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Mafia: sequestrati beni per 150 milioni al “re dei supermercati”

Sigilli ad aziende, quote societarie, immobili, conti correnti, polizze assicurative e auto di Carmelo Lucchese, il re dei supermercati

Il re – dei supermercati – è nudo! Il Tribunale di Palermo – sezione Misure di Prevenzione -, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia (Dda) del capoluogo, ha infatti sequestrato il patrimonio di 150 milioni di euro dell’imprenditore Carmelo Lucchese, 53 anni, che opera nel settore della grande distribuzione alimentare ed è soprannominato per questo il “re dei supermercati”.

Operazione Schiticchio contro il re dei supermercati

Nell’operazione denominata Schiticchio sono stati impegnati oltre 100 militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo che hanno messo i sigilli ad aziende, quote societarie, immobili, conti correnti, polizze assicurative e auto di Lucchese.

La crescita della Gamac Group

Oggetto del sequestro è in particolare la società Gamac Group s.r.l., con sede legale a Milano, che gestisce 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese) che è stata contestualmente affidata a un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Palermo, con il compito di “garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali per tutelare i diritti dei lavoratori, dei fornitori e dei clienti”.

La Gamac, grazie all’aiuto dei clan, sarebbe cresciuta esponenzialmente, trasformandosi dall’iniziale impresa familiare in una realtà in forte sviluppo che ha incrementato costantemente il proprio volume d’affari arrivando a fatturare oltre 80 milioni di euro nel 2019.

Oltre al sequestro del compendio aziendale e delle quote sociali della Gamac Group srl sono stati messi i sigilli a 7 immobili, tra cui una villa in zona Pagliarelli a Palermo, 61 rapporti bancari e 5 polizze assicurative e 16 autovetture, tra cui 2 Porsche Macan.

Clan Bagheria

La ricostruzione della Procura della Repubblica, accolta dai giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del Gico della Finanza di Palermo, ha consentito di evidenziare come Lucchese, pur essendo incensurato, fosse vicino alla criminalità organizzata, anche se non organicamente inserito in essa.

Per gli inquirenti avrebbe operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra. Secondo i pentiti avrebbe avuto contatti con la famiglia mafiosa di Bagheria traendone nel tempo vantaggi imprenditoriali.

Lucchese sarebbe riuscito a espandersi economicamente nel settore avvalendosi di interventi della mafia e acquisendo ulteriori attività commerciali, scoraggiando la concorrenza anche attraverso atti di danneggiamento, risolto controversie sorte con alcuni soci, ottenendo la possibilità di rilevare un’impresa contesa e beneficiando di una dilazione nei pagamenti ed evitato il pagamento del “pizzo” nella zona di Bagheria, comune palermitano.

L’aiuto a Bernardo Provenzano

L’imprenditore, in cambio dei favori, avrebbe assunto familiari di boss nei propri punti vendita. Secondo le indagini, inoltre, avrebbe procurato un appartamento per dare rifugio al capomafia Bernardo Provenzano nell’ultimo periodo della sua latitanza.

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