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Papa: “Aiutare i senzatetto, gli sconfitti della vita”

All'udienza generale Francesco rinnova l'appello a "portare aiuto agli affamati, ai poveri, ai bisognosi". I cristiani "diano esempio di coerenza, sia rispettata la libertà di coscienza"

I cristiani “diano esempio di coerenza, sia rispettata la libertà di coscienza”, afferma il Pontefice nell’udienza generale trasmessa dalla Biblioteca Apostolica via streaming. “Aiutare i senzatetto- raccomanda il Papa-.Oggi ricorre la memoria liturgica del Santo Fratello Albert Chmielowski, protettore dei poveri. Egli aiutava i senzatetto e gli emarginati a ritrovare un posto degno nella società. Avendo egli imitato l’esempio di San Francesco d’Assisi, viene chiamato il ‘Poverello’ polacco. Il motto della sua vita era: ‘Essere buono come il pane‘”. Da qui il monito del Pontefice: “Seguiamolo nell’amore fraterno, portando aiuto agli affamati, agli sconfitti della vita, ai poveri, ai bisognosi e soprattutto ai senzatetto”.

Preghiera

I veri credenti, sottolinea il Pontefice, “coltivano la preghiera nella loro vita spirituale”. E “anche se sperimentano le mancanze delle persone e la loro lontananza da Dio, questi oranti non le condannano, non le rifiutano“. L’atteggiamento dell’intercessione è proprio dei santi, che, “ad imitazione di Gesù, sono ponti” tra Dio e il suo popolo. Mosè, in questo senso, è stato il più grande profeta di Gesù, nostro avvocato e intercessore”. Infatti “Mosè ci sprona a pregare con il medesimo ardore di Gesù, a intercedere per il mondo, a ricordare che esso, nonostante tutte le sue fragilità, appartiene sempre a Dio. E il mondo vive e prospera grazie alla benedizione del giusto, alla preghiera di pietà che il santo eleva incessante per gli uomini, in ogni luogo e in ogni tempo della storia“.

Corruzione

Anche la “gente più malvagia”, i “dirigenti più corrotti” sono “figli di Dio” e “Gesù è l’intercessore“, precisa il Pontefice che, parlando a braccio, mette in guardia i cattolici: “Quando ci viene voglia di condannare qualcuno, questo non fa bene. Arrabbiarsi ma poi intercedere”. Jorge Mario Bergoglio incentra la meditazione sulla preghiera di Mosè. “Nel nostro itinerario sul tema della preghiera, ci stiamo rendendo conto che Dio non ha mai amato avere a che fare con oranti “facili”. E nemmeno Mosè sarà un interlocutore “fiacco”, fin dal primo giorno della sua vocazione. Quando Dio lo chiama, Mosè è umanamente un fallito. Il libro dell’Esodo ce lo raffigura nella terra di Madian come un fuggiasco. Da giovane aveva provato pietà per la sua gente, e si era anche schierato in difesa degli oppressi. Ma presto scopre che, nonostante i buoni propositi, dalle sue mani non sgorga giustizia. Mosè non è più un funzionario promettente, destinato ad una rapida carriera, ma uno che si è giocato le opportunità, e ora pascola un gregge che non è nemmeno suo”. E’ a questo punto che arriva la chiamata di Dio.

Ponti

Mosè, secondo il Papa, “appare uomo come noi”, pieno di paure e di perché: “Con questi timori, con questo cuore che spesso vacilla, come può pregare Mose? Mosè appare uomo come noi. Lo stesso succede a noi. Ed è per questa sua debolezza, oltre che per la sua forza, che ne rimaniamo colpiti. Incaricato da Dio di trasmettere la Legge al suo popolo, fondatore del culto divino, mediatore dei misteri più alti, non per questo motivo cesserà di intrattenere stretti legami di solidarietà con il suo popolo, specialmente nell’ora della tentazione e del peccato. Sempre attaccato al popolo. Questa è la grandezza dei Pastori!”. Ricorda Francesco che “perfino nei momenti più difficili, perfino nel giorno in cui il popolo ripudia Dio e lui stesso come guida per farsi un vitello d’oro, Mosè non se la sente di mettere da parte la sua gente. Mosè non negozia il popolo, è il ponte, non vende la gente per fare carriera, è un intercessore per il popolo e Dio lo ha chiamato. Bell’esempio per tutti i pastori che devono essere ponti”. L’atteggiamento dell’intercessione, dice il Pontefice, ” è proprio dei santi, che, ad imitazione di Gesù, sono “ponti” tra Dio e il suo popolo”.

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