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Don Oreste Benzi: una vita che parla di santità

[cml_media_alt id='7719']WP_20140927_003[/cml_media_alt]“Si può parlare di un santo. Si può parlare a un santo. Si può far parlare un santo. Don Oreste non è ancora stato proclamato santo, neanche beato, ma noi non saremmo qui oggi se la sua vita non parlasse di santità”. Così il vescovo della diocesi di Rimini Monsignor Francesco Lambiasi si è rivolto alla folla che oggi gremiva le panche della Parrocchia La Resurrezione, quella che Don Oreste fece sorgere dal nulla nel 1968. Sembrava emozionato mentre mostrava una fotocopia di una delle pagine dell’agenda di don Oreste, risalenti al 1958, periodo in cui il sacerdote emiliano si trovava negli Stati Uniti per raccogliere dei fondi.

Con una cerimonia pubblica infatti, si è aperta la causa di beatificazione di don Benzi ed è stato svelato [cml_media_alt id='7721']WP_20140927_012[/cml_media_alt]il nome del primo, tra gli oltre cento testimoni, che parteciperanno al processo: si tratta di don Romano Mignani, della diocesi di Rimini. Lui è stato uno dei primi collaboratori di don Oreste e intraprese la sua strada affianco a lui negli anni ’50, ancor prima di diventare sacerdote: don Benzi, infatti, intuì subito l’importanza di far fare ai giovani un “incontro simpatico con Cristo”, innovando la pastorale nei confronti dei preadolescenti.“La ragione per cui siamo qui – ha dichiarato il giudice delegato don Giuseppe Tognacci – è riconoscere l’agire di Dio nella vita di un uomo, di una sua creatura, di un suo figlio, di un suo sacerdote. E la risposta che don Benzi ha dato a Dio nella sua vita”. Dopodiché, Tognacci ha chiamato ad intervenire, in quanto presidente del tribunale, i vari soggetti coinvolti.

Giovanni Ramonda, il successore di don Benzi alla guida della Comunità da lui [cml_media_alt id='7724']WP_20140927_010[/cml_media_alt]fondata, la Papa Giovanni XXIII, ha affermato che “l’avvio del processo è per noi una gioia immensa, perché viene a suffragare il desiderio di molti di conoscere maggiormente la vita santa di un sacerdote che ha sciupato la propria esistenza per le anime, che si è strapazzato fino al “tutto è compiuto” per l’annuncio del Vangelo ai più poveri, agli ultimi nella condivisione diretta, senza delegare, in una vita povera, affidata completamente alla provvidenza e al lavorare sodo. Il cardinal Bagnasco, infatti, è rimasto molto colpito quando ha visto la cameretta in cui don Oreste viveva”. Ramonda, poi, ha aggiunto che “Papa Benedetto XVI lo ha definito ‘infaticabile apostolo della carità’. Oggi don Oreste, che ci guarda dal cielo, in questo giorno in cui la Chiesa ricorda San Vincenzo De Paoli, ci ripete che la condivisione con i poveri deve essere preferita a tutto, non ci devono essere ritardi”.

La cerimonia, che si è svolta nel più assoluto silenzio nonostante l’alto numero di fedeli presenti, consisteva nel giuramento dei partecipanti alla causa; dopo Mons. Lambiasi hanno giurato tutti gli Officiali dell’Inchiesta: il giudice delegato don Giuseppe Tognacci, il promotore di giustizia – o anche detto avvocato del diavolo – padre Victorino Casas Llana e i notai, che visto l’elevato numero di testimoni saranno due. Hanno partecipato all’udienza pubblica e hanno prestato giuramento anche la postulatrice Elisabetta Casadei e il vicepostulatore Mons. Fausto Lanfranchi.

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