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Via Crucis del Venerdì Santo: le meditazioni del Papa

Per la prima volta da quando è Pontefice, Papa Francesco ha scritto di suo pugno le quattordici meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. Il tema è "In preghiera con Gesù verso la Croce". Le riportiamo integralmente

Per la prima volta da quando è stato eletto Papa, Jorge Maria Bergoglio ha scritto di suo pugno le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo. Il tema è “In preghiera con Gesù verso la Croce”, incentrando le meditazioni sulla preghiera e sul cammino verso il Golgota di Gesù che “dal Getsemani al Calvario ha pregato”. Riportiamo le meditazioni del Pontefice in forma integrale.

Il tema della Via Crucis

“Nell’Anno della preghiera ci uniamo al tuo cammino di preghiera”. Cominciano così le meditazioni scritte dal Papa per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, dal titolo: “In preghiera con Gesù verso la Croce. Signore Gesù, guardiamo la tua croce e capiamo che hai dato tutto per noi”, scrive Francesco: “Noi ti dedichiamo questo tempo. Vogliamo trascorrerlo vicini a te, che dal Getsemani al Calvario hai pregato”. “Signore, hai preparato con la preghiera ogni tua giornata e ora nel Getsemani prepari la Pasqua”, osserva il Papa: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te – dici – perché la preghiera è anzitutto dialogo e intimità; ma è anche lotta e richiesta: allontana da me questo calice! Ed è affidamento e dono: Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu. Così, in preghiera, sei entrato nella porta stretta del nostro dolore e l’hai attraversata fino in fondo. Hai sentito paura e angoscia: paura di fronte alla morte, angoscia sotto il peso del nostro peccato che hai provato su di te, mentre un’amarezza infinita ti invadeva. Ma nel pieno della lotta hai pregato più intensamente: così hai trasformato la veemenza del dolore in offerta d’amore. Una cosa sola ci hai domandato: restare con te, vegliare. Non ci chiedi l’impossibile, ma la vicinanza”, dice Francesco dando del “tu” al Signore e rispondendo in prima persona: “Eppure, quante volte ho preso le distanze da te! Quante volte, come i discepoli, anziché vegliare ho dormito, quante volte non ho avuto tempo o voglia di pregare, perché stanco, anestetizzato dalle comodità, assonnato nell’anima. Gesù, ripeti ancora a me, a noi tua Chiesa: ‘Alzatevi e pregate’. Svegliaci, Signore, destaci dal torpore del cuore, perché anche oggi, soprattutto oggi, hai bisogno della nostra preghiera”.

I stazione: Gesù condannato a morte

Gesù, tu sei la vita e sei condannato a morte; sei la verità e subisci un falso processo. Ma perché non reclami? Perché non alzi la voce e non spieghi le tue ragioni? Perché non confuti i dotti e i potenti come hai sempre fatto con successo? La tua reazione stupisce, Gesù: nel momento decisivo non parli, taci. Perché più il male è forte, più la tua risposta è radicale. E la tua risposta è il silenzio. Ma il tuo silenzio è fecondo: è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per redimere il male, per convertire ciò che soffri in un dono che offri. Gesù, mi accorgo che ti conosco poco perché non conosco abbastanza il tuo silenzio; perché nella frenesia di correre e fare, assorbito dalle cose, preso dalla paura di non stare a galla o dalla smania di mettermi al centro, non trovo il tempo per fermarmi e rimanere con te: per lasciare agire te, Parola del Padre che operi nel silenzio. Gesù, il tuo silenzio mi scuote: m’insegna che la preghiera non nasce dalle labbra che si muovono, ma da un cuore che sa stare in ascolto: perché pregare è farsi docili alla tua Parola, è adorare la tua presenza.

II stazione: Gesù è caricato della croce

Gesù, portiamo anche noi delle croci, a volte molto pesanti: una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione affettiva, un figlio che si è perso, il lavoro che manca, una ferita interiore che non guarisce, il fallimento di un progetto, l’ennesima attesa andata a vuoto… Gesù, come si fa a pregare lì? Come fare quando mi sento schiacciato dalla vita, quando un peso mi grava sul cuore, quando sono sotto pressione e non ho più la forza di reagire? La tua risposta sta in una proposta: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Venire a te; io, invece, mi chiudo in me: rimugino, rivango, mi piango addosso, sprofondo nel vittimismo, campione di negatività. Venite a me: dircelo non è bastato e allora ecco che ci vieni incontro e ti carichi sulle spalle la nostra croce, per togliercene il peso. Tu questo desideri: che gettiamo in te fatiche e affanni, perché vuoi che ci sentiamo liberi e amati in te. Grazie, Gesù. Unisco la mia croce alla tua, ti porto la mia stanchezza e le mie miserie, getto in te ogni peso del cuore.

