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Il cardinale Parolin: “Migliorare la comprensione tra Russia e Occidente”

I rapporti con la Russia, i tentativi di dialogo con la Cina, il giudizio sospeso sull’amministrazione americana. Sono alcuni dei temi toccati dal Segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin nel corso di una lunga intervista rilasciata al Sole 24 Ore. “L’attenzione della Santa Sede verso l’Est europeo non è di oggi, ma è di lunga data, e non è mai venuta meno, nemmeno negli anni più bui”, mentre in Estremo Oriente la sfida “è la stessa di sempre, ed è di natura pastorale – ha detto tra l’altro il porporato – Oggigiorno vengono spesso sottolineate le differenze tra vari Paesi occidentali e la Russia, come se fossero due mondi differenti, ciascuno con i propri valori, i propri interessi. In un simile contesto la sfida è quella di contribuire a una migliore comprensione reciproca tra quelli che rischiano di presentarsi come due poli opposti”.

Diplomazia di pace

“La questione della pace e della ricerca di soluzione alle varie crisi in corso dovrebbe essere posta al di sopra di qualsiasi interesse nazionale o comunque parziale – ha aggiunto Parolin riferendosi alla linea della S. Sede – La diplomazia della Chiesa cattolica – ha spiegato – è una diplomazia di pace. Non ha interessi di potere: né politico, né economico, né ideologico. Per questo può rappresentare con maggiore libertà agli uni le ragioni degli altri e denunciare a ciascuno i rischi che una visione autoreferenziale può comportare per tutti”.

L’Est europeo

“La visita in Bielorussia fu fatta al tempo delle sanzioni occidentali e quella in Ucraina in mezzo alla guerra – ha ricordato il Segretario di Stato, che a fine agosto si recherà a Mosca – Quella visita fu l’occasione per portare a tutta la popolazione coinvolta nel conflitto la solidarietà della Chiesa e del Papa. E perché ciò fosse visibile a tutti ci siamo avvicinati al Donbass, pieno di profughi, usando lo strumento della solidarietà con le vittime della violenza, senza chiedere la loro identità geografica o politica. Papa Francesco aveva aperto la strada con la promozione di una grande raccolta di aiuti delle Chiese europee e con un suo sostanzioso contributo personale. Se si difende la dignità umana di tutti e di ciascuno, e non contro qualcuno, allora un’altra strada è possibile. La Santa Sede non cerca per sé nulla. Non è presente ora qui ora là, per non perdere da nessuna parte. Il suo è un tentativo umanamente difficile ma evangelicamente imprescindibile, affinché mondi vicini tornino a dialogare e cessino di farsi dilaniare dall’odio prima ancora che dalle bombe”.

Il dialogo con la Cina

Nell’Estremo Oriente “si pongono sfide nuove, che attendono risposte inedite e creative, ma in fondo la finalità della Chiesa è la stessa di sempre. In concreto, la Chiesa cattolica chiede che sia garantito a essa il diritto di professare liberamente la propria fede a vantaggio di tutti e per l’armonia della società”. Riferendosi poi concretamente alla Cina, Parolin ha affermato che “il dialogo in sé è già un fatto positivo, che apre all’incontro e che fa crescere la fiducia. Lo affrontiamo con spirito di sano realismo, ben sapendo che le sorti dell’umanità sono, prima di tutto, nelle mani di Dio”.

“Trump? Aspettiamo”

Infine, sull’amministrazione Trump ha invitato a non aver fretta: “Serve tempo per giudicare – ha detto Parolin – Una nuova amministrazione, così diversa e particolare, e non solo per motivi politici, dalle precedenti, avrà bisogno di tempo per trovare il proprio equilibrio. Ogni giudizio ora è affrettato, anche se talora può stupire proprio l’esibizione dell’incertezza. Noi auspichiamo che gli Stati Uniti, e gli altri attori della scena internazionale, non deflettano dalla loro responsabilità internazionale sui diversi temi sui quali essa è stata sin qui storicamente esercitata. Pensiamo in particolare alle nuove sfide del clima: ridurre il surriscaldamento globale del pianeta significa salvare la casa comune nella quale viviamo e ridurre da subito le disuguaglianze e le povertà”.

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