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“Basta morti sul lavoro”, braccianti in sciopero a San Ferdinando

I braccianti della tendopoli di San Ferdinando - Reggio Calabria - sono scesi in piazza in corteo per protestare per la morte di Gassama Gora

I braccianti ospiti della tendopoli di San Ferdinando – comune in provincia di Reggio Calabria situato nell’area del porto di Gioia Tauro, in Calabria – hanno scioperato e sono scesi in piazza per protestare dopo la morte di Gassama Gora, investito e ucciso a Gioia Tauro lo scorso 18 dicembre notte mentre rincasava a bordo di una bici. L’investitore non si era fermato ed è stato rintracciato e arrestato dopo qualche ora.

Il corteo di protesta

Dalla tendopoli si è snodato una corteo per chiedere “casa, diritti e dignità”. “Oggi nessuno va al lavoro – hanno spiegato gli organizzatori della manifestazione – perché un amico e fratello, dopo una vita di razzismo e sfruttamento, da quel razzismo è stato ucciso. La rabbia è troppa, non restare zitti, scendere in strada per ricordare Gora e lottare contro tutto questo è l’unica arma che ci resta”.

“Un altro fratello ucciso, un’altra morte – è scritto in una lettera aperta dei migranti riportata da Ansa – che si poteva evitare. Per questo, per tutta la giornata di oggi noi lavoratori della terra saremo in sciopero. Non troverete nessuno di noi nei campi, nei magazzini e nelle serre. Siamo stanchi di essere sfruttati e ammazzati dagli stessi che di giorno ci obbligano a lavorare senza contratti né garanzie nei campi, a vivere come animali e la sera ci tirano giù come birilli, perché la vita di un africano non conta. Non siamo braccia, siamo uomini”.

Schiavi mai

“Da decenni ormai – riporta ancora il testo della lettera – veniamo qui per lavorare e senza le nostre braccia non ci sarebbero frutta e verdura né sugli scaffali, né sulle tavole ma questo non importa. Nonostante le promesse che arrivano ad ogni stagione, per noi non ci sono mai stati e continuano a non esserci alloggi decenti, contratti regolari, certezza e celerità nel rinnovo dei documenti, con lungaggini che ci costringono a rimanere qui per mesi. Vogliamo casa, diritti, documenti e lavoro regolare, vogliamo vivere una vita dignitosa come ogni essere umano meriterebbe. Schiavi mai“.

L’incendio nella tendopoli

Nel febbraio del 2019 l’ennesimo incendio nella tendopoli aveva provocato la morte di un migrante, il 29enne senegalese Moussa Ba, alloggiato in una delle centinaia di baracche improvvisate innalzate nella spianata che accoglie gli extracomunitari che lavorano come braccianti per la raccolta degli agrumi

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