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Per non tradire la vita

La fine di un anno e l’inizio di uno nuovo diventa un momento di riflessione, di valutazione e di bilancio sui dodici mesi trascorsi e di proponimento di intenti per quelli da affrontare. Anche se viviamo in una società che scorre via velocemente; che non può fermarsi, che non può perdere tempo a volgere lo sguardo indietro, proponiamo un piccolo viaggio a ritroso nel corso dell’anno ricordando alcuni fatti occorsi, con l’unico intento di “fare memoria” come ci ha ricordato Papa Francesco il 07 ottobre scorso nel corso dell’omelia quotidiana nella cappella della Domus Sanctae Marthae «fare memoria è un abitudine non molto comune tra noi. Dimentichiamo le cose, viviamo nel momento, e poi dimentichiamo la storia». Invece, ha evidenziato, «ognuno di noi ha una storia: una storia di grazia, una storia di peccato, una storia di cammino».

Ecco perché «fa bene pregare con la nostra storia». Il 4 gennaio si spegneva Carolina Sepe, colpita alla testa da uno sparo ed, entrata in coma, è stata tenuta in vita al Cardarelli di Napoli per quattro mesi affinchè la piccola Maria Liliana, che viveva nel proprio grembo, potesse nascere. Il 27 dello stesso mese, in antitesi al precedente episodio, in Texas, vedeva il suo tragico epilogo una straziante battaglia legale, sostenuta per stabilire chi avesse diritto di vivere grazie all’ausilio di macchinari; in seguito alla sentenza del tribunale americano, veniva dato seguito alla decisione di “staccare la spina” a Marlise Munoz il cui cuore ed i cui polmoni funzionavano artificialmente, da due mesi, dopo la constatazione della morte cerebrale. Peccato che il giudice abbia dimenticato di tenere conto del diritto alla vita del bambino di cinque mesi, che la donna in coma portava in grembo.

Intanto in Italia, secondo i dati statistici diffusi nel mese di febbraio, nella regione Lazio quasi il 10% delle minorenni sono ricorse all’aborto. La domanda nasce spontanea: non sarebbe più utile investire sull’educazione all’affettività dei nostri giovani, invece di sostenere che la libertà si completa con il ricorso a qualche pilloletta, sia essa del giorno prima o del giorno dopo, attraverso l’uso delle quali il confine tra vita e morte diviene ogni giorno più labile? Nel mese di marzo, la Giornata internazionale della donna, durante la quale si fa memoria delle conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, è stata sfruttata da lobby abortiste per sferrare l’ennesimo attacco al diritto di obiezione di coscienza dei medici: si è voluto far credere che in Italia viene negata la possibilità di interruzione di gravidanza prevista dalla legge 194 a causa del personale sanitario obiettore; la smentita, per l’ennesima volta, arriverà da lì a qualche mese dai dati Istat.

Proponimento per il nuovo anno: avviare un vero dibattito sul tema con chi si occupa giornalmente di tutelare la salute delle donne informandole dei reali e scientificamente comprovati rischi che si incorrono ricorrendo ad un aborto (e pensiamo ai numerosi Centri Aiuto alla Vita diffusi sul territorio). Sarebbe ancor più utile smentire l’assunto secondo il quale una donna che abortisce sta meglio di una che, nelle medesime condizioni, abbia deciso di tenere il bambino.

È importante non cadere nell’errore di giudicare una donna che chiede di abortire, ma non possiamo esimerci dall’affermare con forza che una madre che chiede di abortire chiede che l’essere umano che porta in grembo venga distrutto. L’errore ricade nella stessa formulazione della legge 22 maggio 1978, n. 194, che ha come obbiettivo la tutela e la salute delle donne, ma che omette di tenere conto dei diritti del bambino. È chiaro che una legislazione su temi delicati come questo debba esistere, ma non si può credere che l’attuale impianto normativo sia al passo con i tempi: dal 1978 gli uomini e le donne sono cambiate, la società è cambiata e quanto fatto nel 1978 continua a guidare il nostro futuro. Alla luce della denatalità che oggi impoverisce l’Italia, cichiediamo: quanto potrà sopravvivere la stirpe italica quando, da una coppia (uomo e donna) nasce una media di poco superiore ad un figlio? È evidente a tutti, tranne a chi è preposto a legiferare, che, senza politiche familiari serie, siamo destinati all’estinzione.

Un primo passo potrebbe essere proprio quello di modificare la legge 194 rendendola un potente sostegno alla natalità e non un incentivo alla soppressione della vita. Permettete per concludere questa prima parte, di indurre un’altra riflessione: la donna che oggi si sottopone ad un aborto, è stata correttamente informata sulla possibilità di partorire in pieno anonimato? Il nostro viaggio nel 2014 per “fare memoria” continuerà con un prossimo appuntamento per ricordarci i fatti occorsi nei mesi seguenti a quelli osservati, con l’unico fine di non dimenticare la storia…

Davide Rizzo
Delegato nazionale Mpv
Presidente Mpv, Cav Marche (FederVitaMarche)

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