Papa Francesco ha usato parole durissime. Parlando alla curia nei tradizionali saluti di Natale ha effettuato un’approfondita analisi dei mali che affliggono la Chiesa. Una scossa, un vero tsunami per le coscienze di chi ogni giorno è chiamato a testimoniare la presenza di Cristo. Seguendo l’esempio dei Padri del deserto Bergoglio ha elencato le 15 malattie sempre in agguato per un cristiano e in particolar modo per la Curia.
La prima è la malattia di sentirsi “immortali”, immuni dai difetti. Questa malattia, ha commentato il papa, “deriva spesso dalla patologia del potere, dal narcisismo che guarda la propria immagine e non vede il volto di Dio impresso” negli altri, sopratutto i più deboli.
La seconda è il “Martalismo”: l’eccessiva operosità di coloro che “si immergono nel lavoro trascurando inevitabilmente la parte migliore, il sedersi ai piedi di Gesù”. E’ importante “rispettare le ferie come momenti di ricarica spirituale e fisica, ricordando quanto dice il libro biblico del Qoelet, c’è un tempo per ogni cosa”.
La terza è la malattia “dell’impietrimento mentale e spirituale”: è pericoloso perdere la sensibilità umana, ed è il rischio di coloro che perdono i sentimenti di Gesù.
La quarta è l’eccessiva pianificazione: quando l’apostolo pianifica tutto minuziosamente e crede che le cose progrediscono diventando così un contabile e un commercialista. Preparare tutto e bene è necessario, ma senza voler mai richiudere e pilotare la libertà dello Spirito che è più generosa di ogni pianificazione.
La quinta malattia è il “mal coordinamento”: quando i membri perdono armonia tra loro la curia diventa “un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo Spirito di grazia”.
La sesta è l’Alzheimer spirituale: “la dimenticanza della storia della salvezza, della storia personale con il Signore, del primo amore. E’ tipica di coloro “che hanno perso la memoria del loro incontro con il Signore, dipendono dal loro presente, dalle loro passioni, capricci e manie”.
La settima è “la vanità e vanagloria” di chi vede solo l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza come vero obiettivo della vita.” Questo – ha denunciato il Pontefice – ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso misticismo e un falso pietismo”.
L’ottava è la schizofrenia esistenziale: “avere una doppia vita frutto della ipocrisia del mediocre» e «del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare. La conversione per questa gravissima malattia – ha rimarcato il papa dopo una frazione di silenzio – è urgente indispensabile”.
La nona malattia è quella “di chiacchiere, mormorazioni e pettegolezzi. Questa malattia è “delle persone vigliacche, che non avendo il coraggio di parlare direttamente, parlano dietro le spalle”.
La decima è “divinizzare i capi” di coloro che corteggiano i superiori sperando di ottenere la benevolenza. “Sono vittime di carrierismo e opportunismo, onorano le persone e non Dio”.
L’undicesima è quella dell’indifferenza verso gli altri: “quando ognuno pensa solo a se stesso e perde la sincerità dei rapporti umani, quando per gelosia o scaltrezza si prova gioia nel vedere altro cadere invece di incoraggiarlo e rialzarlo”.
La dodicesima è la “faccia funerea, delle persone burbere e arcigne che ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia .
La tredicesima ha spiegato Bergoglio, è quella “dell’accumulare”, di chi cerca di riempire un vuoto esistenziale accumulando beni materiali.
La quattordicesima è quella “dei circoli chiusi”, dove la appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al corpo e a Cristo stesso.
L’ultima malattia ha detto Francesco alla Curia romana è quella “del profitto mondano, degli esibizionismi”, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere. È il male di quelle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per questo capaci di calunniare, diffamare e screditare gli altri, persino su giornali e riviste, naturalmente per esibirsi e mostrarsi più capaci degli altri”.
“Chiedo perdono per le mancanze mie e di miei collaboratori e anche per alcuni scandali che fanno tanto male, perdonatemi”, ha poi concluso il Papa rivolgendosi ai dipendenti della Santa Sede e del Governatorato.