III stazione: Gesù cade la prima volta

Gesù, sei caduto: a cosa pensi, come preghi col viso nella polvere? Ma soprattutto, cosa ti dà la forza di rialzarti? Mentre sei con la faccia a terra e non vedi più il cielo, ti immagino ripetere nel cuore: Padre, che sei nei cieli. Lo sguardo d’amore del Padre che si posa su di te è la tua forza. Ma immagino anche che, mentre baci la terra arida e fredda, pensi all’uomo, tratto dalla terra, a noi, che siamo al centro del tuo cuore; e che ripeti le parole del tuo testamento: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi» (Lc 22,19). L’amore del Padre per te e il tuo per noi: l’amore, ecco la molla che ti fa rialzare e andare avanti. Perché chi ama non resta a terra, riparte; chi ama non si stanca, corre; chi ama vola. Gesù, ti chiedo sempre tante cose, ma una sola mi serve: saper amare. Cadrò nella vita, ma con l’amore potrò rialzarmi e andare avanti, come hai fatto tu, che sei esperto di cadute. La tua vita, infatti, è stata un continuo cadere verso di noi: da Dio a uomo, da uomo a servo, da servo a crocifisso, fino al sepolcro; sei caduto in terra come seme che muore, sei caduto per rialzarci da terra e portarci in cielo. Tu che risollevi dalla polvere e fai rinascere la speranza, dammi la forza di amare e ricominciare.

IV stazione: Gesù incontra la madre

Gesù, i tuoi ti hanno abbandonato, Giuda ti ha tradito, Pietro rinnegato: sei rimasto solo con la croce. Ma ecco tua madre. Non servono parole, bastano i suoi occhi, che sanno guardare in faccia la sofferenza e farsene carico. Gesù, nello sguardo pieno di lacrime e di luce di Maria ritrovi la memoria della tenerezza, delle carezze, delle braccia amorevoli che ti hanno sempre accolto e sostenuto. Lo sguardo materno è lo sguardo della memoria, che ci fonda nel bene. Non si può fare a meno di una madre che ci mette al mondo, ma neppure di una madre che ci rimette a posto nel mondo. Tu lo sai e dalla croce ci dai la tua stessa madre. Ecco tua madre, dici al discepolo, a ognuno di noi: dopo l’Eucaristia, ci dai Maria, dono estremo prima di morire. Gesù, il tuo cammino è stato confortato dal ricordo del suo amore; anche il mio cammino ha bisogno di fondarsi nella memoria del bene. Mi accorgo, però, che la mia preghiera è povera di memoria: veloce, sbrigativa, una lista di bisogni per oggi e domani. Maria, ferma la mia corsa, aiutami a fare memoria: a custodire la grazia, a ricordare il perdono e i prodigi di Dio, a ravvivare il primo amore, a riassaporare le meraviglie della provvidenza, a piangere di gratitudine.

V stazione: Gesù viene aiutato dal Cireneo

Gesù, quante volte, davanti alle sfide della vita, presumiamo di farcela da soli! Com’è difficile chiedere una mano, per paura di dare l’impressione di non essere all’altezza, noi sempre attenti ad apparire bene e a metterci in bella mostra! Non è facile fidarsi, ancor meno affidarsi. Ma chi prega sa di essere bisognoso e tu, Gesù, sei abituato ad affidarti nella preghiera. Così non disdegni l’aiuto del Cireneo. Esponi le tue fragilità a lui, un uomo semplice, un contadino al ritorno dai campi. Grazie perché, facendoti sostenere nel bisogno, cancelli l’immagine di un dio invulnerabile e distante. Non sei inarrestabile nel potere, ma invincibile nell’amore, e ci insegni che voler bene significa soccorrere gli altri proprio lì, nelle debolezze di cui si vergognano. Allora le fragilità si trasformano in opportunità. È accaduto al Cireneo: la tua debolezza gli ha cambiato la vita e lui si accorgerà un giorno di aver soccorso il suo Salvatore, di essere stato redento mediante quella croce che ha portato. Perché anche la mia vita cambi, ti prego, Gesù: aiutami ad abbassare le difese e a lasciarmi amare da te: lì, dove più mi vergogno di me. Preghiamo dicendo: Guariscimi, Gesù!

