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Christian Cabello: “Io disabile, vi spiego perché la vita è un dono”

Per Christian Cabello, 30 anni di Sondrio, la disabilità è negli occhi di chi guarda. Non si considera un ragazzo sfortunato, ma si impegna quotidianamente per raggiungere una sua autonomia, lavorando in un consorzio di cooperative operanti nel terzo settore e, nel mentre, prosegue i suoi studi universitari, per “potersi rendere utile al prossimo e al territorio nel quale risiedo, rendere fattivo il mio desiderio di indipendenza e nel contempo alimentare la mia sete di conoscenza e apprendimento a 360 gradi”. Christian, appena nato, ha subito una Paralisi celebrale infantile che gli ha causato gravissimi danni agli arti inferiori, per questo è costretto su una sedia a rotelle. Non considera la sua disabilità un limite, ma un punto di forza che lo porta ad apprezzare la sua vita così come è considerandola un dono. In Terris lo ha intervistato.

Christian, puoi raccontarci la tua storia?

“Nacqui in una assolata giornata di ottobre dell’ormai lontano 1990, la vita mi mise subito di fronte a una sfida importante: venni alla luce prematuro, al sesto mese di gestazione, il cordone ombelicale si attorcigliò attorno al mio esile collo causandomi una asfissia da parto che mi ha portato conseguentemente ad avere una P.C.I. – Paralisi Celebrale Infantile – la quale mi ha causato una gravissima compromissione degli arti inferiori. Nonostante questa nascita che definirei movimentata, i primi anni della mia vita sono trascorsi felici, l’Amore e la vicinanza della mia famiglia hanno saputo farmi vivere sereno nonostante le difficoltà quotidiane che la disabilità comporta. In particolare ricordo di quegli anni sereni la affettuosa e lungimirante figura di mio nonno materno Renzo, venuto a mancare dopo una lunga malattia nel 2012, il quale ha saputo infondermi i valori fondanti della vita, quali ad esempio: il rispetto del prossimo, il valore della famiglia ed il valore della gentilezza, che egli – essendo un Uomo di poche parole manifestava con una carezza sul capo e sguardi intrisi di grande affetto. Nel 1996, all’inizio delle scuole elementari, dopo svariate visite mediche, mi sono sottoposto alla prima delle mie dodici operazioni chirurgiche che si sono susseguite fino al 2008 con l’obiettivo di migliorare la mia postura, nonostante la sofferenza di questi momenti, ricordo con vivo affetto le degenze ospedaliere, in quanto mi hanno permesso di conoscere le splendide persone che lavorano nel comparto della sanità, e, che, grazie alla loro grande empatia, umanità e sensibilità riescono a rendere meno gravosi i momenti di sofferenza. In questo frangente mi permetto di ringraziare dal profondo del cuore mia madre Lorenza, una grande Donna, dotata di una tempra adamantina, la quale mi ha sempre assistito infondendomi coraggio e impedendomi, nel contempo, di lasciarmi abbattere dalla sofferenza fisica ed emotiva. In seconda istanza oltre a mia madre meritano una menzione speciale i miei zii Gilberto e Luisella, i quali mi sono sempre stati vicino ed il mio pro zio sacerdote salesiano Don Luigi, il quale, nei momenti di difficoltà ha sempre saputo guidarmi e starmi vicino nella preghiera. Chiusa questa parentesi delle mie vicissitudini ospedaliere dedico una piccola parentesi agli anni del Liceo, un periodo sereno, in cui grazie a docenti egregi ho potuto gettare le basi della mia passione per la cultura umanistica. Successivamente, nel solco della cultura umanistica precedentemente tracciato, ho deciso di iscrivermi al C.d.L. Triennale in Storia presso l’Università degli Studi Milano ed ho conseguito la laurea con una tesi concernente la Repubblica Democratica Tedesca ed in particolare il suo temibile apparato di sicurezza e repressione, il Ministero per la Sicurezza dello Stato o STASI, a tal proposito vorrei ringraziare sentitamente il docente relatore della mia tesi, il Professor Alfredo Canavero, egli è un docente egregio che unisce nella sua eminente personalità una grande professionalità, preparazione, umanità ed empatia. Nel presente lavoro per un consorzio di cooperative operanti nel terzo settore e nel contempo proseguo con gli studi universitari, questo mi permette di potermi rendere utile al prossimo e al territorio nel quale risiedo, rendere fattivo il mio desiderio di indipendenza e nel contempo alimentare la mia sete di conoscenza e apprendimento a 360 gradi”.

Quando eri adolescente, come ha influito la tua disabilità nella relazione con i tuoi coetanei?

“Questa domanda è molto bella in quanto mi permette di esprimere un concetto che mi sta molto a cuore: non mi sono mai posto alcun problema per la mia disabilità, ritengo che la Vita sia un dono e, non si deve permettere ad una condizione fisica di oscurare la bellezza di questo dono. Fatta questa doverosa premessa ritengo che, sovente, la disabilità risieda negli occhi di chi guarda, a volte nell’adolescenza ho passato periodi difficili perché vedevo che non potevo compiere tutte le azioni dei miei coetanei, ma con il tempo ho imparato a superare gli ostacoli e ad accontentarmi di quello che ho”.

