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Il Papa: “Un bel silenzio dopo l'omelia”

Nonostante la pioggia circa 10.000 persone hanno partecipato all'udienza generale di Papa Francesco che dopo aver salutato nell'Aula Paolo VI i malati e i disabili, al suo ingresso in piazza S. Pietro ha fatto salire sulla “papamobile” tre ragazzi e tre ragazze della scuola L'Arca di Legnano. Poi il S. Padre ha ripreso la sua catechesi sulla Messa, dedicata oggi all'ultima parte della liturgia della Parola: il Credo e la preghiera dei fedeli. “Buongiorno, anche se oggi la giornata è un po' bruttina – ha salutato il Papa – Ma se l'anima è in gioia è sempre buon giorno. Oggi l'udienza si fara' in due parti. Qui e in Aula dove sono i malati a causa del freddo. Loro vedono noi e noi vediamo loro con il maxischermo li salutiamo con un applauso”

“L’ascolto delle Letture bibliche, prolungato nell’omelia, risponde al diritto spirituale del popolo di Dio a ricevere con abbondanza il tesoro della Parola di Dio” ha detto il Pontefice prima di proseguire a braccio: “Ognuno di noi quando va a messa ha diritto di ricevere abbondantemente la Parola di Dio, ben detta e poi ben spiegata nell’omelia. È un diritto. E quando la Parola di Dio non è bene detta, non è predicata con fervore dal sacerdote, dal vescovo, si manca un diritto dei fedeli. Noi abbiamo il diritto di ascoltare la Parola di Dio”.

“Il Signore – ha proseguito – parla per tutti, Pastori e fedeli. Egli bussa al cuore di quanti partecipano alla Messa, ognuno nella sua condizione di vita, età, situazione. Consola, chiama, suscita germogli di vita nuova e riconciliata. Bussa al cuore e cambia i cuori. Perciò, dopo l’omelia, un tempo di silenzio permette di sedimentare nell’animo il seme ricevuto, affinché nascano propositi di adesione a ciò che lo Spirito ha suggerito a ciascuno. Il silenzio dopo l’omelia: un bel silenzio bisogna fare, bisogna pensare a quello che si è ascoltato – ha detto ancora a braccio – Dopo questo silenzio, la personale risposta di fede si inserisce nella professione di fede della Chiesa, espressa nel Credo. Recitato da tutta l’assemblea, il Simbolo manifesta la comune risposta a quanto insieme si è ascoltato dalla Parola di Dio. C’è un nesso vitale tra ascolto e fede. Questa, infatti, non nasce da fantasia di menti umane ma, come ricorda san Paolo, 'viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo'. La fede si alimenta, dunque, con l’ascolto e conduce al Sacramento. Il Simbolo vincola l’Eucaristia al Battesimo, ricevuto nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, e ci ricorda che i Sacramenti sono comprensibili alla luce della fede della Chiesa: sono 'segni' della fede, la suppongono e la suscitano”. Il Papa ha voluto ricordare “il Simbolo battesimale della Chiesa di Roma, detto degli Apostoli, formula che si può adottare nella Messa, specie in Quaresima e nel Tempo Pasquale, al posto del Simbolo nicenocostantinopolitano” ovvero quello che si recita abitualmente perché “proprio nella fede ricevuta dagli Apostoli si innesta la fede di ogni battezzato, la cui unione a Cristo è aggiornata dalla celebrazione dell’Eucaristia”.

Il Papa ha poi esteso la sua riflessione alla preghiera dei fedeli che rappresenta “La risposta alla Parola di Dio accolta con fede”. Una “supplica comune, denominata Preghiera universale, perché abbraccia le necessità della Chiesa e del mondo”. Francesco ha spiegato l'origine del nome: “Nei primi secoli, dopo l’omelia i catecumeni venivano congedati e uscivano di chiesa, mentre i fedeli – cioè i battezzati – univano le loro voci per supplicare insieme il Signore. I Padri del Vaticano II hanno voluto ripristinare questa preghiera dopo il Vangelo e l’omelia, specialmente nella domenica e nelle feste, affinché 'con la partecipazione del popolo, si facciano preghiere per la santa Chiesa, per coloro che ci governano, per coloro che si trovano in varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo'”. Il S. Padre ha chiarito che “questa è la preghiera che i fedeli innalzano a Dio, fiduciosi di essere esauditi nelle domande che gli presentano, per il bene di tutti, secondo la sua volontà. Ricordiamo, infatti, quanto ci ha detto il Signore Gesù: 'Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto'.

“'Ma noi non crediamo questo, perché abbiamo poca fede' – ha aggiunto il Papa a braccio – Ma se noi avessimo una fede – dice Gesù – come il grano di senape, avremmo ricevuto tutto. 'Chiedete quello che volete e vi sarà fatto'. E in questo momento della preghiera universale dopo il Credo, è il momento di chiedere al Signore le cose più forti nella Messa, le cose di cui noi abbiamo bisogno, quello che vogliamo. 'Vi sarà fatto'; in uno o nell’altro modo ma 'Vi sarà fatto'. 'Tutto è possibile a colui che crede', ha detto il Signore. Che cosa ha risposto quell’uomo al quale il Signore si è rivolto per dire questa parola – tutto è possibile a quello che crede-? Ha detto: 'Credo Signore. Aiuta la mia poca fede'. Anche noi possiamo dire: 'Signore, io credo. Ma aiuta la mia poca fede'. E la preghiera dobbiamo farla con questo spirito di fede: 'Credo Signore, aiuta la mia poca fede'. Le pretese di logiche mondane, invece, non decollano verso il Cielo, così come restano inascoltate le richieste autoreferenziali. Le intenzioni per cui si invita il popolo fedele a pregare devono dar voce a bisogni concreti della comunità ecclesiale e del mondo, evitando di ricorrere a formule convenzionali e miopi. La preghiera universale, che conclude la liturgia della Parola, ci esorta a fare nostro lo sguardo di Dio, che si prende cura di tutti i suoi figli”.

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