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Bassetti: “Schiavi nei campi del Mediterraneo”

Noi guardiamo al fenomeno migratorio da un punto di vista occidentale: ci limitiamo a vedere chi giunge da noi. L’accoglienza è virtù evangelica: va assicurata senza se e senza ma, soprattutto se chi varca il nostro confine è in condizioni disperate”, afferma il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, in un’intervista ad Avvenire in vista dell’Incontro internazionale sul “Mediterraneo frontiera di pace” che si terrà a Bari e che sarà concluso da Papa Francesco.

Rifugiati di guerra

“Comunque l’arrivo dei profughi -sottolinea- non riguarda solo l’Europa. Cito il Nord Africa dove si approda dal sud del Sahara, o il Libano e la Turchia che ospitano milioni di rifugiati di guerra. La Chiesa è sempre in prima linea”. E aggiunge: “Tuttavia c’è anche altro. Alcune Chiese restano vive proprio grazie ai migranti come avviene nei Paesi del Maghreb o in Grecia. Inoltre come comunità ecclesiale dobbiamo denunciare con forza il traffico di esseri umani ma anche le condizioni di schiavitù in cui versano i migranti nei campi d’accoglienza sparsi per il Mediterraneo”. Se il Mediterraneo è il concentrato o la cartina al tornasole dei problemi del mondo, non possiamo far finta di non vedere quello che accade e neppure possiamo scivolare nella rassegnazione: è l’ora della responsabilità, è l’ora dell’impegno, è l’ora della pace che tutti siamo chiamati a costruire e la Chiesa non intende stare con le mani in mano”.

Non è utopia

“La Chiesa – sostiene il ledaer dell’episcopato italiano – intende farsi ponte fra i popoli, alimentando una continua tensione verso il perdono e la riconciliazione. Fra guerra e pace c’è già un vincitore: la pace. Non è un’utopia, però va fatta trionfare con una pratica attiva e creativa ed è la sfida del nostro Incontro”. Il presidente della Cei, tuttavia, osserva che “negli ultimi anni i problemi dell’intero bacino mediterraneo si sono acuiti”. Il cardinale Bassetti cita “i nuovi focolai in Iraq, la lunga guerra civile in Libia, l’inferno della Siria, le tensioni in Turchia, il latente conflitto israelo-palestinese, le fibrillazioni in Libano, le ferite ancora aperte nei Balcani. A tutto ciò, si aggiungono fattori destabilizzanti come il fondamentalismo, le migrazioni di massa, il mancato sviluppo che non consente un reale protagonismo del Medio Oriente e del Nord Africa. In questo contesto – esorta il presidente della Cei – l’Europa deve riscoprire la sua anima, fondata sulla fede, sulla dignità della persona umana e sulla solidarietà“.

 

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