Da adulto, che difficoltà incontri nella vita quotidiana?

“Nella vita adulta qualche volta si incontrano delle difficoltà, in particolare correlate alla mancanza di empatia, all’egoismo e all’individualismo, che, se non arginati con una adeguata opera educativa, tendono a prendere il sopravvento; per questo ritengo che sia un dovere morale agire sempre con gentilezza, empatia ed altruismo al fine di arginare le difficoltà spesso dettate dalla scarsa conoscenza del nostro prossimo”.

Il mondo del lavoro, offre possibilità concrete per le persone affette da disabilità?

“Il mondo del lavoro in Italia, per le persone con disabilità dal punto di vista prettamente normativo è perfetto, la legge 68/99 per il collocamento mirato delle persone con disabilità rappresenta un esempio virtuoso, dal punto di vista pratico però sussistono notevoli difficoltà, in quanto, sovente, le aziende non vengono messe nelle giuste condizioni per procedere all’assunzione di persone con disabilità; questo a mio parere si verifica per una non completa conoscenza della normativa ed una troppo tenue considerazione delle capacità professionali delle persone con disabilità da parte dei datori di lavoro. Fatta questa doverosa premessa, a mio parere, vi sono numerose possibilità concrete di impiego per le persone con disabilità, è però necessario un ulteriore intervento normativo al fine di incrementare l’inclusione in ambito lavorativo, ma soprattutto si deve verificare un cambio di passo nella percezione della disabilità, essa deve essere considerata un valore aggiunto nell’attività lavorativa e non un peso impossibile da reggere; questo passaggio fondamentale si verificherà anche attraverso una pregnante opera di sensibilizzazione generale”.

Quali sono i tuoi hobby?

“Ho molti hobby, in prima istanza, se la disabilità non fosse una mia fedele compagna di vita, il mio sogno sarebbe stato quello di indossare l’uniforme della Polizia di Stato e servire il mio Paese, quindi rivolgo un vivissimo interesse a qualsiasi tematica concernente la sicurezza ed in particolare le Donne e gli Uomini che ogni giorno, nei vari Corpi e Specialità, mettono a repentaglio la loro vita per preservare l’integrità ed il benessere dei cittadini e delle Istituzioni; a tal proposito mi permetto di rivolgere un sentito grazie ai miei fraterni amici in uniforme, che, ogni giorno con il loro proficuo esempio di dedizione al dovere e altruismo ci fanno vivere in un Paese migliore: Pietro, Antonio, Alfonso, Omar, Gianfranco, Enzo, Angelo, Michele…l’elenco da enumerare sarebbe troppo lungo, vi dico solo grazie! In seconda istanza un’altra mia grande passione è quella per gli sport paralimpici – in particolare handbike e pesistica per gli arti superiori – che cerco di praticare assiduamente al livello amatoriale, in quanto lo sport genera benessere e tranquillità, amicizia e comunanza ed inoltre è una panacea per preservare la forma fisica”.

Il tuo sogno nel cassetto?

“Il mio sogno nel cassetto – da realizzare tassativamente entro i 35 anni di età – sarebbe quello di conseguire la laurea magistrale in scienze politiche al fine di poter provare a sostenere il concorso di accesso alla carriera prefettizia, in quanto, la figura del Prefetto della Repubblica ma prima quella di ogni viceprefetto vicario, viceprefetto e viceprefetto aggiunto rappresentano lo Stato in ogni provincia d’Italia, e questo, oltre ad essere un compito di vitale importanza per la moltitudine di compiti che vengono svolti, permette di far sentire la vicinanza delle Istituzioni anche ai cittadini che vivono nei luoghi più decentrati, dando così concreta attuazione al concetto di Istituzione di prossimità. In questa occasione intendo esprimere dal profondo del cuore il mio più sentito affetto e ringraziamento al Dottor Giuseppe Mario Scalia, già Prefetto di Sondrio, il quale con il suo incommensurabile senso dello Stato unito alla sua mirabile fede cristiana, fa si che egli sia stato nel contempo un altissimo ed illuminato servitore dello Stato ed un assiduo ed infaticabile volontario in favore delle Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta, la sua vicinanza è stata ed è per me fonte di amicizia, ispirazione e conforto”.

Tu sei una persona molto solare che vive nella massima libertà nonostante la sua condizione. Vorresti mandare un messaggio a chi magari non ha la forza di affrontare le difficoltà che la vita gli mette davanti?

“Vorrei dire a tutte le persone con disabilità, che, se anche a volte la vita ci pone di fronte a dei momenti e a delle sfide che di primo acchito possono apparire insormontabili, dobbiamo sforzarci di affrontare sempre la vita con il sorriso. Solo se la nostra vita verrà vissuta all’insegna dell’empatia e dell’altruismo potremo vivere più serenamente la vita ed essere di esempio per il prossimo, solo così potremo raggiungere la totale indipendenza ed emancipazione sociale”.

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