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QUEI SUICIDI ITALIANI

Nel mese di luglio, è stata lanciata una petizione online, tramite il portale www.change.org, per chiedere la costituzione di una Commissione d’inchiesta sui suicidi di persone che si sono tolte la vita, in Italia, perché senza lavoro e senza un reddito di sopravvivenza: “Fermiamo questo genocidio: 4.000 morti per suicidio ogni anno in Italia”. In meno di due mesi, la petizione ha già ottenuto migliaia di sottoscrizioni, nonostante l’apatia mediatica della “pausa” estiva. Ne è nata anche una Interrogazione parlamentare orale al Presidente del Consiglio, depositata il 27 luglio, primo firmatario Matteo Dall’Osso, insieme a Silvia Chimienti, Roberta Lombardi, Davide Tripiedi, Claudio Cominardi.

In Terris aveva scritto della tragica condizione in cui versano migliaia di italiani, raccontando la storia di Augusto Orlandi nell’articolo “Senza lavoro sono un condannato a morte”. Da maggio 2005 vive a Montecitorio, per lo più di carità, senza reddito né alcuna indennità, nonostante 26 anni di lavoro e di contributi versati. Per la legge non ha diritto né alla pensione né alla disoccupazione.

Ogni giorno le cronache registrano suicidi di disoccupati o di persone che non riescono a trovare un reddito. Da un rapporto Eures (Ricerche Economiche e Sociali), c’è un suicida al giorno, e il record in Lombardia. La situazione del signor Augusto non è, quindi, straordinaria, purtroppo. Le preghiere non sono mai inutili o sprecate, ma occorre anche assumersi la responsabilità dell’azione, di provare a fare qualcosa per risolvere la situazione. L’inedia è complicità con chi ne è causa o non fa nulla per cambiare le cose che non vanno. Fare qualcosa per fermare questo genocidio è un dovere.

Signor Orlandi, com’è nata l’idea di questa petizione?
“È nata dalla drammatica consapevolezza che la tragedia che sto vivendo e denunciando da oltre un anno e mezzo non viene presa minimamente in considerazione da chi avrebbe il potere di aiutare me e chi si trova nella mia condizione se solo avesse la buona volontà. È una questione di giustizia. Invece, queste morti, che io definisco ‘di Stato’, di chi ha perso il lavoro in età avanzata o non lo trova, restano impunite, seppellite sotto una pesante coperta di silenzio che soffoca pure la speranza. Prima della legge Fornero, avrei preso circa 900 euro di pensione, in base ai contributi versati. Invece, non percepisco la pensione e non mi è permesso di rientrare al lavoro. Mi viene impedito di vivere, insomma. E anche di pagare le tasse. L’hanno chiamata ‘riforma del sistema previdenziale’, invece è stata tutt’altro. Il ministro Damiano ha detto che sono stati negati in tutto oltre 900miliardi di euro a chi ne avrebbe avuto diritto. Sono stanco, ma non rassegnato. Sento il dovere di provare a fare qualcosa, non soltanto per me, ma per tutti quelli che vivono un dramma simile, e per i giovani, perché un futuro migliore in un’Italia più giusta sia possibile”.

Com’è stata promossa, invece, l’interrogazione parlamentare?
“Come sa, da un anno e mezzo sono a Piazza di Montecitorio, davanti al Parlamento, cercando di sensibilizzare tutti i politici, sena distinzione di partito o di schieramento, e lo stesso faccio con i rappresentanti a livello locale. Purtroppo, ho trovato molta indifferenza. Eppure, la maggioranza di loro conoscono il problema e saprebbero pure come risolverlo. Per qualche ragione, non so quale, invece, lo ignorano, se ne lavano le mani. L’onorevole Dall’Osso ha firmato la petizione e, anzi, ha deciso di presentare una interrogazione parlamentare orale al Presidente del Consiglio. A settembre, al loro rientro, cercherò di fare aderire altri parlamentari, di tutti i partiti, perché è un problema di civiltà nazionale, non una questione ideologica, di questo o quel partito. Tutti i politici hanno la responsabilità di affrontare questa emergenza umanitaria e trovare una soluzione, altrimenti sono colpevoli di tante morti innocenti, in quello che definisco un genocidio”.

Cosa spera di ottenere?
“Innanzitutto il riconoscimento di questa tragedia da parte dello Stato, senza aspettare che passino trent’anni di lutti nazionali per poi istituire la Giornata di commemorazione per le vittime della crisi economica. Spero che finalmente venga sollevata questa coltre di polvere e siano presi provvedimenti immediati di aiuto agli italiani in difficoltà. Oggi, perché domani sarà tardi. Oggi è già tardi. Le alte cariche dello Stato si mobilitano in difesa dei profughi e dei richiedenti asilo extracomunitari, è giusto che si attivino allo stesso modo per migliaia di famiglie italiane in difficoltà e in aiuto di chi non può esercitare il diritto fondamentale al lavoro e ad una dignitosa esistenza. Il prossimo passo è di presentare una denuncia alle Istituzioni europee. Non credo che nei trattati internazionali sia previsto il prezzo di questo genocidio”.

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