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Molestie sessuali: non basta la denuncia

Il caso delle molestie sessuali nel mondo dello spettacolo e della politica, al di là delle curiosità morbose che sollevano certe notizie, è sintomatico del modello di società in cui viviamo. Comportamenti che secondo monsignor Giovanni D'Ercole, presidente della Commissione Cei per la cultura e le comunicazioni sociali, “ci sono e vanno stigmatizzati, ma denunciarli non basta”. Il vescovo di Ascoli, intervistato dall'AGI, ha commentato le notizie sulle molestie sessuali subite, al di la e al di qua dell'Oceano Atlantico, da aspiranti attrici in cerca di affermazione nel mondo dello spettacolo, e più in generale le violenze e gli abusi che avvengono su ragazze e ragazzi spesso fragili e succubi di ricatti morali.

La fatica dell'educazione

“E' ben vero che vanno puniti” i responsabili di “deplorevoli stupri e violenze” ma, chiarisce il vescovo, “questo non basterà a sradicare il 'male' e a risolvere i problemi che creano se non si educano le persone ad avere una disciplina, a saper distinguere tra il lecito e l'illecito, a saper decidere e scegliere con coraggio tra quello che è bene e fa crescere e quello che non lo è. In una parola a non cedere ai compromessi. Oggi i genitori trovano faticoso educare e vengono meno le responsabilità dei diversi soggetti che hanno il dovere di formare le nuove generazioni. Questa è l'urgenza maggiore che emerge dalle vicende delle quali parlano i media in questi giorni: l'impegno a combattere il fenomeno delle molestie e violenze sessuali tocca il tema dell'educazione e dei rapporti intergenerazionali. Se non c'e' un'alleanza educativa, se non viene recuperata le fiducia tra adulti e ragazzi, non è a colpi di denuncia che otterremo il cambiamento auspicato”.

Troppo permissivismo

“E' un bene che le cose negative vengano fuori – ribadisce mons. D'Ercole, che guida la Commissione che si occupa anche del settore spettacolo – ma poi l'impegno contro le molestie deve continuare, mentre si corre il rischio di lasciare tutto come prima. Dobbiamo renderci conto che serve una sinergia di sforzi perché educare non è semplice. E qui tutti devono fare la loro parte: le famiglie, la scuola, le istituzioni, le associazioni di volontariato e certamente anche la Chiesa”. Monsignor D'Ercole sollecita dunque “una riflessione che deve portarci a valutare attentamente il clima nel quale maturano gli abusi, che è quello di una cultura permissivista, che tollera tutto nel nome della libertà ed è pansessualista“.

Sesso senza responsabilità

Mons. D'Ercole ammette che simili comportamenti sono sempre esistiti, e cita gli episodi biblici degli anziani giudici che tentarono di sedurre Susanna o l'adulterio del Re David con Betsabea, con tanto di eliminazione del marito della donna. “Ma è evidente che oggi gli abusi sessuali sono diffusi in modo preoccupante e sono favoriti, lo si voglia o no, da modelli sociali che mettono al primo posto il successo inteso come un'affermazione che porta ricchezza, popolarità e sicurezza mentre l'obiettivo principale dovrebbe essere la formazione di personalità armoniche ed equilibrate che puntano all'essenziale e non all'apparenza. Capaci dunque di scelte libere e mature, formate cioé anche all'autocontrollo e alla prudenza, e a saper rivendicare e difendere la propria libertà e dignità in tutte le situazioni senza barattarla per nessun motivo. Per questo – continua il vescovo – il rischio ora è che le denunce siano sterili, nel senso che portino soltanto a sbattere in prima pagina il 'mostro' di turno, ma non incidano davvero sui comportamenti diffusi che rappresentano una specie di 'zona grigia' nei quali il codice penale non è competente ma le sofferenze, i traumi e le umiliazioni che segnano le persone sono ugualmente reali e gravi. Il Vangelo mostra che Gesu' amava i peccatori e condannava l'ipocrisia e il peccato in modo chiaro e severo, e quella frase sulla 'macina al collo' dice tutto, mentre oggi noi condanniamo (e spesso in modo frettoloso e crudele) il peccatore ma amiamo il peccato” perché “proponiamo un modello di rapporti nel quali il sesso è esente dalla responsabilità, basta che sia 'sicuro', dimenticando tra l'altro che una componente di queste situazioni è la sfida contro le regole che caratterizza l'età adolescenziale e giovanile, come accade purtroppo anche sulle strade dove i giovani sono vittime degli incidenti non solo il sabato sera. Non si tratta di imporre loro dei tabù ma di aiutarli a interiorizzare i valori, a rispettare se stessi, ad amare la vita e a non aver paura di soffrire per raggiungere ideali di bene e di bellezza e di bontà”.

Il ruolo degli educatori

“Come vescovo, dunque, sento il bisogno – confida D'Ercole – di non unire la mia pietra a quelli che le scagliano contro chi sbaglia, ma di richiamare con forza tutti noi a riscoprire il dovere di educare e di sostenere le famiglie che vivono un momento di evidente difficoltà e crisi. Non basta gridare, serve anche l'umiltà di ammettere i propri torti come educatori e l'impegno a ricostruire punti fermi, iniziando con il ristabilire i ruoli: chi è genitore ha dei doveri precisi, deve assumersi le proprie responsabilità, e questo vale anche per gli insegnanti e per tutti gli adulti. Compito della Chiesa è valorizzare gli strumenti e i luoghi educativi. Dobbiamo impegnarci – conlcude il vescovo – a fare rinascere la cultura del rispetto delle persone, il senso del pudore, il coraggio dell'autocontrollo delle pulsioni che rende le persone forti e generose”.

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