Si è concluso ieri a Bkerké, in Libano, l’incontro interreligioso che ha riunito i leader cristiani e musulmani del Paese per discutere della drammatica minaccia del fondamentalismo islamico nella regione e di altri importanti temi. Il primo risultato ottenuto dal summit è stata l’istituzionalizzazione di una conferenza permanente islamo-cristiana, le cui riunioni ordinarie avranno cadenza trimestrale.
Il vertice è stato convocato per far fronte a quei pericoli che corre il Paese, come la presenza minacciosa di gruppi islamisti come al Nusra e lo Stato islamico alla frontiera orientale, e l’assenza prolungata del presidente della Repubblica. Nel comunicato finale infatti è stato dedicato ampio spazio alla questione riguardante il vuoto della sede presidenziale che rappresenta motivo di “inquietudine e profondo sconcerto e un pericolo per la sovranità del Libano, per la sua sicurezza e la sua stabilità”. In secondo luogo i leader hanno trovato terreno comune nell’affermare l’urgenza di porre rimedio alla situazione sociale e ai problemi economici, le crisi infatti si accumulano e gravano sulla popolazione.
E’ stata poi affrontata la delicata questione dei rifugiati siriani e iracheni che trovano ospitalità in Libano. Sono circa un milione e mezzo, sovraffollando la regione diventata ormai incapace di gestire le risorse per l’accoglienza degli sfollati. Circa il terrorismo i leader hanno riconosciuto come queste realtà “con la maschera della religione” hanno contribuito a diffondere una cultura della violenza e del rifiuto dell’altro, una vera minaccia sul piano pedagogico, economico e politico. Infine da entrambe le parti, i leader hanno concordato nell’affermare che i cristiani sono le prime vittime di questa ondata di brutalità che stanno insanguinando il Medio Oriento, riconoscendo che il contributo dei fedeli è stato vitale per la conservazione della lingua araba.