Un giorno per festeggiare i nostri nonni, un’occasione per guardare nel profondo della società moderna e capirne il rapporto con la terza età. Oggi è l’Italia a regalare un sorriso ai propri “vecchi”, ma la giornata internazionale del nonno viene “declinata”, in date diverse, un po’ in tutto il globo: negli Stati Uniti la National Grandparents Day viene celebrata ogni anno la prima domenica di settembre, nel Regno Unito la prima domenica di ottobre, in Canada il 25 ottobre. In Francia, le nonne e i nonni sono festeggiati ogni anno separatamente.
C’è l’esigenza forte di riscoprire il valore degli anziani. Non a caso a sollevare il velo di indifferenza ci ha pensato Papa Francesco, che ha definito “disumana” la violenza su di loro. “Dio non vi abbandona – ha detto il Pontefice ai 30 mila rappresentanti della terza Età venuti a Roma da tutto il mondo – continuerete a essere la memoria del vostro popolo”. E bello è stato anche l’omaggio che il Santo Padre ha fatto nei confronti del papa emerito Benedetto XVI: “Ho detto tante volte che mi piaceva tanto che lui abitasse in Vaticano, perché era come avere il nonno saggio in casa”.
Il mondo degli “over” presenta storie di crudeltà inenarrabili oppure di grande speranza. Come quella di Lilian Weber, le cui dita ossute sfiorano con maestria la macchina da cucire. Non c’è tempo da perdere per questa anziana signora dell’Iowa. Decine di bambine nate nelle zone più povere del pianeta attendono i suoi vestitini, confezionati con l’arte derivante da un’esperienza quasi secolare. Lilian ha 99 anni, vive in America e interpreta la vita come una missione. Molti suoi coetanei di ogni latitudine credono che i giorni dei sogni siano passati da un pezzo. Ma lei no. Ha deciso di aiutare il prossimo finché le forze glielo permetteranno. Così ogni mattino si alza, studia un modello da creare, prende il materiale necessario e si mette all’opera per realizzare la sua ambizione: arrivare a 1000 abiti entro il suo centesimo compleanno. Finora ne ha cuciti quasi 900, donati (tramite l’associazione “Little Dresses for Africa”) alle sue nipotine adottive. Passata una certa età ognuno di noi è portato a pensare di aver concluso il proprio percorso. La storia di Lilian dice esattamente l’opposto: lo spirito della vita non si arrugginisce col decorso del tempo. Ogni giorno, al contrario, siamo tenuti a valorizzarlo perché non vada sprecato.
Ma la speranza non sempre trova l’alveo giusto per proliferare. Quando al posto delle carezze arrivano le sberle, invece del sorriso vieni sbattuto su un letto e tirato per i capelli, quando la
debolezza dell’essere anziani viene usata come un’arma per farti del male, diventa faticoso persino vivere. Le storie che la cronaca degli ultimi mesi ci ha messo davanti agli occhi fanno male all’anima: orrori su orrori, in una casa di riposo a Terni, dentro una clinica a Vaprio d’Adda nell’hinterland milanese, poi ancora una struttura a Sanremo. E ancora Palermo, Catania. Non è una questione geografica; posti diversi, stessi drammi: chiusi in bagno per punizione, minacciati, percossi, umiliati. La bassezza umana in questi casi ha toccato il fondo assestando uno schiaffo al concetto stesso di dignità.
Nessuno si senta escluso; ognuno di noi in un prossimo futuro potrebbe trovarsi in una situazione così. Secondo uno studio presentato al Consiglio europeo la vita media in questo secondo è destinata a crescere di 15-20 anni; in altre parole avremo un over 65 ogni tre persone in età lavorativa. Solo in Europa nei prossimi 30 anni gli anziani arriveranno a essere oltre 62 milioni. Una risorsa inestimabile, un patrimonio da valorizzare. La storia di Lilian dimostra quanta energia e quali inimmaginabili traguardi ci si possa porre anche alla soglia del secolo di vita. Le tragedie negli istituti lager a loro volta documentano quanto l’uomo sia capace di distruggere speranze e opportunità. Si tratta di scegliere in quale mondo vogliamo vivere…