Cedesi domestica, 26enne, brava in cucina e disponibile con i bambini. Prezzo: 4500 euro, compreso il trasporto”. E' solo uno dei tanti messaggi-choc postati su Twitter. A pubblicarli sono famiglie saudite che propongono in “vendita” la propria domestica straniera. Subito è scoppiata la polemica, in primis nei Paesi di provenienza delle donne, ridotte a merce di scambio e senza alcuna voce nella contrattazione.
L'annuncio
Gli annunci, corredati anche da foto e una serie di dettagli, descrivono la “merce”: età, nazione di provenienza, lingue parlate, anni di esperienza. Non mancano il compenso mensile, in media attorno ai 400 euro, e la motivazione della cessione. C'è chi scrive che lo fa perchè la lavoratrice “non parla arabo” o perchè “non interagisce con i bambini” o semplicemente perchè “non più giovane”. Le donne, evidentemente considerate una proprietà, vengono dunque scambiate come un semplice oggetto. C'è anche chi si mostra disponibile a prestare la propria domestica “per un periodo di prova”.
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Aperta un'inchiesta
I primi testi sono comparsi a dicembre, ma nelle ultime settimane, forse perchè gli scambi erano fruttuosi, si sono moltiplicati, tanto che sono anche nati degli account dedicati. Ma nei Paesi d'origine, le domestiche vendute su Twitter hanno suscitato indignazione: dal Bangladesh alle Filippine, dal Vietnam al Nord Africa. In Marocco, ad esempio, le associazioni per la difesa dei diritti delle donne hanno chiesto al governo di prendere provvedimenti con l'amministrazione di Riad. “Siamo ritornati alla schiavitù”, hanno protestato sui giornali locali. Le autorità saudite, nel frattempo, hanno comunicato che apriranno un'inchiesta. Ma trovare gli annunci online è ancora molto semplice: basta scrivere in arabo “cedesi domestica” nella barra di ricerca del social ed ecco comparire decine di foto di signore messa a disposizione dai loro garanti. Il mercato è così redditizio che alcune colf sono state messe “in mostra” anche nei centri commerciali. In Arabia Saudita gli stranieri per poter soggiornare hanno bisogno di un garante locale, una condizione che praticamente annulla ogni loro diritto e li sottopone a continui ricatti.