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ROM E SINTI DIS…INTEGRATI

“Questa ricorrenza nessuno dei rom e dei sinti italiani la vive veramente, anzi diciamo pure che in molti non ne conoscono neanche l’esistenza. E poi basta con la storia dei nomadi che vagano senza meta: l’80% di noi ha una casa ed è residente in una città”. La fotografia è di Massimo Conversi, presidente dell’Opera Nomadi, contattato da Interris.it in occasione della Giornata internazionale dei rom. Questa ricorrenza arriva in un momento storico particolare, dove l’etnia è tornata ad essere protagonista di comizi politici, l’appartenenza a un popolo piuttosto che a un altro è un mezzo per ottenere facili consensi elettorali.

Complice la crisi economica e le paure che essa si porta dietro, il colore della pelle, la cultura “diversa”, rischiano di essere considerate un motivo per fare di tutt’erba un fascio, affibbiare la patente di criminali a tutti coloro che per un verso o per l’altro possano essere riconducibili a quella razza. E da qui al razzismo, appunto, il passo è breve. Certo non è sbagliato punire che contraddice le leggi, ma lo è proporre liste di proscrizione solo perché si appartiene allo stesso gruppo.

Eppure questo discorso non viene ribadito con forza proprio nel giorno della presunta “festa” dell’integrazione. Non viene fatto dai rom, che vivono con disagio il quotidiano ostracismo nelle città italiane, non viene fatto dalle autorità, che liquidano l’appuntamento con qualche tiepido appuntamento. Insomma, il trionfo dell’ipocrisia.

Ma chi sono rom e sinti? Fanno parte delle popolazioni di lingua romani e sono originari dell’India del nord. Parlano dialetti a volte incomprensibili per i più e vivono principalmente in Europa entrale e orientale, nei Balcani, ma sono presenti anche nelle Americhe. Secondo gli ultimi dati disponibili si calcola che in Italia le persone appartenenti a queste popolazioni definite nomadi siano circa 200mila, ma l’80% di loro in realtà vive in casa. In molte città italiane ancora si continua a costruire “nuovi” campi nomadi, costosi quanto inadeguati; e la gestione di queste realtà non a caso – da parte degli italiani e non dei rom, dicono le inchieste che i magistrati hanno fatto in questi mesi – è stata spesso finalizzata a lucri illegittimi.

In questi campi si realizza un perverso sistema: di solito gli spazi a loro destinati sono nelle periferie delle città, mancano delle necessarie basi per poter assicurare a chi ci vivrà, una vita dignitosa. Per lo più senza servizi igienici, senza acqua, senza corrente elettrica. I rom sono quindi costretti a vivere come possono. Molto spesso vengono emarginati, vengono esclusi e subiscono vere e proprie violazioni dei diritti umani; soprattutto i bambini a cui viene negata un’istruzione, un alloggio adeguato, una copertura sanitaria e il diritto al gioco. Si dirà: in parte è colpa della loro cultura… Ecco, solo in parte; perché la maggior parte dei ragazzi e ragazze rom a scuola ci andrebbe anche, se fosse concesso loro di vivere le classi come un luogo di crescita e non invece essere additati come monatti.

Durante le campagne elettorali i partiti si ricordano della problematica, e il tema viene cavalcato negativamente, “basta campi, basta baraccopoli”. Uno schiaffo all’integrazione, che porta molti elettori; ma una volta raggiunto lo scopo, il tema nomadi viene relegato in “cantina” e affrontato solo se subentra un’emergenza. Non è così dal punto di vista ecclesiale. Nel 2011 Benedetto XVI ricevette in udienza il popolo rom, i sinti e gli zingari, mentre per la fine di ottobre 2015 Papa Francesco li ha invitati ad un pellegrinaggio sui luoghi della cristianità e poi li riceverà in un’udienza speciale. L’ignoranza si sconfigge solo col dialogo; da entrambe le parti.

 

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