VI stazione: Gesù riceve conforto dalla Veronica che gli asciuga il volto

Gesù, tanti seguono il barbaro spettacolo della tua esecuzione e, senza conoscerti e senza conoscere la verità, emettono giudizi e condanne, gettando su di te infamia e disprezzo. Accade anche oggi, Signore, e non serve nemmeno un macabro corteo: basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze. Ma, mentre tanti urlano e giudicano, una donna si fa strada in mezzo alla folla. Non parla: agisce. Non inveisce: s’impietosisce. Va controcorrente: sola, con il coraggio della compassione, rischia per amore, trova il modo di passare tra i soldati solo per darti sul volto il conforto di una carezza. Il suo gesto passerà alla storia ed è un gesto di consolazione. Quante volte invoco consolazione da te, Gesù! Ma la Veronica mi ricorda che pure tu ne hai bisogno: tu, Dio vicino, chiedi la mia vicinanza; tu, mio consolatore, vuoi essere consolato da me. Amore non amato, anche oggi cerchi tra la folla cuori sensibili alla tua sofferenza, al tuo dolore. Cerchi veri adoratori, che in spirito e verità (cfr Gv 4,23) rimangano con te (cfr Gv 15), Amore abbandonato. Gesù, accendi in me il desiderio di stare con te, di adorarti e consolarti. E fa’ che, nel tuo nome, io sia consolazione per gli altri. Preghiamo dicendo: Rendimi testimone della tua consolazione.

VII stazione: Gesù cade ancora sotto il peso della croce

Gesù, la croce pesa: porta il carico della sconfitta, del fallimento, dell’umiliazione. Lo capisco quando mi sento schiacciato dalle cose, bersagliato dalla vita e incompreso dagli altri; quando avverto il peso eccessivo e snervante della responsabilità e del lavoro, quando sono compresso nella morsa dell’ansia, assalito dalla malinconia, mentre un pensiero soffocante mi ripete: non ne esci, stavolta non ti rialzi. Ma c’è di peggio. Mi accorgo che tocco il fondo quando ci ricasco: quando ricado nei miei sbagli, nei miei peccati, quando mi scandalizzo degli altri e poi mi accorgo che non sono diverso. Non c’è niente di peggio che essere delusi di sé stessi, schiacciati dal senso di colpa. Ma tu, Gesù, sei caduto più volte sotto il peso della croce per starmi vicino quando ricado. Con te la speranza non finisce mai e dopo ogni caduta si risale, perché quando sbaglio non ti stanchi di me, ma ti fai più vicino a me. Grazie perché mi attendi; grazie perché ricado tante volte e mi perdoni infinite volte: sempre. Ricordami che le cadute possono diventare momenti cruciali del cammino, perché mi portano a capire l’unica cosa che conta: che ho bisogno di te. Gesù, incidimi nel cuore la certezza più importante: che mi rialzo davvero solo quando tu mi rialzi, quando mi liberi dai peccati. Perché la vita non ricomincia dalle mie parole, ma dal tuo perdono.

VIII stazione: Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Gesù, chi ti segue fino alla fine lungo la via della croce? Non i potenti, che ti aspettano sul Calvario, non gli spettatori che stanno lontano, ma le persone semplici, grandi ai tuoi occhi e piccole a quelli del mondo. Sono le donne, a cui hai dato speranza: non hanno voce ma si fanno sentire. Aiutaci a riconoscere la grandezza delle donne, loro che a Pasqua sono state fedeli e vicine a te, ma che ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze. Gesù, le donne che incontri si battono il petto e fanno lamenti su di te. Non si piangono addosso, ma piangono per te, piangono sul male e sul peccato del mondo. La loro preghiera fatta di lacrime arriva al tuo cuore. E la mia preghiera sa piangere? Mi commuovo davanti a te, crocifisso per me, davanti al tuo amore mite e ferito? Piango le mie falsità e la mia incostanza? Di fronte alle tragedie del mondo il mio cuore è di ghiaccio o si scioglie? Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare? Tu, Gesù, hai pianto su Gerusalemme, hai pianto sulla durezza del nostro cuore. Scuotimi dentro, dammi la grazia di piangere pregando e di pregare piangendo.

