per gli auguri di Natale alla Curia, circostanza che si è ripetuta quest'anno. Ma c’è davvero tutta questa resistenza di cui si parla sui media?
“Io penso di no. Lo sforzo di riforma voluto dal Papa è una riforma assolutamente necessaria e tutti ne siamo coscienti. La Curia non è un organismo morto e fossilizzato: è una struttura viva che si adatta ai tempi e alle necessità della Chiesa. Quando il Beato Papa Paolo VI promulgò la Regimi Ecclesiae Universae nel 1967, fece questo. Quando il Santo Papa Giovanni Paolo II VI promulgò la Bonus Pastor nel 1988, fece questo. Oggi, Papa Francesco si inserisce in questa linea di grandi riformatori”.
Per tornare al Natale: è anche la festa della famiglia per eccellenza. Sono passati quasi due anni dalla pubblicazione di Amoris Laetitia e spesso ci si è concentrati in maniera riduttiva sulle ben note polemiche relative ai sacramenti per i divorziati risposati o alle convivenze. Però ci sono tante famiglie che portano avanti la loro missione con sacrificio e nel silenzio. Qual è il messaggio natalizio per loro?
“Grazie per questa domanda. La cosa che mi fa più soffrire è vedere come delle sterili polemiche possano coprire la bellezza di questo testo e di tanti suoi importantissimi messaggi: tutto il secondo capitolo della Amoris Laetitia è dedicato alle realtà e alle sfide delle famiglie; il capitolo terzo parla della vocazione della famiglia; il capitolo quarto dell'amore nella famiglia… Insomma, il Papa, basandosi sul lavoro dei Padri sinodali, ha voluto fare un enorme sforzo pastorale. Invito tutte le famiglie a leggere o a rileggere l'Esortazione questo Natale e a non lasciarsi influenzare da giudizi superficiali e strumentali”.
E per concludere vuole rivolgere i suoi auguri ai lettori di In Terris?
“Certo: auguri a tutti di Santo Natale! Che il Signore benedica i lettori di In Terris e le loro famiglie!”