Una donna che fa politica non può portare il figlio neonato, lattante in assemblea? Anche questa potrebbe essere interpretata come una forma di violenza psicologica nei confronti delle donne. In Svizzera, una granconsigliera comunale di Basilea, la verde Lea Steinle, che ha portato il suo bambino di due mesi e mezzo addormentato, in una riunione di assemblea, è stata espulsa dall'aula.
A chiederle di andarsene sarebbe stato il presidente del Gran Consiglio. La donna è stata dapprima allontanata e quindi riammessa in aula perché potesse votare. “Secondo i regolamenti, solo i politici, membri dello staff e i funzionari della città possono andare in assemblea”, ha detto un funzionario dell'Assemblea. La vicenda ha suscitato parapiglia all'interno dell'aula. C'è chi ha chiesto la sospensione dei lavori per protesta e per far luce sulla situazione giuridica delle madri elette. Alla fine il presidente ha concesso alla giovane mamma di rientrare in aula con il figlio e votare. Il partito cui appartiene la donna ha diffuso un comunicato, a margine del fatto, per affermare che si aspetta “più tatto, senso delle proporzioni e rispetto per i colleghi dell'Ufficio e del Consiglio“.
Le immagini di mamme con figli all'interno delle assemblee di mezzo mondo non sono più una novità. Spesso le madri elette devono sfidare divieti. Come fece nel 1998 in Canada Michelle Dockrill, una delle pioniere. Come racconta l'Huffington Post, “il parlamento di Ottawa prevedeva una sessione di voto che l'allora deputata socialdemocratica non poteva perdere e così portò Kenzie, il suo neonato di sette mesi. Non appena si presentò in aula, il presidente della Camera le chiese di non ripeterlo una seconda volta visto che una normativa impedisce di 'mangiare o portare cibo' all'interno del parlamento canadese.