IX stazione: Gesù è spogliato delle vesti

Gesù, sono le parole che hai detto prima della Passione. Ora capisco questa tua insistenza
nell’immedesimarti coi bisognosi: tu sei stato carcerato; tu straniero, condotto fuori della città per esser crocifisso; tu sei nudo,spogliato delle vesti; tu, malato e ferito; tu, assetato sulla croce e affamato d’amore. Fa’ che ti veda nei sofferenti e che veda i sofferenti in te, perché tu sei lì, in chi è spogliato di dignità, nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale. Ti guardo, Gesù, spogliato delle vesti, e capisco che m’inviti a spogliarmi di tante esteriorità. Perché tu non guardi le apparenze, ma il cuore. E non vuoi una preghiera sterile, ma feconda di carità. Dio spogliato, metti a nudo anche me. Perché è facile parlare, ma poi io ti amo veramente nei poveri, tua carne ferita? Prego per chi è spogliato di dignità? O prego per coprire solo i miei bisogni e rivestirmi di sicurezze? Gesù, la tua verità mi mette a nudo e mi porta a mettere a fuoco quel che conta: te crocifisso e i fratelli crocifissi. Dammi di capirlo ora, per non essere trovato spoglio d’amore quando mi presenterò dinanzi a te. Preghiamo dicendo: Spogliami, Signore Gesù!

X stazione: Gesù è inchiodato alla croce

Gesù, ti trapassano braccia e gambe coi chiodi lacerandoti le carni e proprio ora, mentre il dolore fisico è più atroce, dalle tue labbra sgorga la preghiera impossibile: perdoni chi ti sta mettendo i chiodi nei polsi. E non una volta sola, ma tante, come ricorda il Vangelo, con quel verbo che indica un’azione ripetuta: dicevi: “Padre, perdona”. Allora con te, Gesù, anch’io posso trovare il coraggio di scegliere il perdono, che libera il cuore e rilancia la vita. Signore, non ti basta perdonarci, ci giustifichi pure davanti al Padre: non sanno quello che fanno. Prendi le nostre difese, ti fai nostro avvocato, intercedi per noi. Ora che le tue mani, con cui benedicevi e risanavi, sono inchiodate, e che i tuoi piedi, con cui portavi lieti annunci, non possono più camminare, adesso, nell’impotenza, ci riveli l’onnipotenza della preghiera. Sulla vetta del Golgota ci sveli l’altezza della preghiera d’intercessione, che salva il mondo. Gesù, che io preghi non solo per me e per i miei cari, ma per chi non mi vuol bene e mi fa del male; che io preghi, secondo i desideri del tuo cuore, per chi è lontano da te; per riparare e intercedere a favore di quanti, ignorandoti, non conoscono la gioia di amarti e di essere perdonati da te. Preghiamo dicendo: Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero.

XI stazione: Gesù grida il suo abbandono

Gesù, ecco la preghiera inaudita: gridi al Padre il tuo abbandono. Tu, Dio del cielo, non tuoni risposte, ma chiedi perché? Al culmine della Passione avverti la distanza dal Padre e nemmeno più lo chiami Padre, come sempre, ma Dio, quasi a non riuscire più a identificarne il volto. Perché questo? Per immergerti fino in fondo nell’abisso del nostro dolore. Lo hai fatto per me, affinché io, quando vedo solo buio, quando sperimento il crollo delle certezze e il naufragio del vivere, non mi senta più solo, ma creda che tu sei lì con me: tu, Dio della comunione che provi l’abbandono per non lasciarmi più ostaggio della solitudine. Quando hai gridato il tuo perché, lo hai fatto con un Salmo: così hai messo in preghiera persino la desolazione più estrema. Ecco cosa fare nelle tempeste della vita: anziché tacere e tenere dentro, gridare a te. Gloria a te, Signore Gesù, perché non sei fuggito dal mio smarrimento, ma l’hai abitato fino in fondo; lode e gloria a te che, caricandoti di ogni distanza, ti sei fatto vicino a chi è da te più lontano. E io, nel buio dei miei perché, ritrovo te, Gesù, luce nella notte. E nel grido di tante persone sole ed escluse, oppresse e abbandonate, rivedo te, mio Dio: fa’ che ti riconosca e ti ami.

