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Attentato a Nizza, gruppo jihadista tunisino rivendica: si indaga

Le autorità giudiziarie di Tunisi indagano sull'attendibilità della rivendicazione. Tre persone sono state uccise nella città della Costa Azzurra

Ci sarebbe un gruppo terroristico tunisino, Al Mahdi, dietro l’attentato alla cattedrale di Notre Dame di Nizza, costato la vita a tre persone. Tre barbari omicidi, eseguiti all’arma bianca, con follia e freddezza combinate in pochi attimi di ferocia. Una scia di sangue che, ora, ha per la prima volta una rivendicazione. Tuttora al vaglio degli inquirenti, che indagano sul potenziale coinvolgimento del presunto gruppo jihadista del Nord Africa. Una pista spuntata a seguito di un post apparso sui social, in cui un individuo affermerebbe di appartenere ad Al Mahdi e che questo avrebbe rivendicato la responsabilità di quanto accaduto a Nizza. L’indagine è guidata dalle autorità giudiziarie tunisine, con l’obiettivo di verificare l’attendibilità della fonte e l’effettiva esistenza del gruppo in questione.

Violenza a Nizza

Di certo, finora, c’è solo la violenza adoperata nella città della Costa Azzurra. Che già quattro anni fa aveva fato i conti con la barbarie del sedicente Stato islamico, che si era assunto la responsabilità della strage sulla Promenade des Anglais. Era il 14 luglio, festa nazionale per la Francia, con centinaia di persone che affollavano la principale via del turismo della città provenzale. Ottantasei morti, oltre 400 feriti, tutti investiti da un camion lanciato a velocità folle, deliberatamente, su turisti e passanti. Un massacro dal quale Nizza aveva cercato di riprendersi, attraverso il sostegno reciproco e quello dell’Europa, che avrebbe di lì a breve fatto i conti con altri episodi di violenza terrorista. Ora, però, l’incubo del terrore attanaglia di nuovo il Paese e, nello specifico, una città che aveva già patito sulla sua pelle la follia jihadista.

La difesa di Lamorgese

Nel frattempo, in Italia infuria la polemica sul percorso effettuato dal killer, a quanto sembra approdato a Lampedusa nel mese di settembre. Poi fuggito dall’Italia, dopo aver trascorso un periodo di quarantena. Nell’occhio del ciclone, alimentato soprattutto dalle dichiarazioni del segretario della Lega, Matteo Salvini, finisce il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. La quale, in mattinata, ha replicato al suo predecessore: “Questo è un attacco all’Europa, non c’è nessuna responsabilità da parte nostra”. Questa la replica del ministro all’attacco del leader del Carroccio, che aveva messo nel mirino le politiche di gestione dell’emergenza migratoria del Viminale dopo l’attentato a Nizza.

Rotte migratorie

E, a proposito della precedente gestione del Ministero, Lamorgese rincara: “Ho sentito parlare dei decreti sicurezza, che noi avremmo modificato. Ma voglio anche dire che i decreti sicurezza hanno creato insicurezza perché 20mila persone sono dovute uscire da un giorno all’altro dall’accoglienza, e noi abbiamo cercato di tenere presente l’esigenza di sicurezza del Paese, non disperdendo tutti nel territorio nazionale”. E ancora: “Anche l’anno prima che io diventassi ministro dell’Interno di sbarchi autonomi noi ne abbiamo avuti circa 9mila. Certamente il numero di questi mesi è più elevato ma non dimentichiamo che siamo di fronte a una grande crisi economica della Tunisia che ha reso tutto più complicato, anche in relazione al Covid-19 che ha fatto cadere tutte le possibilità di mantenimento sociale di quel territorio”.

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