“Dalle elezioni dello scorso anno, sono aumentati gli attacchi compiuti da estremisti indù contro le minoranze religiose. Inoltre si sono moltiplicati i commenti sprezzanti e discriminatori da parte di politici collegati al Bharatiya Janata Party al governo, che non vengono sanzionati per il loro comportamento. Il governo non fa abbastanza per fermarle” così si legge in un Rapporto 2015 sulla libertà religiosa in India presentato da una Commissione parlamentare americana. Secondo gli esperti interpellati dalla Commissione, la situazione si sarebbe aggravata dalle elezioni generali dello scorso anno in cui il premier Modi è andato al governo.
Fra i casi citati dal documento vi è il piano di convertire all’induismo 5mila famiglie appartenenti a minoranze religiose del paese, gran parte cristiane e musulmane. La pratica, nota come “Ghar wapsi” (letteralmente “tornare a casa”) , è uno dei pilastri della politica radicale hindutva, secondo la quale “ogni indiano deve essere indù”. Per la Commissione, questi comportamenti “violano lo status della nazione. Nonostante si professi pluralista, democratica e secolare, l’India non riesce a proteggere le comunità religiose di minoranze. Continua un clima di impunità per coloro che le attaccano”.
Il Rapporto “si basa su una comprensione limitata dell’India, della sua Costituzione e della sua società. Noi non abbiamo intenzione di recepirlo” dichiara invece il portavoce del ministero indiano degli Esteri, Vikas Swarup, dopo la presentazione del testo al Parlamento americano.