XII stazione: Gesù muore consegnandosi al Padre e consegnando al buon ladrone il paradiso

Gesù, un malfattore in paradiso! Si affida a te e tu lo affidi con te al Padre. Dio dell’impossibile, fai di un ladro un santo. E non solo: sul Calvario cambi il corso della storia. Fai della croce, emblema del supplizio, l’icona dell’amore; del muro della morte un ponte sulla vita. Tu trasformi le tenebre in luce, la separazione in comunione, il dolore in danza, e persino il sepolcro, ultima stazione della vita, nel punto di partenza della speranza. Ma questi ribaltamenti li operi con noi, mai senza di noi. Gesù, ricordati di me: questa preghiera sincera ti ha permesso di operare prodigi nella vita di quel malfattore. Potenza inaudita della preghiera. A volte penso che la mia preghiera sia inascoltata e invece l’essenziale è perseverare, avere costanza, ricordarsi di dirti: “Gesù, ricordati di me”. Ricordati di me e il mio male non sarà più un capolinea, ma una ripartenza. Ricordati: mettimi cioè di nuovo nel tuo cuore, anche quando mi allontano, quando mi perdo nella ruota della vita che gira vorticosamente. Ricordati di me, Gesù, perché essere ricordati da te – lo mostra il buon ladrone – è entrare in paradiso. Soprattutto ricordami, Gesù, che la mia preghiera può cambiare la storia. Preghiamo dicendo: Gesù ricordati di me.

XIII stazione: Gesù è deposto dalla croce tra le braccia di Maria

Maria, dopo il tuo “sì” il Verbo si fece carne nel tuo grembo; ora adagiata sul tuo grembo c’è la sua carne martoriata: quel bimbo che tenevi tra le braccia è un cadavere straziato. Eppure adesso, nel momento più sofferto, risplende la tua offerta: una spada ti trapassa l’anima e la tua preghiera continua ad essere un “sì” a Dio. Maria, noi siamo poveri di “sì” e ricchi di “se”: se avessi avuto genitori migliori, se fossi stato più compreso e amato, se mi fosse andata meglio la carriera, se non ci fosse quel problema, se solo non soffrissi più, se Dio mi ascoltasse… Perennemente a chiederci il perché delle cose, fatichiamo a vivere il presente con amore. Tu avresti tanti “se” da dire a Dio, ma dici ancora “sì”. Forte nella fede, credi che il dolore, attraversato dall’amore, porta frutti di salvezza; che la sofferenza con Dio non ha l’ultima parola. E mentre tieni tra le braccia Gesù esanime, risuonano in te le ultime parole che ti ha rivolto: Ecco tuo figlio. Madre, sono io quel figlio! Accoglimi tra le tue braccia e chinati sulle mie ferite. Aiutami a dire “sì” a Dio, “sì” all’amore. Madre di pietà, viviamo un tempo spietato e abbiamo bisogno di compassione: tu, tenera e forte, ungici di mitezza: sciogli le resistenze del cuore e i nodi dell’anima. Preghiamo dicendo: Prendimi per mano, Maria.

XIV stazione: Gesù è deposto nel sepolcro di Giuseppe di Arimatea

Giuseppe: il nome che insieme a Maria sta all’alba del Natale, segna pure l’aurora della  Pasqua. Giuseppe di Nazaret sognò e con coraggio prese Gesù per salvarlo da Erode; tu, Giuseppe di Arimatea, ne prendi il corpo, senza sapere che un sogno impossibile e meraviglioso si realizzerà proprio lì, nel sepolcro che hai dato a Cristo quando pensavi che lui non potesse far più nulla per te. Invece è proprio vero che ogni dono fatto a Dio riceve una ricompensa più grande. Giuseppe di Arimatea, sei il profeta del coraggio audace. Per fare il tuo dono a un morto vai dal temuto Pilato e lo preghi, così da poter regalare a Gesù il sepolcro che avevi fatto costruire per te. La tua preghiera è tenace e alle parole seguono le opere. Giuseppe, ricordaci che la preghiera insistente porta frutto e attraversa persino il buio della morte; che l’amore non rimane senza risposta, ma regala nuovi inizi. Il tuo sepolcro che – unico nella storia – sarà fonte di vita, era nuovo, appena scavato nella roccia. E io, che cosa do di nuovo a Gesù in questa Pasqua? Un po’ di tempo per stare con Lui? Un po’ di amore per gli altri? I miei timori e le mie miserie sepolte, che Cristo attende gli offra come hai fatto tu col sepolcro? Sarà davvero Pasqua se donerò qualcosa di mio a Colui che per me ha dato la vita: perché è dando che si riceve; perché la vita si trova quando si perde e si possiede quando si dona. Preghiamo dicendo: Abbi pietà, Signore.

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