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PERCHE’ DIANA NON SE N’E’ MAI ANDATA DAVVERO

Era all’incirca l’una di notte quando arrivò la telefonata che sconvolse la quiete dell’estate 1997 di Balmoral Castle, nell’Aberdeenshire scozzese: Diana Spencer, ex consorte del principe Carlo, ha subito un grave incidente d’auto a Parigi, schiantandosi a forte velocità contro il tredicesimo pilastro del Pont de l’Alma. Il suo compagno, Dodi Al Fayed, è già dichiarato morto. Lei no, ha resistito. Qualche testimone presente nel tunnel, dove la malconcia Mercedes S-280 ha terminato per sempre la sua corsa, la vede muovere leggermente il braccio destro, mormorare poche volte un sussurrato “Oh my God”. Nella residenza scozzese della famiglia reale ci sono anche i figli, William e Harry ma, almeno in un primo momento, la notizia ai due ragazzi non viene comunicata. L’erede al trono è confuso sul da farsi ma, il secondo squillo della cornetta reale, arrivato qualche ora dopo, scioglie i dubbi: Lady D non ce l’ha fatta.

Lacrime e inchieste

Vent’anni fa accadde qualcosa che, in stretta connessione alla scomparsa di Diana, coinvolse totalmente la famiglia regnante del Regno Unito quasi più a livello popolare che emotivo. I sudditi d’Inghilterra puntarono i piedi, piansero Diana, chiedendo a gran voce di salutarla come si saluta un membro della casa reale. A convincere una riluttante Elisabetta II ci pensò l’allora primo ministro, Tony Blair, lo stesso che aveva definito Diana la principessa del popolo. Saranno funerali di stato ma, più propriamente, sarà il cordoglio delle persone comuni ad accompagnare il feretro dell’amata ex Duchessa di Cornovaglia più che l’affetto di quella che era stata la sua famiglia, escludendo ovviamente i suoi figli, ai quali, nell’ultima telefonata prima della tragedia, aveva dato appuntamento al giorno dopo. Nel frattempo monta il caso: il padre di Dodi, Mohamed Al-Fayed, proprietario dei magazzini Harrod’s e trapiantato saldamente nella capitale inglese dal nativo Egitto, non ci sta. Secondo lui qualcuno c’entra qualcosa con la morte di suo figlio e della sua compagna e, per anni, si parlerà di tutto: presunti coinvolgimenti dei servizi segreti, complotti reali per impedire un possibile matrimonio fra l’ex principessa e un musulmano, conversazioni telefoniche equivoche, il timore della stessa Diana di essere al centro di una macchinazione che mira al suo omicidio. Addirittura 175 saranno le “teorie del complotto” vagliate da due differenti inchieste. Ma, archiviazione dopo archiviazione, anche Al-Fayed dovette arrendersi: per la giustizia inglese, l’unico colpevole è l’autista, Henri Paul, anch’egli perito nell’incidente, salito ubriaco e con psicofarmaci in circolazione al volante dell’auto fatale, nonostante qualcuno abbia sostenuto (e sostenga ancora) che il guidatore non bevesse.

Il fantasma della principessa

Eppure, due decenni dopo, c’è ancora qualcosa che aleggia attorno alla figura di Lady Diana e non tanto legata agli approfondimenti sulla sua morte che, come molti dicono, potrebbero non terminare mai. In un certo senso, sembra come se Diana non se ne fosse mai andata. Un personaggio troppo amato per poter essere sostituito dalla figura di Camilla, al quale il regno si è abituato ma che, nonostante l’importante ruolo giocato nella riabilitazione della figura di Carlo agli occhi della nazione dopo la tragedia, non gode del carisma necessario per giocare lo stesso ruolo di Lady D; troppo popolare per poter essere fugato dai ricordi, più vivi che mai, dei sudditi di Sua Maestà. Di certo, però, c’è una cosa: il ventennale della sua morte non vedrà nessuna cerimonia ufficiale in programma, nessuna commemorazione particolare da parte dei reali, con i soli William ed Harry a partecipare al memorial in suo onore. A Balmoral, dove si trovavano quella notte del 31 agosto 1997, la regina e suo figlio resteranno anche oggi.

Il cordoglio del popolo

E’ certamente curioso che, mentre giornali e tabloid offrono sempre nuove chiavi di lettura sulla figura di Diana Spencer, scatenandosi ben prima dell’arrivo del 31 agosto, il silenzio dalle parti di Buckingham sia stato finora più eloquente. Stavolta, a Londra, non c’è un Tony Blair che convinca la sovrana a rivedere le sue decisioni in merito, anche perché il primo ministro di allora, nonostante l’assennatezza del suo consiglio (che tamponò la discesa di consensi della corona), in quei frangenti mise in gioco gran parte del rapporto con la regina. A parlare, in modo intimo e affettuoso, sono stati i soli William e Harry, gli unici dei regnanti a ricordare Diana e il suo ruolo di madre, riqualificandone la tomba nel giorno del suo compleanno, il primo luglio. Con l’arrivo del ventennale, quindi, l’agenda di corte non segna nessun appuntamento speciale. A ricordarla, oggi come (in gran parte) allora, ci penserà il popolo. Perché la “regina triste”, com’era spesso definita, i sudditi britannici aveva saputo conquistarli e poco importa se il suo divorzio da Carlo aveva provocato sconquasso negli ambienti di palazzo. Negli ultimi mesi della sua vita, libera dal peso di un matrimonio riassunto laconicamente come “un impegno di lavoro”, aveva ritrovato quella felicità da romanzo rosa che, in un certo senso, è stata la sua condanna. La sua relazione con Dodi, nell’estate 1997, fece parlare molto. Troppo. Ad attendere la coppia, in uscita dall’Hotel Ritz, c’era un esercito di fotografi, testimoni di quella drammatica sbandata di Monsieur Paul sotto l’Alma, gli stessi che il principe Harry, in un’intervista alla “Bbc”, ha indicato come responsabili: “Mia madre era ferita alla testa, ma ancora viva. Purtroppo, però, chi ha causato l’incidente non ha fatto nulla per aiutarla e, anzi, ha preso la macchina fotografica per scattare delle foto da rivendere a peso d’oro ai giornali”.

La pace di Lady Diana

Il silenzio dei palazzi reali potrebbe significare che la monarchia britannica, in caduta libera nell’indice di popolarità durante i concitati giorni successivi alla morte dell’ex principessa, sia ormai abbastanza forte da essersi lasciata alle spalle gli spettri di quell’agosto 1997? O, al contrario, che la presenza e il successo della figura di Diana, riletta in chiava più intimistica che mai nelle ultime settimane, sia ancora così influente da aver spinto la monarchia a scegliere la strada dell’inazione? Forse tutt’e due le cose. Certo, vent’anni sono molti. Ora c’è una nuova Duchessa di Cambridge, Kate che, sulle orme della sua iconica suocera, sta gradualmente conquistando l’affetto di una nazione che, in lei, potrebbe addirittura rivedere una vera “principessa del popolo”. Qualche biografo ha detto che, probabilmente, il caso Lady D non si chiuderà mai. Chissà che invece, passati ormai vent’anni da quella tragica notte, Diana non abbia raggiunto davvero quella pace interiore che, in vita, aveva solo iniziato a conoscere pienamente.

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